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Con il nome di terremoto dell'Aquila del 2009 si intende una serie di eventi sismici, iniziati nel dicembre 2008 e terminati nel 2012, con epicentri nell'intera area della città, della conca aquilana e di parte della provincia dell'Aquila (bassa Valle dell'Aterno, Monti della Laga e Monti dell'Alto Aterno). Il nome si riferisce principalmente alla scossa principale, verificatasi il 6 aprile 2009 alle ore 3:32, che ha avuto una magnitudo momento (Mw) pari a 6,3 (5,8 o 5,9 sulla scala della magnitudo locale), con epicentro nella zona compresa tra le frazioni di Roio Colle, Genzano di Sassa e Collefracido (località Colle Miruci a Roio), interessando in misura variabile buona parte dell'Italia Centrale. A evento concluso, il bilancio definitivo è di 309 vittime, oltre 1.600 feriti e oltre 10 miliardi di euro di danni stimati.
La città e l'intera conca aquilana, fin dal XIV secolo, è sempre stata soggetta a eventi tellurici di grave o media intensità. Nella sua storia due gravi terremoti si sono abbattuti sulla zona prima del 2009 con una periodicità di circa 300 anni.
- Terremoto dell'Appennino centro-meridionale del 1349 di magnitudo 6,7, si generò nel Regno di Napoli, coinvolgendo varie faglie, tra cui una a L'Aquila, il terremoto generò danni gravi e distruzione nella città già gravata dalla peste, come testimonia lo scrittore e poeta Buccio di Ranallo, testimone oculare dei fatti, tanto che nel 1362 scrisse la sua Cronica rimata. Nella ricostruzione, la città si fregiò delle belle facciate romaniche delle principali chiese.
- Il terremoto del 26 novembre 1461 di magnitudo 6,5 con epicentro nella zona tra Paganica e Roio, danneggiò molti edifici in città, già per altro gravati da un terremoto che coinvolse più faglie nella zona centrale del Regno di Napoli, verificatosi nel 1457, che aveva provocato la rovina di vari edifici a Sulmona. Il terremoto costrinse la città a un restauro totale in stile rinascimentale. Tra questi si ricordano il restauro del Duomo da parte di Girolamo Pico Fonticulano, opere purtroppo perdute con la distruzione del 1703, e la basilica di San Bernardino, già avviata nel 1444, ma con la facciata completata da Cola dell'Amatrice.
- Il terremoto del 14 gennaio 1703, soprannominato "Grande terremoto", per la gravissima devastazione portata nella conca, di magnitudo 6,8. La prima grande scossa distruttiva si ebbe in gennaio, l'altra più forte di magnitudo si verificò il 2 febbraio, per questo il sisma venne ricordato anche col nome "della Candelora". L'epicentro fu l'area tra Barete, Montereale e Campotosto. Si pensa che il sisma sia stato generato da un sistema di faglie attivatesi già dal 1699 col terremoto di Amatrice e nel 1702 col terremoto di Norcia. Gran parte della città fu rasa al suolo, si ricorda che col terremoto del 2 febbraio il soffitto della chiesa di San Domenico venne giù uccidendo centinaia di persone in preghiera. Non ci fu edificio che non era danneggiato o distrutto, il Duomo rimase in piedi solo per mezzo di un muro su via Roio, le chiese principali ebbero salva solo la facciata, gran parte degli interni dovettero essere ripristinati, eccettuati i casi di Santa Maria di Collemaggio, San Pietro di Coppito e San Silvestro. I palazzi cinquecenteschi rovinarono quasi tutti, solo alcuni conservarono il chiostro interno porticato, reminiscenza del rinascimento fiorentino. Molti furono ricostruiti daccapo dai proprietari, come i Cappelli, i Benedetti, i Bonanni, i Lucentini, i Tatozzi. La città fu ricostruita nei canoni tardo barocchi e gli edifici rinascimentali ricostruiti ex novo. Furono mantenute soltanto alcune facciate di chiese, come Collemaggio, San Bernardino, San Silvestro, Santa Giusta, San Flaviano, San Quinziano, e le mura medievali, anche se Porta Castello fu spostata dal luogo originario. La ricostruzione barocca, benché l'antico patrimonio medievale e rinascimentale fosse andato perso, permise ad architetti romani e lombardi di sperimentare vari impianti tipici dell'arte barocca e rococò, come le nuove chiese di Sant'Agostino, dei Gesuiti, di San Paolo di Barete, il Duomo, Santa Caterina e soprattutto Santa Maria del Suffragio detta "le Anime Sante" in Piazza Duomo, mentre tra i palazzi spiccarono il Palazzo Persichetti e il Palazzo Centi. Anche i centri fuori la città risentirono molto del terremoto, le antiche fortificazioni in alcuni di essi, come a Paganica, Roio, Bazzano, Sassa, scomparvero del tutto. Le testimonianze scritte dallo storico Anton Ludovico Antinori raccontano come i nobili e i principi del Regno si adoperarono per la ricostruzione, dato che la città per la devastazione rischiò l'abbandono.
