Comunicato da Amnesty International - Italia
Le autorità saudite devono scarcerare immediatamente e senza condizioni Manahel al-Otaibi, istruttrice fitness di 29 anni e attivista, condannata a 11 anni di carcere a causa del suo modo di vestire e della sua difesa dei diritti delle donne. È quanto hanno dichiarato oggi Amnesty International e ALQST, l’organizzazione che documenta e promuove i diritti umani in Arabia Saudita.
Questa decisione è in netto contrasto con la narrazione delle autorità saudite sulle riforme e sull’empowerment delle donne.
Manahel al-Otaibi è stata condannata il 9 gennaio 2024 durante un’udienza a porte chiuse dal Tribunale penale specializzato saudita, noto per trattare casi legati al terrorismo. Tuttavia, la decisione del Tribunale è stata resa nota solo dopo alcune settimane, come risposta formale a una richiesta di informazioni sul caso da parte del Rappresentante speciale delle Nazioni Unite.
Manahel è stata accusata per aver semplicemente pubblicato online le sue opinioni e per il suo modo di vestire, in particolare per aver postato sui social media un appello per l’annullamento delle oppressive leggi sul tutore di sesso maschile e un video in cui indossava “abiti indecenti” e “andava in giro per negozi senza l’abaya (l’abito tradizionale saudita)”. Anche sua sorella Fawzia al-Otaibi è stata accusata per reati simili, ma è fuggita dall’Arabia Saudita per timore di essere arrestata dopo che, nel 2022, era stata convocata per un interrogatorio nel 2022.
Secondo la Rappresentanza permanente dell’Arabia Saudita a Ginevra, Manahel al-Otaibi è stata giudicata colpevole di assurde “reati di terrorismo” ai sensi degli articoli 43 e 44 della draconiana legge antiterrorismo saudita, che criminalizza “ogni persona che crea, avvia o utilizza un sito web o un programma su un computer o su un dispositivo elettronico… o pubblica informazioni sulla fabbricazione di ordigni incendiari, esplosivi o di qualsiasi altro dispositivo utilizzato per crimini terroristici”, nonché “ogni persona che, con qualsiasi mezzo, diffonde o pubblica notizie, dichiarazioni false, calunnie o simili per commettere crimini terroristici”.
La famiglia di al-Otaibi non ha avuto accesso ai documenti del tribunale né alle prove presentate contro di lei.
“La condanna di Manahel a 11 anni di prigione è un’ingiustizia estremamente grave e crudele. Sin dal suo arresto, le autorità saudite l’hanno sottoposta a un’implacabile serie di violazioni, dalla detenzione illegale per il suo impegno per i diritti delle donne alla sparizione forzata per oltre cinque mesi; il tutto mentre veniva interrogata, processata e condannata in gran segreto, nonché picchiata da altre detenute in carcere. Con questa sentenza, le autorità saudite hanno dimostrato la vanezza delle loro tanto pubblicizzate riforme sui diritti delle donne degli ultimi anni e hanno messo in luce il loro inquietante impegno nel sopprimere la dissidenza pacifica”, ha dichiarato Bissan Fakih, dell’Ufficio campagne di Amnesty International per l’Arabia Saudita.
“La fiducia di Manahel di poter agire con libertà avrebbe potuto rappresentare un segno positivo della tanto propagandata narrazione di Mohammed bin Salman sulle riforme dei diritti delle donne nel paese. Invece, arrestandola e ora infliggendole questa scandalosa condanna, le autorità saudite hanno nuovamente dimostrato la natura arbitraria e contraddittoria delle loro cosiddette riforme e la loro continua determinazione nel voler controllare le donne dell’Arabia Saudita”, ha dichiarato Lina Alhathloul, responsabile del monitoraggio e della difesa di ALQST.
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Video credit Amnesty Italia caricato su YouTube
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