venerdì 23 ottobre 2020

C'era una volta il bel Danubio blu...



Articolo da East Journal

I livelli di inquinamento del Danubio (e della Sava) a Belgrado sono preoccupanti: alle microplastiche, i fertilizzanti e gli antibiotici che affollano il fiume lungo tutto il suo corso si aggiungono, qui, gli scarichi diretti delle acque reflue della capitale.

Gli scarichi nel fiume

Un terzo di Belgrado, una citta di oltre un milione e mezzo di abitanti, non è collegata ad alcun impianto di depurazione – un pò come se tutta Genova riversasse ogni cosa direttamente in mare: nel Danubio sono ben 136 gli scarichi diretti, ma non va molto meglio alla Sava dove gli scarichi sono 116. Il resto è gestito con fosse settiche che vengono periodicamente svuotate dai camion degli spurghi che sversano poi il loro contenuto direttamente nelle acque del Danubio.

Un video circolato in questi giorni sui camion intenti a svolgere (legalmente) questa operazione ha rinfocolato le polemiche riaccendendo i riflettori su una questione che è invece ben nota da anni. Sono 190 i milioni di metri cubi (quasi due miliardi di litri, per capirsi) di liquami che annualmente vengono “regolati” in questa maniera a Belgrado ed è questo flusso spaventoso e maleodorante che fa sì che, in questo tratto, il Danubio presenti una concentrazione di particelle batteriche stabilmente oltre i 500 microgrammi per litro, il valore soglia considerato dannoso per la salute umana.

Una condizione che oltre all’evidente nocività, ha avuto, secondo quanto testimoniato dai pescatori locali, un rilevante impatto ecologico con la parziale sostituzione della fauna ittica a vantaggio di specie che si nutrono di sostanze organiche di qualsivoglia natura, come i pesci gatto.

I ritardi e le promesse non mantenute

Le promesse fatte dal governo serbo anni fa per risolvere il problema entro il 2020 sono rimaste lettera morta; una questione che rischia di avere ripercussioni pesanti anche sul percorso di adesione del paese all’Unione europea. Oggi quelle stesse promesse sono state reiterate e posposte addirittura al 2029. Nell’agosto dello scorso anno il vicesindaco di Belgrado, Goran Vesić, aveva annunciato che i lavori per la costruzione del depuratore di Veliko Selo – un insediamento suburbano di Belgrado a est della capitale – sarebbero iniziati nell’autunno del 2019; sebbene le autorità di Belgrado abbiano firmato a gennaio di quest’anno un accordo di inizio attività con la compagnia cinese CMCE (China Machinery Engineering Corporation), le stesse sono, ad oggi, ancora bloccate per l’impossibilità di trovare i 285 milioni di euro necessari per lo sviluppo della prima fase, su un importo complessivo stimato in circa 600 milioni. Stesso destino per altri due impianti, a Batajnica e Ostružnica, quest’ultimo sulla Sava: annunciati da tempo, ma gli 80 milioni di euro necessari ancora non ci sono.

Visto in quest’ottica non è ben chiaro dove e come la Serbia potrà trovare gli oltre 5 miliardi di euro necessari per il completamento dell’atteso piano nazionale che, secondo quanto dichiarato dal presidente Aleksandar Vučić in persona, dovrebbe prevedere la messa in opera di impianti di depurazione dei reflui e sistemi fognari in ben 70 comuni.

Un problema più generale

Il Danubio, però, non è un problema solo a Belgrado o Novi Sad, seconda città serba per popolazione, ubicata nel nord del paese e anch’essa attraversata dal fiume. Con i suoi 2.800 chilometri di lunghezza, gli 800 mila chilometri quadrati di bacino idrografico (il 10% della superficie europea, 80 milioni di persone), e i dieci paese attraversati, il Danubio è, in Europa, secondo solo al Volga. Ma stando ai risultati di uno studio presentato nel maggio del 2019 dall’Università di New York, il Danubio è primo nel continente per inquinamento, quantomeno per quello derivante dall’uso di antibiotici. La metà delle 14 sostanze ricercate dagli studiosi americani sono risultate eccedenti la soglia di rischio per la salute.

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Articolo tratto interamente da East Journal


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