Articolo da Openpolis
La crisi economica iniziata nel 2008 ha posto una forte pressione sui bilanci pubblici degli stati, in particolare quelli europei. Il risultato, come ha segnalato anche Ocse nel suo ultimo rapporto Education at a glance 2018, è stata una sensibile contrazione della percentuale di spesa pubblica dedicata all’istruzione.
Per l’Italia si tratta di un aspetto particolarmente sensibile. Già prima della crisi il nostro paese si trovava nella seconda metà della classifica europea per percentuale di spesa in istruzione rispetto al pil. Dal 2011 si colloca stabilmente negli ultimi posti. Nel 2016 (ultimo anno disponibile con i dati Eurostat) risultava quintultima tra i 28 paesi dell’Unione europea.
Il dato italiano è inferiore alla media Ue (che è pari al 4,7% del pil). Ed è anche al di sotto di quello dei maggiori paesi europei, in particolare Francia (5,4%) e Regno Unito (4,7%).
Perché monitorare la spesa in educazione
Da sola, la quantità di spesa in istruzione non dice granché sul sistema educativo, sul suo funzionamento e sulla sua qualità. Ma è comunque un aspetto fondamentale da monitorare nel tempo.
In primo luogo perché la quota di spesa in un settore anziché su un altro è un indice indiretto delle priorità del decisore politico e più in generale dell'intero paese.
Secondo, perché l'effetto di una revisione di spesa non è scontato. Come segnala la stessa Ocse, in alcuni casi può tradursi una migliore allocazione delle risorse. Ma può anche colpire la qualità dell'istruzione, soprattutto in una fase in cui puntare su questo settore è importante anche per la crescita economica.
In termini assoluti, la contrazione del capitolo di spesa dedicato all'istruzione in Italia è coincisa con i primi anni della crisi, tra 2009 e 2012.
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Fonte: Openpolis
Autore: redazione Openpolis
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Articolo tratto interamente da Openpolis
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