lunedì 12 agosto 2024

12 agosto 1944 – Eccidio di Sant'Anna di Stazzema: tre compagnie delle SS con l'ausilio di alcuni collaborazionisti italiani della RSI, uccidono 560 civili



Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera

L'eccidio di Sant'Anna di Stazzema fu un crimine di guerra nazifascista compiuto dai soldati tedeschi di tre compagnie della 16. SS-Panzergrenadier-Division "Reichsführer-SS", comandata dal Gruppenführer Max Simon[1] con l'ausilio di alcuni collaborazionisti italiani della RSI. All'alba del 12 agosto 1944 i reparti circondarono l'abitato di Sant'Anna (una frazione di Stazzema, LU), mentre un quarto si attestava più a valle, sopra il paese di Valdicastello, per bloccare ogni via di fuga. Nonostante agli inizi del mese Sant'Anna fosse stata dichiarata zona bianca dai tedeschi, in grado cioè di accogliere popolazione civile sfollata, in poco più di tre ore furono massacrate 560 persone, tra cui molti bambini[2].

Come accertò la magistratura militare italiana non si trattò di rappresaglia in risposta a una determinata azione del nemico, ma - come è emerso dalle indagini - si trattò di un atto terroristico premeditato e curato in ogni dettaglio per annientare la volontà della popolazione, soggiogandola grazie al terrore. L'obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra i civili e le formazioni partigiane presenti nella zona. 

Con il crollo del fronte di Cassino le due armate tedesche in Italia si trovarono in una situazione precaria, sotto costante pressione delle armate alleate che risalivano rapidamente verso la pianura Padana. Impossibilitate a rispettare le disposizioni di Adolf Hitler che pretendeva di mantenere le posizioni «a tutti i costi», le forze tedesche si ritirarono lungo la linea difensiva fortificata precedentemente allestita sull'Appennino tosco-emiliano, la Linea Gotica, poi rinominata con il meno altisonante Linea Verde (Grüne Linie)[3].

In seguito all'ingresso degli alleati a Roma il 5 giugno 1944, la Wehrmacht ebbe un crollo militare e perse interamente la zona dell'Italia centrale tra Cassino e Perugia, e il comandante tedesco del fronte Sudovest, Albert Kesselring, cosciente dell'incompletezza della Linea Verde-Gotica, predispose una ritirata combattuta con l'obiettivo di stabilizzare il fronte nei pressi del lago Trasimeno per permettere il rafforzamento della linea fortificata sugli Appennini e nel frattempo rastrellare quanti più civili italiani possibili da far lavorare nella costruzione della stessa Linea Gotica. La stabilizzazione del fronte tentata da Kesselring sul Trasimeno fu breve, e il 4 luglio la zona d'operazione della 14ª Armata tedesca fu estesa alle provincie di Apuania (l'odierna provincia di Massa-Carrara), Lucca, Pistoia, Firenze e Arezzo. In questo contesto, un aspetto di fondamentale importanza strategica per Kesselring fu di impedire al movimento resistenziale di mettere in pericolo la costruzione della linea, che per forza di cose poteva essere presidiata da un numero esiguo di truppe e quindi era particolarmente vulnerabile agli attacchi partigiani[4]. Il pericolo rappresentato dai partigiani nelle montagne appenniniche era diventato così forte che al giudizio di Kesselring e dei comandi della Wehrmacht si doveva ormai parlare di movimento insurrezionale pianificato e impostato militarmente, che non poteva più essere qualificato con disprezzo come mero banditismo: si trattava invece di un nemico «che combatteva secondo i princìpi della guerriglia» alle spalle delle truppe al fronte e che era quasi impossibile contrastare efficacemente[5].

Per la costruzione della linea e il suo rafforzamento erano competenti i comandi di corpo d'armata schierati nei vari settori, che istituirono delle squadre d'ispezione che assieme all'Organizzazione Todt e i reparti del genio fortificazioni, dovevano coordinare la costruzione della linea difensiva. Nella zona della 14ª Armata - schierata dalla costa tirrenica della zona di Massa fino al passo del Giogo - il LXXV Corpo d'armata aveva la sua squadra d'ispezioni a Fivizzano, e a tale corpo ai primi di giugno venne assegnata la 16. SS-Panzergrenadier-Division "Reichsführer-SS" (16ª Divisione meccanizzata "Reichsführer"-SS") per la protezione della costa tra Carrara e Livorno e la lotta antipartigiana nelle Alpi Apuane[6]. Il generale Gustav-Adolf von Zangen incaricato della costruzione delle fortificazioni occidentali della linea Gotica, per contrastare il movimento partigiano concordò con Karl Wolff che l'Oberführer delle SS Friedrich Hildebrandt rendesse sicura la parte orientale mentre l'Oberführer Karl Heinz Bürger avrebbe assunto lo stesso incarico nella parte occidentale. Le SS proposero inoltre che la popolazione civile delle singole località fosse considerata responsabile della sicurezza di determinati obiettivi, e qualora questi fossero stati danneggiati, tutti gli abitanti delle relative località sarebbero stati giustiziati. Preoccupato dell'attività partigiana, von Zangen arrivò a chiedere un massiccio concentramento di truppe lungo la linea Gotica, in modo tale che fosse «preventivamente presidiata» in attesa che vi si attestassero i soldati di prima linea delle due armate che combattevano al fronte[7]. La mancanza di truppe a disposizione fece cadere nel vuoto la richiesta di von Zangen, il quale dovette constatare che a giugno i lavori di fortificazione sulle montagne di Carrara e sulla fondamentale postazione di monte Altissimo, a est di Carrara, furono spesso interrotti a causa dell'intensa attività partigiana[8].

