sabato 24 agosto 2024

24 agosto 1944 – Tra il 24 e il 27 agosto unità tedesche coadiuvate da collaborazionisti fascisti danno luogo all'eccidio di Vinca

Monumento alle vittime della strage nel cimitero di Vinca


Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera

L'eccidio di Vinca[1] fu un crimine contro l'umanità[2] avvenuto tra il 24 e il 27 agosto 1944 nel piccolo borgo di Vinca e in altre frazioni ai piedi delle Alpi Apuane.[3] Responsabili del massacro furono le Schutzstaffel dell'Aufklärungs-Abteilung 16 ("Reparto esplorante 16"), del 16. SS-Flak-Bataillon, del SS-Panzer-Grenadier-Regiment 35 della 16. SS-Panzergrenadier-Division "Reichsführer-SS", i soldati della 20. Luftwaffen-Feld-Division e i militi della XL Brigata Nera "Vittorio Ricciarelli" di Livorno[4].

Il massacro fu ordinato dal SS-Gruppenführer Max Simon, il quale ne incaricò della realizzazione l'SS-Obersturmbannführer Helmut Looß[5], capo della sicurezza della 16. SS-Panzergrenadier-Division "Reichsführer-SS"[6]. Sul campo le operazioni vennero dirette dallo SS-Sturmbannführer Walter Reder[6], già resosi responsabile degli eccidi di Nozzano, Sant'Anna di Stazzema e San Terenzo Monti, e che nelle settimane seguenti compirà le stragi di Marzabotto e Bergiola Foscalina

Il 18 agosto 1944 un automezzo tedesco in transito lungo la strada Monzone-Vinca, nel versante settentrionale delle Alpi Apuane, cadde in un'imboscata partigiana. Nello scontro che ne seguì rimase ucciso un ufficiale tedesco[7]. I nazisti, preoccupati dalla crescente attività della Resistenza apuana, decisero così di attuare un grande rastrellamento per mantenere sotto controllo il settore occidentale della Linea Gotica, all'interno del quale si trovava appunto il borgo di Vinca. Le modalità scelte furono le medesime impiegate solo qualche settimana prima a Sant'Anna di Stazzema, ovvero attuando una tremenda rappresaglia nella strategia generale di tenere sotto controllo con il terrore la popolazione civile[8]. Il 21 agosto successivo, presso il comando tedesco di Massa, il generale Max Simon incaricò l'SS-Obersturmbannführer Helmut Looß della progettazione di una vasta offensiva anti-partigiana che interessasse il versante settentrionale delle Alpi Apuane. Looß elaborò così un rastrellamento su vasta scala grazie ad una buona conoscenza del territorio e alle informazioni fornite ai nazisti da alcune spie fasciste locali. Obbiettivo primario del piano fu proprio il piccolo borgo di Vinca, situato nell'impervia valle del Lucido, sulle pendici occidentali del Pizzo d'Uccello. A capo delle operazioni venne messo lo SS-Sturmbannführer Walter Reder, che già alcune settimane prima aveva guidato la strage di Sant'Anna di Stazzema. Due giorni dopo i comandi tedeschi organizzarono una seconda riunione durante la quale furono assegnati a Reder per lo svolgimento delle operazioni gli uomini dell'Aufklärungs-Abteilung 16 ("Reparto esplorante 16"), del 16. SS-Flak-Bataillon e del SS-Panzer-Grenadier-Regiment 35, tutti inquadrati all'interno della 16. SS-Panzergrenadier-Division "Reichsführer-SS". Al comando di Reder vennero inoltre assegnati i soldati della 20. Luftwaffen-Feld-Division e circa trecento elementi della XL Brigata Nera "Vittorio Ricciarelli" di Livorno, noti anche come i Mai Morti[9], comandati dal colonnello Giulio Lodovici[6][9][10].

