sabato 18 maggio 2024

A un anno dall’alluvione in Emilia Romagna

Sant'Agata-alluvione 2023


Articolo da ECOR.Network

È tornata la stagione delle piogge e nuove alluvioni si abbattono sul Belpaese senza che nessuno abbia ancora messo seriamente mano ai danni inferti da quelle di un anno fa. Nuovi eventi metereologici estremi, sempre più frequenti, tanto da diventare ormai abituali, si abbattono sulla vita delle persone: le vite perdute, le case allagate, i campi distrutti…

In mezzo a tanta incertezza sul futuro, comunque, una sicurezza c’è: lo Stato (quello che stanzia 8 miliardi per i carri armati Leopard), non correrà in loro soccorso. L’Emilia-Romagna è l’esempio di ciò che le aspetta: a un anno esatto dal disastro la maggior parte delle persone colpite non ha visto ancora un euro degli aiuti promessi. Nelle zone dell’alluvione del maggio 2023, a fronte di 8,5 miliardi di danni stimati (5 del settore pubblico e 3,5 dei privati) al momento solo 400 milioni sono arrivati a destinazione per gli interventi sulle 81.000 frane, sulle strade e sui fiumi, più 100 milioni ai privati per spese urgenti, ed altri 1,4 milioni di ristori attraverso la piattaforma regionale Sfinge. Irrisori i rimborsi decisi sulla carta, allucinante e costosa la pratica per richiederli (per i dettagli rimandiamo ai numerosi servizi giornalistici di questi giornii).

Sul versante dei lavori pubblici, con fondi insufficienti, l’Emilia-Romagna si concentra – comprensibilmente - sulla messa in sicurezza delle frane, sul ripristino degli argini e della viabilità. Non è però in alcun modo all’ordine del giorno un ripensamento complessivo sulle politiche del territorio che vada ad incidere su alcune delle principali cause del disastro. Perché, se da un lato è innegabile che l’alluvione del 2023 abbia avuto origine da una eccezionale estensione e intensità delle piogge torrenziali, è altrettanto innegabile la vulnerabilità dei territori interessati, frutto di decenni di politiche di “sviluppo”. Il problema investe molteplici aspetti: i cambiamenti climatici, l’espandersi dell’urbanizzazione (anche in zone a rischio), l’artificializzazione dei corsi d’acqua, la distruzione dei territori naturali, la gestione dei suoli, la subsidenza connessa ad attività industriali ed estrattive, la mancata
valutazione dei rischi.
Proviamo, in questa sede, ad affrontarne alcuni.


Eventi estremi

Son passati ormai più di 30 anni da quando l’IPCC ha lanciato i primi allarmi riguardo alla correlazione fra aumento della temperatura globale e intensificazione degli eventi metereologici estremi con riferimento anche alle inondazioni, fra le altre tipologie di catastrofe. Da allora questo tipo di allarmi, corredati da centinaia di studi scientifici, si sono fatti sempre più gravi e frequenti.

Le caratteristiche temporali dei flussi della corrente [dei corsi d’acqua] in quasi tutte le regioni hanno mostrato una maggiore variabilità e amplificazione degli estremi, con maggiori volumi di inondazione e picchi di flusso, accanto a un aumento degli episodi di magra… (IPCC 1992)
Il rischio di alluvione dei fiumi aumenterà in gran parte del l'Europa” … (IPCC 2001)
Un clima più caldo, con la sua maggiore variabilità climatica, aumenterà il rischio di inondazioni e siccità … Le alluvioni dipendono dall'intensità delle precipitazioni, dal volume, dai tempi, dalle condizioni antecedenti dei fiumi e dei loro bacini di drenaggio ... L'invasione umana nelle pianure alluvionali e la mancanza di piani di risposta alle alluvioni aumentano il potenziale di danno” ... (IPCC 2007)

Allarmi che sono cresciuti di pari passo alla moltiplicazione dei disastri nella realtà.
Tra il 1970 e il 2019 la World Meteorological Organization (WMO) ha registrato a livello mondiale più di 11.000 catastrofi - classificate come tali in base ai criteri dell’International Disaster Database
ii (EM-DAT) - dovute a condizioni metereologiche estreme, che hanno causato più di 2 milioni di morti e $ 3,64 trilioni di danni. Il 44% erano associate a inondazioni, correlate in più della metà dei casi a esondazioni fluviali.
Nel corso di mezzo secolo il numero di catastrofi dovute a condizioni metereologiche estreme registrate dalla WMO è quasi quintuplicato, passando dai 711 del periodo 1970-1979 ai 3.165 del decennio 2010-2019.
In Europa, negli stessi periodi a confronto, è aumentato più di sette volte.
iii

Ciò che registriamo adesso come emergenza mondiale non è dunque una novità piombataci all’improvviso fra capo e collo, ma un processo graduale ampiamente annunciato, di cui non si è voluta - coscientemente - invertire la tendenza, per evitare di mettere in discussione la preminenza degli interessi del capitale sugli interessi comuni di specie (non solo la nostra). E per lo stesso motivo non si è voluta invertire la tendenza di processi di espansione urbana, agroindustriale, infrastrutturale, capaci di rendere i territori sempre meno “resilienti” (tanto per utilizzare una parola più che abusata) a fronte degli eventi estremi, e che in questi ultimi decenni si sono al contrario accelerati.
Da questo punto di vista, l’Emilia-Romagna non ha fatto eccezione. Il disastro del 2023 è frutto di questi processi convergenti.

La prima relazione dell’ARPAE successiva al disastro ne ha descritto l’intensità ed estensione: “
La cumulata di precipitazione registrata nel periodo 1-17 maggio è il record storico di cumulata a 17 giorni per oltre il 65% dei pluviometri dei bacini del settore centro-orientale della regione, alcune con serie di dati superiori ai 100 anni, con valori oltre i 300-400 mm cumulati nel periodo, e massimi di 609,8 mm a Trebbio (Modigliana, bacino del Lamone), e 563,4 mm a Le Taverne (Fontanelice, bacino del Santerno)”.
Non si tratta solo della quantità delle piogge, ma della vastità del territorio coinvolto, con precipitazioni di particolare intensità e durata a monte, sulle aree di origine dei fiumi e torrenti che riversano enormi quantità di acqua su una pianura già intrisa dalle precipitazioni a valle. In 23 esondano, alcuni anche più volte e in più punti. I canali di bonifica, pensati per drenare l’acqua delle paludi e non certo le esondazioni dei fiumi, non reggono. L’Adriatico in mareggiata non riceve.

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Fonte: 
ECOR.Network

Autore: Alexik


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Articolo tratto interamente da 
ECOR.Network

Photo credit Sentruper, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons 


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