Le Alpi Apuane, che per la difesa tedesca rappresentavano un formidabile sbarramento naturale ed erano di particolare importanza per la protezione del fianco occidentale della linea, si rivelarono particolarmente difficili da proteggere e controllare. Con l'aumentare dell'attività partigiana il 9 giugno il LXXV Corpo d'armata ordinò un ennesimo rastrellamento nella zona dall'entroterra di Rapallo e nella regione a nord-est di Massa tra monte Tambura e monte Pania della Croce (inclusa Stazzema) ad opera della 16ª Divisione meccanizzata "Reichsführer-SS", mentre la 19ª Divisione da campagna della Luftwaffe incaricata di rastrellare la zona di Castelnuovo di Val di Cecina e a nord di Follonica[9]. In particolare preoccupava i tedeschi che i partigiani controllassero le vie di comunicazione nelle retrovie del fronte: non soltanto mettevano in pericolo i rifornimenti e i punti nevralgici come fabbriche e centrali elettriche, ma avrebbero potuto creare problemi in caso di ripiegamento. Questi timori trassero nuovo alimento durante la perdita di Massa il 24 giugno in seguito all'avanzata alleata: in questo episodio i tedeschi lamentarono attacchi «delle bande alle spalle» e ciò indusse i comandi militari tedeschi ad attuare attorno alla Linea Gotica rastrellamenti condotti senza scrupoli[10].

Le azioni di rastrellamento nelle retrovie Apuane furono quindi ulteriormente intensificate a luglio 1944; dal 30 giugno al 7 luglio sotto il comando del generale Theodor von Hippel venne attuata l'operazione Wallenstein, nella quale furono impiegati 5-6 000 uomini per rastrellare un'area attorno al massiccio montuoso tra Parma e La Spezia e chiudere i partigiani in una sacca delimitata dalle strade che collegavano Parma-Aulla-Fivizzano-Passo del Cerreto. Fu quindi progettata una seconda operazione a occidente della strada La Spezia-Parma per garantire la sicurezza della linea ferroviaria che collega le due città. L'azione, chiamata Wallenstein II, fu proseguita verso occidente per contrastare i partigiani attestati nella zona del monte Penna, ma al pari dell'azione precedente, si rivelò sostanzialmente fallimentare, perché dopo i rastrellamenti, i partigiani ricomparirono immediatamente nelle zone[11].

Da metà giugno gli ordini superiori relativi alla lotta antipartigiana furono estremamente inaspriti. Il 17 giugno Kesselring emanò il nuovo «Regolamento per la lotta alle Bande partigiane» dove si mise in chiaro che l'esercito tedesco considerava le attività partigiane estremamente pericolose e per contrastare tale attività bisognava agire con estrema durezza, servendosi di tutti i mezzi a disposizione, ribadendo che sarebbe stata sua premura «proteggere i comandanti» che avessero esagerato nella scelta dei mezzi d'intervento nella repressione[12]. Il comandante superiore Sudovest esigeva che si reagisse con tempestività e brutalità alle azioni della Resistenza: nelle zone con elevato movimento delle bande occorreva «arrestare una percentuale di popolazione maschile», e nel caso in una località si fossero registrate azioni contro le truppe tedesche o danneggiamento di materiale militare, si sarebbe dovuto distruggere la località intera, i maschi maggiori di 18 anni sarebbero stati fucilati, mentre gli autori e i caporioni andavano «pubblicamente impiccati»[13]. I generali tedeschi in Italia applicarono alla lettera le disposizioni di Kesselring, e anzi le direttive del feldmaresciallo subirono ulteriori inasprimenti: a luglio venne ordinato che non fosse «avviato nessun procedimento giudiziario (né marziale)» a quegli esponenti della popolazione sospettati di proteggere i partigiani, costoro dovevano essere immediatamente fucilati, e stessa sorte fu riservata a eventuali prigionieri «appartenenti a bande». Il 30 luglio il decreto per la Bekämpfung von Terroristen und Saboteuren ("Lotta contro terroristi e sabotatori") esplicitò che qualunque persona fosse stata sorpresa a compiere atti a danneggiamento della Wehrmacht andava abbattuta sul posto senza fare prigionieri[14]. Con la trasmissione di questi ordini, di fatto le popolazioni dell'Appennino venivano considerati direttamente responsabili della comparsa dei partigiani nelle zone da loro abitate[15]

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