 Alle prime ore del mattino del 24 agosto 1944 una forza di circa 1500 uomini, tra tedeschi e fascisti, e suddivisa in vari scaglioni lasciò Carrara, Castelpoggio, Massa, Fosdinovo e la Garfagnana per convergere verso la valle del Lucido ed il paese di Vinca[11]. Le truppe nazifasciste, dotate di oltre cinquanta automezzi e di un cannone raggiunsero la zona sia dalla strada che dalle mulattiere e dai sentieri sulle Apuane. Durante la marcia vennero rastrellati e razziati i borghi di Equi Terme, Tenerano, Viano, Campiglione, Vezzanello, Gallogna, Corsano, Lorano e Cecina. Mentre le truppe nazifasciste transitavano nei pressi di Gragnola, allora frazione di Fosdinovo, vennero attaccate da una squadra partigiana. Il breve scontro a fuoco si risolse in pochi minuti e terminò senza vittime. Ciò nonostante, una volta raggiunta Gragnola i tedeschi fecero rastrellare l'abitato ai fascisti e fecero fucilare nove uomini[12]. Poco dopo i tedeschi bruciarono il villaggio di Monzone. Lasciato in macerie anche questo borgo i nazisti della 1ª compagnia del "Reparto esplorante 16" penetrarono nell'alta valle del Lucido e circondarono il borgo di Vinca. Qui nel frattempo gli uomini, sapendo di quanto accaduto qualche giorno prima a Sant'Anna di Stazzema, erano fuggiti nei boschi e sulle montagne vicine. Nel pomeriggio i tedeschi iniziarono a massacrare tutti coloro i quali erano rimasti nel villaggio poiché non erano riusciti a fuggire, come anziani ed invalidi. Per evitare poi che gli abitanti del villaggio potessero fuggire verso il mare valicando le Apuane i comandi nazisti avevano programmato anche un fronte d'attacco da sud. I villaggi di Bedizzano, Miseglia e Colonnata, situati sulle alture di Carrara, vennero così bombardati ed incendiati[11]. Nel comune di Massa invece furono pesantemente rastrellate le vallate del Frigido e dei Canali. In quest'ultima valle i fascisti della XL Brigata Nera, che coadiuvavano i tedeschi nelle operazioni, uccisero undici civili nella frazione di Guadine, poi data alle fiamme[13]. Lo stesso reparto poco dopo bruciò anche i villaggi di Gronda, Redicesi e Resceto. Tra le vittime di questa prima giornata dell'eccidio si registrò anche il parroco di Vinca, don Luigi Ianni che, dopo essere ritornato in paese per assistere e salvare quanti erano alla mercé dei nazifascisti venne arrestato dai tedeschi insieme al padre e tradotto a Monzone. Qui, sempre insieme all'anziano genitore, venne fucilato dalla Brigata Nera.

Il giorno seguente, il 25 agosto, la vallata di Vinca fu raggiunta anche dalla 2ª e 3ª compagnia del "Reparto esplorante 16", con al comando Walter Reder in persona, e dai fascisti della Brigata Nera. L'obbiettivo infatti era quello di attuare un meticoloso rastrellamento per eliminare ogni forma di resistenza e più in generale di presenza umana[6]. Già alle prime ore del mattino i tedeschi avevano ucciso a Castelpoggio sette civili[14]. Una volta poi ritornati nella vallata del Lucido i nazifascisti iniziarono a cercare e ad ammazzare nei boschi, nelle cavità naturali e negli anfratti delle alture circostanti Vinca tutti coloro i quali il giorno prima erano fuggiti cercando la salvezza. Particolarmente spietati e crudeli, come emergerà nelle testimonianze del processo tenutosi a Perugia nel 1950[15], si riveleranno i militi della XL Brigata Nera, i quali non esitarono ad assassinare donne e bambini mentre quest'ultimi cercavano di scampare al massacro nascondendosi e scappando[10]. Il livello impressionante di violenza e crudeltà raggiunto fu testimoniato anche dal fatto che una donna fu ritrovata impalata (Ercolina Papa), un'altra (Alfierina Marchi), incinta, sventrata ed suo feto messole tra le braccia, e che una bambina (Annunziata Battaglia) fosse stata lanciata in aria e uccisa dopo essere stata usata come bersaglio per un brutale tiro a segno dai fascisti. Una volta compiuto il massacro i nazifascisti si dedicarono al saccheggio e all'incendio dell'abitato. La zona delle Alpi Apuane era conosciuta per essere sotto il controllo dei partigiani, essendo i vari valichi spesso percorsi dalle staffette che permettevano il collegamento con le squadre presenti sugli altri versanti[16].

Il 26 agosto i nazifascisti vennero attaccati dai partigiani sul Monte Sagro, cosa che li tenne impegnati per tutto il giorno e risparmiò momentaneamente a Vinca e ai suoi abitanti altri lutti e distruzioni. Il 27 agosto, quando degli abitanti che erano riusciti a rifugiarsi altrove tornarono in paese per cercare cibo, seppellire i morti e salvare quanto potevano dalle case in fiamme, vennero colti di sorpresa dall'improvviso ritorno dei tedeschi e dei fascisti. Ucciso quindi anche questo terzo gruppo di persone i nazifascisti depredarono e incendiarono nuovamente il villaggio.

Al termine del massacro, oltre alle 170 vittime accertate si registrarono oltre 1600 civili rastrellati e destinati come forza lavoro coatta in Germania[17].

Le vittime accertate furono 173: molti cadaveri vennero rinvenuti nudi, decapitati o impalati[16], compreso un feto strappato al ventre della madre uccisa[8]. Alcune testimonianze riportarono che gli aguzzini avevano un organetto che facevano suonare mentre uccidevano passando di casa in casa, dettaglio questo comune ad altre stragi perpetrate in zona[8]

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Photo credit Giovanni Baldini, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons


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