- Terremoto della Marsica del 1915, verificatosi a circa 80 km dalla città, nell'area del Fucino, esso distrusse quasi tutte le città della conca fucense, compresa soprattutto Avezzano. Il terremoto, che raggiunse i 7 gradi della scala Richter, si fece sentire anche a L'Aquila, con danni alle strutture, ma non crolli significativi, eccettuata la rovina parziale della facciata della basilica di Collemaggio, tra i danni più rilevanti, ripristinata poi nel 1920. In alcune foto storiche sono visibili i baraccamenti davanti l'Emiciclo, corso Vittorio Emanuele (puntellamenti ai palazzi), il mercato boario del Castello.
La scossa della notte del 6 aprile è stata preceduta da una lunga serie di scosse o sciame sismico.
La sequenza si è aperta con una scossa di lieve entità (magnitudo 1,8) il 14 dicembre 2008 e poi è ripresa con maggiore intensità il 16 gennaio 2009 con scosse inferiori a magnitudo 3,0 per poi protrarsi, con intensità e frequenza lentamente ma continuamente crescente, fino all'evento principale.
Inizialmente, oltre alla zona dell'aquilano, è stata interessata, come epicentro dell'attività, anche la zona di Sulmona (17 e 29 marzo 2009, magnitudo 3,7 e 3,9).
La scossa distruttiva si è verificata il 6 aprile 2009 alle ore 3:32. L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha registrato un sisma di magnitudo momento 6,3 Mw. Secondo la scala di magnitudo locale (la cosiddetta scala Richter, poco adatta a descrivere sismi di questo tipo il valore registrato dai sismografi è stato di 5.9 ML risultando così un sisma di moderata intensità rispetto ai valori massimi reali raggiungibili da tale scala sismica. In termini di scala Mercalli di misurazione dei danni, la stima iniziale dell'INGV è stata tra l'ottavo e il nono grado.
Vi è stata una certa confusione sul valore della magnitudo, sia per l'uso di scale di magnitudo diverse, sia per poca chiarezza nella loro presentazione. Ad esempio, una sezione del sito Internet dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) riporta una registrazione di una magnitudo locale 6.2 mentre in altre sezioni è stato presente per circa un anno il dato 5.8 ML. In realtà il Peak ground acceleration, ovvero il picco massimo di accelerazione al suolo, durante la scossa del 6 aprile, è arrivato fino a 0,68 g, valore teoricamente attribuibile a sismi che raggiungono magnitudo fino a 7,2–7,4.
Il 4 aprile 2010 l'INGV rettifica la magnitudo locale in 5,9 ML, valore determinato da "calcoli successivi di maggiore precisione". Tuttavia l'analisi testuale del fenomeno presente sul sito istituzionale dell'INGV riporta ancora il valore 5,8 ML.
Alcuni giornali e un telegiornale nazionale hanno riferito che l'INGV avrebbe rivisto, nelle ore seguenti all'evento, le stime della magnitudo Richter. I dubbi che alcuni ancora nutrono sulla reale magnitudo sono ancora in parte dovuti anche al fatto che nella confusione nei primissimi minuti dopo il sisma, in attesa di calcoli precisi, erano stati diffusi dati fantasiosi sulla reale intensità del sisma.
In ogni modo, per un sisma di questa intensità, la misura della magnitudo locale ha scarsissimo interesse, al contrario del valore della magnitudo momento (Mw), per la quale non vi è mai stato dubbio sul valore 6,3.
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