martedì 25 agosto 2015

Se lo sciopero diventa un referendum


Articolo da InfoAut

Il massacro delle ultime garanzie sociali rimaste in Italia continua imperterrito nel torpore estivo. Il copione è sempre lo stesso: si prende un episodio insignificante, lo s'ingigantisce, si descrive chi ha ancora la faccia tosta di usare i propri diritti come un privilegiato e/o un irresponsabile e poi si prepara il provvedimento ad hoc.
Che nel mirino ci fosse il diritto di sciopero era chiaro già a fine luglio, quando la macchina mediatica e la classe politica tutta (Renzi e Salvini uniti nella lotta) avevano dato una rilevanza nazionale a un episodio tutto sommato banale, la mancata apertura degli scavi di Pompei in ragione di un'assemblea sindacale. Il ministro Franceschini aveva allora parlato di "danno incalcolabile" causato dalle due ore di chiusura e Matteo Renzi aveva parlato di "rabbia incontenibile" contro l'assemblea. Per giudicare la malafede dem è bastato osservare il loro silenzio solo una settimana dopo, quando lo stesso Franceschini aveva inaugurato in pompa magna la Palestra grande degli scavi per poi richiuderla di soppiatto, tra la delusione dei turisti, fino almeno a metà ottobre vista la mancanza di personale causata dai loro tagli.
Se dopo quest’episodio il premier aveva già annunciato che è venuto il democraticissimo momento di "proteggere il sindacato da sé stesso" (!) oggi si delinea con più chiarezza l'ennesimo piano di smantellamento delle conquiste sociali del governo più "anti-labour" della storia della repubblica.
Al centro del dibattito - se di dibattito si può parare visto che il sottosegretario  Pierpaolo Baretta ha già messo in chiaro la riforma "s’ha da fare" e che se non ci sarà l'accordo coi sindacati "diventerà inevitabile un intervento ex-caetedra" del governo - ci sarà la rappresentanza dei lavoratori e la rappresentatività del sindacato.
La sinistra e la destra democratica, nelle vesti di Cesare Damiano e Pietro Ichino, propongono di mettere uno sbarramento al 5% d’iscritti tra i lavoratori per poter chiedere di sedersi al tavolo delle contrattazioni. Una sorta di democrazia sindacale limitata quindi. In effetti, Damiano si dice "contrarissimo" a una rappresentanza unica perché crede fortemente nel "pluralismo sindacale" purché, ovviamente, lasci fuori i sindacati più piccoli, magari quelli di base e più combattivi. Il momento è scelto bene, dopo la diffusione ieri dei dati catastrofici sulle iscrizioni alla CGIL che mostrano che la classe politica e la classe sindacale, se non altro, hanno sicuramente in comune il fatto di non rappresentare più che un costoso orpello completamente sconnesso da ciò che succede sui luoghi di lavoro.
Ancora più inquietante è la proposta di snaturare il diritto di sciopero, trasformandolo in una sorta di referendum preventivo che dovrebbe ricevere l'approvazione "dal 30% o 40% dei lavoratori". Un'ipotesi che, a causa di limiti legali, sembra per ora limitata al settore pubblico ma, come ben si sa, quando si tratta di mangiarsi le conquiste delle lotte dei lavoratori dei decenni scorsi l'appetito vien mangiando.
Insomma, questa sorta di malattia senile del progressismo che è il democratismo cerca anche di spuntare le ultime armi in mano a chi lavora, con degli effetti che potrebbero essere catastrofici nel contesto di tagli e licenziamenti dei prossimi mesi.
Innanzitutto si completa quella trasmutazione della natura del sindacato cominciata nel grande riflusso degli anni '80. Da strumento di organizzazione e di lotta il sindacato diventa definitivamente un mero terminale di delega ed erogatore di servizi - e anche quest'ultimo punto sembra essere sempre più in dubbio visti i tagli ai patronati approvati a gennaio scorso con la legge di stabilità.


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Fonte: InfoAut


Autore: redazione InfoAut

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Articolo tratto interamente da InfoAut

1 commento:

  1. Lo sciopero è un inalienabile diritto dei lavoratori,ma spesso i sindacati lo hanno usato male.
    Non è il diritto di sciopero da abolire,ma il Sindacato,Camusso in testa deve capire che il mondo del lavoro è cambiato.
    Ciao,fulvio

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