sabato 31 agosto 2024

La verità non si definisce in politica, ma in filosofia


Articolo da Mundiario

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Mundiario

Sia la dimensione tecnocratica del potere che la conversione della politica rurale in uno spettacolo sono a loro agio per una ragione che Arendt aveva già previsto ai suoi tempi. 

Qualche anno fa la casa editrice Página indómita ha pubblicato un nuovo libro di Hannah Arendt, Verità e bugie in politica, che comprende due brevi opere della famosa filosofa ebrea. Il primo, Verità e politica, scritto negli anni Sessanta del secolo scorso, suscita la polemica attorno a Eichmann in Jesusalén. Il secondo, Lies in Politics, successivo ai cosiddetti Pentagon Papers dell'inizio degli anni Settanta, anch'essi del secolo scorso.

È vero, come ricorda Hannah Arendt, che in alcune occasioni, non di rado, il contrasto tra verità e menzogna è inevitabile in politica, qualcosa che non sembra preoccupare troppo gli attori politici, solitamente ossessionati dal far sì che i media riflettano le loro verità punti di vista. In questo senso si tenta addirittura di convertire i fatti, la realtà ostinata, in semplici opinioni, molte delle quali condannate a lasciare lo spazio pubblico.

In questo contesto, la Arendt richiama l’attenzione su una realtà indubbia: la menzogna non è solo patrimonio delle dittature. Anche nei regimi democratici ci si presenta come un fattore molto distruttivo, capace di violare le coscienze degli stessi cittadini, nella misura in cui provoca imposizioni ideologiche volte a trasformare la realtà stessa per giustificare le proprie decisioni.

Arendt ha sempre criticato la tendenza tecnocratica del potere politico così come il predominio dell’azione politica da parte del marketing. Oggi, come si vede quotidianamente, sia la dimensione tecnocratica del potere sia, d’altro canto, la conversione della politica all’aria aperta in spettacolo per una ragione che Arendt già aveva previsto a suo tempo.

Infatti, se le associazioni cittadine e comunitarie articolate dalla spontaneità sociale non sono il centro dello spazio pubblico, esso è dominato, come avviene oggi, dai partiti politici, dall’ideologia e dalla propaganda. Se a ciò aggiungiamo l’alleanza strategica orchestrata dai poteri mediatici, finanziari e politici, allora troviamo quella che viene chiamata privatizzazione dello spazio pubblico.

Ebbene, in questo scenario, la menzogna, l’inganno e il calcolo prendono il sopravvento sull’esercizio della politica, che finisce per diventare un’attività estranea all’interesse generale e associata, a volte anche crudamente, alla dittatura del privato, che macchia di tutto ciò che tocca. corruzione.

In questo contesto, denunciato dalla Arendt decenni fa, si crea il terreno fertile ideale per l’emergere del populismo e della demagogia che, incoraggiato da quella visione marketiniana, dello spettacolo politico, porta all’assurdità che contempliamo. Una situazione che richiede il protagonismo dei cittadini e la conseguente liberazione dello spazio pubblico dal dominio degli interessi privati ​​che cercano solo di aumentare i propri profitti.

Oggi in Spagna, ad esempio, basta accendere la televisione in prima serata per vedere cosa è diventata la gestione e la direzione della cosa pubblica. Basta infatti ascoltare, ad esempio, alcuni discorsi di alcuni politici, solo ed esclusivamente occupati a fare gli straordinari per affermare quella concezione della politica e del potere che Hannah Arendt denunciò a suo tempo.

Il filosofo ebreo è un esempio di ribellione intelligente contro l'imposizione del pensiero unico e del politicamente corretto, da qualunque parte provenga. Personalità come quella della Arendt sono oggi di grande attualità, perché occorre combattere quella battaglia per la libertà e la verità nella quale lei si è distinta con grande senso di coerenza.

Insomma, rileggere Arendt in questo momento costituisce una boccata d'aria fresca in un mondo in cui la dittatura del tecno-strutturale e la conversione del politico in una guerra senza limiti, confermano il pericolo della banalizzazione di un'attività orientata e diretto niente meno che al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini in un ambiente di centralità della dignità dell'essere umano.

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Fonte: Mundiario

Autore: Jaime Rodríguez - Arana

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Articolo tratto interamente da Mundiario


2 commenti:

  1. Personalmente penso che la verità si definisca nella vita reale e nella capacità dell'essere umano di affrontarla. Purtroppo noto in questi ultimi tempi che il sopra citato non affrontandola le impedisca di uscire fuori per risplendere. Mia opinione ❤️👋

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    1. Molti vivendo in Paesi cosiddetti "democratici", pensano che tutto sia verità, ma spesso sono dolci bugie.

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