Articolo da Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile - ASviS
Entro il 2100 alcune zone del mondo potrebbero risultare invivibili senza sistemi di refrigerazione, che in pochi si possono permettere. Bulbi umidi e isole di calore i pericoli più seri. L’America sperimenta nuove soluzioni, l’Ue arranca.
Le temperature estreme stanno diventando una questione sempre più problematica. Se n’è accorto il mondo intero in occasione del pellegrinaggio hajj alla Mecca, dove, a causa del caldo torrido (superiore ai 50 gradi) sono morti oltre 1.300 musulmani. L’80% delle vittime erano, secondo i funzionari sauditi, “pellegrini non autorizzati”, e non disponevano di mezzi o luoghi di ristoro adeguati. Ciò non toglie che il caldo era fuori della norma.
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of travel medicine, le temperature della Mecca sono aumentate costantemente negli ultimi 40 anni, con un incremento medio di 0,4 gradi ogni decennio. Un’altra ricerca pubblicata sul Journal of applied meteorology and climatology ha affermato che l’Arabia Saudita è stata protagonista (dal 1979) di un costante aumento delle temperature, a un tasso superiore del 50% rispetto ad altre regioni dell’emisfero settentrionale. “Se la tendenza attuale persisterà anche in futuro”, hanno commentato i ricercatori, “la sopravvivenza umana nella regione sarà impossibile senza un accesso continuo all’aria condizionata”.
Il resto del mondo non se la passa molto meglio. La parte settentrionale dell’India ha vissuto a giugno un’ondata di caldo senza precedenti: il 19 del mese, a Ganganagar, nel nord-ovest del Paese, si sono toccati i 44,7 gradi, mentre Delhi ha registrato temperature notturne minime di 35,2 gradi (la notte più calda registrata dal 2010), facendo schizzare la domanda di energia a livelli record: 8.647 megawatt in una sola giornata per la capitale, e 90mila megawatt per l’intera India settentrionale. Ha fatto così caldo che a Delhi è stato aperto per la prima volta un pronto soccorso specializzato nei colpi di calore.
Anche il nord-est degli Stati Uniti e il Canada orientale sono stati colpiti da pesanti ondate di caldo, o meglio “cupole di calore”: il termine si riferisce a periodi prolungati di temperature superiori alla media, combinate con una condizione di alta pressione che intrappola l’aria calda.
Francia e Germania hanno vissuto settimane di frequenti temporali, tanto che alcune zone riservate al pubblico per Euro 2024 (che si gioca in terra tedesca) sono state chiuse per motivi di sicurezza. La tempesta Alberto (prima tempesta tropicale della stagione degli uragani) si è abbattuta sul Messico portando forti venti e inondazioni. Mentre in alcune aree del Texas sono caduti fino a 20 centimetri di pioggia.
Zone invivibili
E la situazione potrebbe peggiorare. Secondo gli esperti, circa il 30% delle persone nel mondo è esposto al rischio di vivere in zone soggette a condizioni di “bulbo umido”, percentuale che potrebbe salire al 50% entro il 2100.
Nello specifico, si parla di “bulbo umido” quando il clima è caratterizzato da alti livelli di calore e umidità, combinazione che inibisce la capacità del sudore di raffreddare il corpo e raggiungere la temperatura interna di 37 gradi, indispensabile per sopravvivere. Quando si accostano temperature superiori ai 35 gradi con alti tassi di umidità si rischiano colpi di calore, gravi danni fisici e, in casi estremi, la morte.
Il pericolo che corriamo dipende naturalmente da quanto aumenteranno le temperature. Secondo ScienceAdvances, con un riscaldamento di 1,5 gradi gran parte dell’Asia meridionale, dell’Africa Saheliana, dell’America Latina e dell’Australia settentrionale potrebbero essere soggette ad almeno un giorno all’anno di “caldo letale”. Se il mondo arrivasse a tre gradi, quest’area si estenderebbe, coprendo gran parte dell’Asia meridionale, della Cina orientale e del Sud-Est asiatico, nonché l’Africa centrale e occidentale, l’America Latina, l’Australia e parti significative degli Stati Uniti sudorientali.
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Fonte: Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile - ASviS
Autore: Flavio Natale
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Articolo tratto interamente da Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile - ASviS
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