giovedì 2 giugno 2022

“L’Italia ripudia la guerra”



Articolo da Comune-info

La Festa della Repubblica celebra il 2 giugno del 1946, data in cui non solo la Repubblica vinse il referendum sulla monarchia, ma fu eletta l’Assemblea Costituente. I Costituenti – che conoscevano personalmente che cosa fosse la guerra, l’avevano subita e vissuta – iniziarono a lavorare alla Costituzione a dieci mesi dalla tragedia delle bombe atomiche statunitensi su Hiroshima e Nagasaki. La Costituzione fu scritta con un linguaggio chiaro, efficace, inequivocabile: un’estetica della trasparenza che corrispondeva a un’etica della comprensibilità. Per questo non sembrò abbastanza esplicito il verbo “rinunciare” della prima stesura di quello che sarebbe diventato l’Articolo 11, perché avrebbe mantenuto implicitamente l’idea di un diritto al quale si rinuncia, e scelsero – invece – il verbo “ripudiare” che contiene il disprezzo per ciò che si è conosciuto e si vuole allontanare per sempre. Ossia la guerra ci fa schifo, la guerra “è una montagna di merda”, come avrebbe detto Peppino Impastato. È questo il senso.

L’incipit del definitivo Articolo 11 – “L’Italia ripudia la guerra” – diventò così elemento fondante di una una storia nuova rispetto al fascismo, fondato proprio sul militarismo come elemento identitario. Inoltre, non sembrò sufficiente ripudiare la guerra come “strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, ma aggiunsero anche come “mezzo di risoluzione delle controverse internazionali” perché i Costituenti – che non erano ingenui – avevano due consapevolezze: la prima, che i conflitti esistono e non sono eliminabili; la seconda, che nessun conflitto può essere risolto davvero con la guerra. Soprattutto nell’epoca atomica: è l’introduzione dell’etica della responsabilità nella Costituzione.

Dunque i Costituenti ci dicono: noi siamo giunti a comprendere che la guerra non può più risolvere i conflitti, semmai lo ha fatto, d’ora in poi tocca a voi – alle generazioni successive – trovare mezzi e strumenti alternativi alla guerra per affrontarli e risolverli.

Il secondo comma dell’articolo 11, inoltre, che “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” e “promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”, fa riferimento alle Nazioni Unite che erano nate già nell’ottobre del 1945 con lo stesso spirito della Costituzione italiana, ossia – come recita l’incipit della Carta fondante – per “liberare l’umanità dal flagello della guerra” attraverso la risoluzione delle “controversie internazionali con mezzi pacifici, in maniera che la pace, la sicurezza internazionale e la giustizia non siano messe in pericolo” (Carta delle Nazioni Unite, Art. 2). La Nato, come alleanza militare difensiva, sarebbe stata costituita solo nel 1949.

Tanto la Costituzione italiana che la Carta delle Nazioni Unite hanno presente dunque che le armi nucleari costituiscono un salto di qualità negativa nelle relazioni internazionali, che generano una nuova interdipendenza nella sopravvivenza stessa dell’umanità che necessita di un analogo salto di qualità positiva nella capacità gestione dei conflitti. Un salto di civiltà per passare dall’epoca della violenza a quella della nonviolenza. È quanto avrebbero affermato, solo qualche anno dopo anche Albert Einstein e Bertrand Russell nel celebre Manifesto del 1955 sottoscritto dai maggiori scienziati del tempo:

“Dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo. Dobbiamo imparare a domandarci non già quali misure adottare affinché il gruppo che preferiamo possa conseguire una vittoria militare, la [nuova] domanda che dobbiamo porci è: Quali misure occorre adottare per impedire un conflitto armato il cui esito sarebbe catastrofico per tutti?”.

È la stessa domanda che in Italia nel 1948 si era posto Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza per ragioni politiche dell’Italia repubblicana, ossia per rifiuto del militarismo. Pinna aveva visto la guerra colpire la sua Ferrara ed aveva deciso di essere coerente con la Costituzione italiana, ossia di ripudiarne personalmente la preparazione. Chiede di essere mandato a sminare il territorio dalla tante bombe ancora inesplose, per difendere in questo modo il Paese dalla guerra stessa, che ne è il primo nemico. Invece il Paese lo spedisce in galera, dalla quale entra ed esce per anni finché verrà congedato per un’inesistente problema al cuore. Ma è grazie anche all’impegno di Pietro – che negli anni sessanta con Aldo Capitini fonderà il Movimento Nonviolento – che oggi decine di migliaia di giovani all’anno possono svolgere il servizio civile universale che – non dimentichiamolo – è una forma di difesa civile, non armata e nonviolenta della patria. Anche se per questa i governi investono un centesimo delle sempre crescenti spese militari che preparano le guerre.

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Fonte: Comune-info  


Autore: 
Pasquale Pugliese

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Articolo tratto interamente da 
Comune-info 


2 commenti:

  1. Le guerre portano solo morte, distruzione e tante lacrime.

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  2. Molti dicono che la storia insegna, ma io vedo che certe crudeltà ritornano spesso, ma è tanto difficile vivere in pace su questo pianeta?

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