giovedì 20 aprile 2023

La schiavitù moderna



Articolo da Il Bo Live, il giornale dell'Università di Padova

La schiavitù, risultare assoggettato al potere assoluto di un altro sapiens (uno o più padroni), è una condizione umana di solito naturalmente associata a conflitti, guerre ed emigrazioni forzate. L’eliminazione fisica, lo sterminio, la morte in battaglia e in guerra nella storia neolitica (stanziale) della nostra specie potevano non riguardare tutti gli stranierisconfitti, alcuni furono “conquistati” come nullatenenti privi di diritti, ridotti schiavi o servi o vendibili piuttosto che deportati, proprietà privata (almeno da quando esiste storicamente), utilissimi (non necessariamente in loco) per i lavori agricoli e edilizi d’infrastrutturazione agricola, politica, religiosa, commerciale, militare, le donne (senza assoluta esclusività) anche per funzioni domestiche, riproduttive e sessuali. Quasi tutte le civiltà e i popoli del lunghissimo periodo agricolo (non tutte, per esempio anticamente non nelle valli dell’Indo) conobbero prima o dopo massicce deportazioni, forme di schiavitù conseguenti a conquiste e conflitti armati (ora qui ora là, c’erano anche altre premesse più o meno temporanee, come l’insolvenza per debiti o la condanna per gravi reati), quasi un modo di produzione in talune fasi e in talune città, per esempio in molte di quelle dell’antica Grecia (anche la metà della popolazione).

Le storiografie sulla schiavitù e la sua evoluzione, sui molteplici possibili gradi e forme di proprietà su altro/altra/altri/altre sapiens, sui caratteri sociali, fisici, psichici e psicologici (talora autonomi e non interdipendenti) dell’assoggettamento umano, su differenze e nessi con il servaggio, l’apartheid, la prigionia, il vassallaggio, le semilibertà, la mezzadria, la casta inferiore, il maschilismo padronale sono così ampie che non è pensabile una trattazione unitaria e individuale, riassuntiva di tutte le epoche e i periodi. Lo stesso grande Marc Bloch concentrò l’attenzione sullaservitù nella società medievale, oppure sono stati fatti spesso singoli paralleli storici fra la situazione di vari popoli distanti nel tempo e nello spazio. Vi è tornato sopra recentemente (a fine 2022) il bravissimo storico Alessandro Barberocon conferenze molto seguite. Se ne è talora parlato anche qui, esaminando varie rotte e tappe cronologiche rispetto alla più nota schiavitù contro gli africani gestita da africani e poi dai colonizzatori europei, soprattutto a partire dagli studi della bravissima docente sarda Bianca Maria Carcangiu e riflettendo pure su alcuni aspetti o momenti particolari.

Nell’antichità greca (per fare un esempio) la vittoria giustificava un diritto di cattura del vinto e i vincitori attribuivano a una sorta d’inferiorità climatica la naturalità della schiavitù. Qualcuno riusciva a fuggire prima della conquista o dopo la riduzione in schiavitù, emigrava (fuggiva) altrove; la schiavitù è strettamente connessa alla grande variabilità dei fenomeni migratori, siano essi armate invasioni immigratorie nei confronti di comunità e popoli, fughe dei residenti non uccisi né resi prigionieri (perlopiù schiavi), emigrazioni forzate dei residenti prigionieri. E, ovviamente, molto hanno inciso condizioni e cambiamenti climatici. In Asia, per altro, la deportazione di schiavi era cominciata prima che in Africa e risultò poi quantitativamente simile. La deportazione di africani dall’Africa sub sahariana, soprattutto dalle zone interne distanti dalla costa (occidentale), come lavoratori coatti (esercito agricolo di riserva e integrazione rispetto agli indios) ridotti in schiavitù (o già parzialmente schiavi), barattati soprattutto con acquavite, fucili, zucchero (energia e gusto) è la più grande migrazione intercontinentale forzata mai esistita, molto influenzata dalle condizioni climatiche.

Comunque, almeno 10 milioni di africani in circa tre secoli (soprattutto alla fine del Settecento) vengono deportati solo nell’America meridionale (circa metà nelle isole caraibiche, circa metà in Brasile, ma una percentuale fra il 10 e il 20% muore in viaggio), altri (milioni) nell’America del Nord, nei paesi dell’Oceano Indiano e del Mar Mediterraneo, altri (milioni) vengono uccisi fra il luogo di cattura e quello d’imbarco, su un totale di popolazione dell’Africa sub sahariana di circa 50 milioni nel 1500 e di circa 200 nel 1900, cifre enormi e molto studiate (con esiti non univoci) per gli effetti e assetti demografici e genetici di lungo periodo. Partivano soprattutto dalle coste occidentali, più uomini giovani che altro. Sempre meno e solo all’inizio arrivano in Europa (anche se portoghesi e europei continuano a dirigere il tutto, complici alcuni trafficanti africani che si arricchiscono e imparano a commerciare), solo pochi (meno del 5%) dell’incredibile cifra complessiva di forzati a migrare sono schiavi negli Stati Uniti.

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Fonte: Il Bo Live, il giornale dell'Università di Padova

Autore: 
Valerio Calzolaio

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Articolo tratto interamente da 
Il Bo Live, il giornale dell'Università di Padova



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