lunedì 15 luglio 2024

Storica sentenza della Corte europea di Giustizia sull'ex Ilva

ILVA - Unità produttiva di Taranto - Italy - 25 Dec. 2007


Articolo da Cittadini reattivi

Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria Ilva dovrà essere sospeso”. E spetta al Tribunale di Milano valutarlo. E’ questa la sentenza pronunciata oggi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in merito alla causa C-626/22 | Ilva e a., promossa da 10 cittadini aderenti all’associazione Genitori Tarantini e da un bambino di 11 anni affetto da una rara mutazione genetica e da altri 130 cittadini.

Come ricordano gli stessi giudici, “numerosi abitanti della zona hanno agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano contro il proseguimento dell’esercizio dell’acciaieria. Essi hanno sostenuto che le sue emissioni nuocciono alla loro salute e che l’installazione non è conforme ai requisiti della direttiva europea relativa alle emissioni industriali”.

Il parere della Corte Europea, infatti, è stato richiesto dal Tribunale di Milano, dove la causa è pendente, per appurare se la normativa italiana e le norme derogatorie speciali applicabili dell’acciaieria Ilva, al fine di garantire la continuità, siano in contrasto con la direttiva. Come ricordano i giudici del Lussemburgo, già “nel 2019 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato che l’acciaieria provocava significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona”.

Nella ricostruzione delle vicende che riguardano la città di Taranto, dove ha sede dal 1965 la maggiore acciaieria d’Europa, che occupa 11mila persone e si estende per oltre 1500 ettari, a ridosso dei quartieri di Tamburi, Paolo VI e del centro storico, la Corte sottolinea anzitutto “lo stretto collegamento tra la protezione dell’ambiente e quella della salute umana, che costituiscono obiettivi chiave del diritto dell’Unione, garantiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” e rammenta come “la direttiva contribuisce al conseguimento di tali obiettivi e alla salvaguardia del diritto di vivere in un ambiente atto a garantire la salute e il benessere”

Mentre, riportano i giudici europei, se “secondo il governo italiano, la direttiva non fa alcun riferimento alla valutazione del danno sanitario, la Corte rileva che la nozione di «inquinamento» ai sensi di tale direttiva include i danni tanto all’ambiente quanto alla salute umana”.

Pertanto – sottolinea la Corte Europea – la valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria Ilva su tali due aspetti (ambiente e salute, ndr), deve costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio”.

Cosa vuol dire? Che, come parzialmente rilevato anche dall’inchiesta Taranto chiama e come dal pronunciamento del Tribunale di Milano, “tale presupposto non è stato rispettato per quanto riguarda il danno sanitario. Il gestore deve altresì valutare tali impatti durante tutto il periodo di esercizio della sua installazione”.

Inoltre, secondo il Tribunale di Milano, “le norme speciali applicabili all’acciaieria Ilva hanno consentito di rilasciarle un’autorizzazione ambientale e di riesaminarla senza considerare talune sostanze inquinanti o i loro effetti nocivi sulla popolazione circostante”. La Corte di Giustizia europea rileva, quindi, “che il gestore di un’installazione deve fornire, nella sua domanda di autorizzazione iniziale, informazioni relative al tipo, all’entità e al potenziale effetto negativo delle emissioni che possono essere prodotte dalla sua installazione”. 

“Solo le sostanze inquinanti che si ritiene abbiano un effetto trascurabile sulla salute umana e sull’ambiente possono non essere assoggettate al rispetto dei valori limite di emissione nell’autorizzazione all’esercizio”. 

Diversamente da quanto fatto dal governo italiano che, come sempre riportato dai giudici della Corte di Giustizia europea, ha ripetutamente differito i termini stabiliti per la loro attuazione, con i cosiddetti “decreti Salva-Ilva”, almeno 15 dal 2012 a oggi. 

La Corte afferma che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal governo italiano, “il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti”. Ma, sopratutto, in caso di violazione delle condizioni di autorizzazione all’esercizio dell’installazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità della sua installazione a tali condizioni nel più breve tempo possibile”.

Concludono i giudici della Corte Europea di Giustizia: “in caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso”. 

Ora la parola torna al Tribunale di Milano, ma la sentenza rimane storica, considerato che la procedura d’infrazione europea ancora in corso, proprio per le stesse motivazioni. Procedura che si somma alle cinque condanne subite dal governo italiano da parte della Corte Europea dei Diritti Umani tra il 2019 e il 2022.

Il commento a caldo dell’avvocato Maurizio Rizzo Striano per Cittadini Reattivi, legale rappresentante di parte civile insieme all’avvocato Ascanio Amanduni, per i Genitori Tarantini: “Non un commento tecnico-giuridico, per la sentenza che ha reso oggi il massimo organo giurisdizionale della Comunità Europea sul caso ILVA. Quello che possiamo dire è che bisogna credere nella giustizia e dobbiamo tenerci strette l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici”.

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Autore: Rosy Battaglia 


Articolo tratto interamente da Cittadini reattivi 



Photo credit mafe de baggis from Milano, ItalyCC BY-SA 2.0, attraverso Wikimedia Commons


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