sabato 15 dicembre 2018

La virtù del rispetto


Articolo da Nuovoeutile

Dov’è finito il rispetto? Questa, lo so, sembra una domanda da vecchie signore. Ma, poiché non mi dispiace giocarmela ogni tanto da vecchia signora, è una domanda che mi sento autorizzata a pormi, e a porvi, anche se non esattamente in questi termini stizziti.

La prendo da un altro verso, invitandovi a a formulare una definizione esauriente del termine. Riuscirci non è facile come sembra.
Su, concedetevi  qualche secondo per pensarci.

COME LO DEFINIAMO? Sentimento e atteggiamento di riguardo, di stima e di deferenza, devota e spesso affettuosa, verso una persona, dice il vocabolario Treccani.  E poi: sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità. E ancora: osservanza, esecuzione fedele e attenta di un ordine, di una regola. Infine: riguardo, considerazione, attenzione.

CONVIVENZA E REGOLE. La definizione del termine è ampia. Considera ogni possibile ambito a cui l’idea e la pratica di quello che intendiamo per “rispetto” si può estendere: le relazioni tra persone. Le buone pratiche della convivenza. L’osservanza delle regole. Più in generale, il prestare attenzione a quanto ci sta attorno. Eppure, anche a leggerla nella sua interezza, sembra che manchi qualcosa.

RISPETTARE, CIOÈ GUARDARE. Vabbé, torno alle origini, abbandono la ricerca in rete, apro il vecchio vocabolario di latino e vado a pescare il verbo respĭcĭo, da cui deriva l’italiano rispetto. Il quale verbo significa, guarda un po’, guardare, guardare indietro, voltarsi a guardare.
Questo è un ottimo punto: il guardare.

TI RICONOSCO: TU ESISTI. Se ti rispetto, vuol dire che prima di tutto ti vedo. E che ti guardo, e non una volta sola. Se ti guardo, vuol dire che ti dedico il mio tempo e la mia attenzione, riconoscendo implicitamente il tuo valore.
C’è un sentimento che nasce da una distanza (appunto: uno spazio di rispetto), da un un indugio e da un riconoscimento.
Vuol dire insomma che non procedo come se tu non ci fossi. Non ti ignoro come se tu non contassi niente. Non ti scanso o ti calpesto come se tu fossi irrilevante o invisibile. Insomma: non faccio finta che tu non esista.

UNA QUESTIONE DI SOSTANZA. Sul rispetto reciproco si basano le relazioni interpersonali e la convivenza civile. Sul rispetto si fonda l’empatia. Non è (o non è solo) una questione di buone maniere o di deferenza. In altre parole: non è una questione di forma, ma di sostanza.

RISPETTABILITÀ: UN’ALTRA COSA. Tutto ciò, per inciso e a scanso di equivoci, c’entra assai poco con il concetto ottocentesco di decoro e rispettabilità borghese, formale e basata su rigide gerarchie, estese anche all’ambito familiare, fondamentalmente inique e… poco rispettose.

IL VALORE DELL’ALTRO. Qui si tratta, appunto, di riconoscere il valore dell’interlocutore e la legittimità della sua posizione e dei suoi interessi, all’interno di un confronto o di uno scambio. Questo vuol dire che interessi e posizione, che pure possono essere oggetto di discussione, in primo luogo vanno (ti vedo! E ti riconosco) considerati. Di fatto, rispettare anche gli avversari – ne abbiamo parlato di recente – è il modo per non trasformare un conflitto in una catastrofe irreparabile.

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Fonte: Nuovoeutile

Autore: 
Annamaria Testa 

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Articolo tratto interamente da 
Nuovo e utile


6 commenti:

  1. Caro Vincenzo, molto ma molto interessante questo tuo post.
    Ciao e buon fine settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    Risposte
    1. Il post non è mio, ma di Annamaria Testa, tra l'altro è stato pubblicato su L'Internazionale.

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  2. Dovremmo leggerlo tutti più volte al giorno finché non si inchioda nella testa. Grazie.
    sinforosa

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  3. Il rispetto è la chiave di tutto. Saluti

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