
Articolo da ComeDonChisciotte
Nel silenzio assordante delle cancellerie europee e nell’ipocrisia complice delle istituzioni internazionali, a parlare – finalmente – è la voce più pulita e potente che un popolo possa esprimere: quella dei lavoratori.
I portuali del Porto del Pireo, in Grecia, hanno dichiarato il loro rifiuto assoluto di scaricare l’Ever Golden, una nave portacontainer carica di acciaio militare destinato a Israele. E non lo fanno per calcolo politico, per convenienza sindacale o per ideologia astratta. Lo fanno per coscienza.
“Non scaricheremo nemmeno un centimetro di questo carico omicida.
I lavoratori portuali del Pireo non saranno complici.”
Con
questa dichiarazione, i portuali greci si uniscono all’appello già
lanciato da Marsiglia e Genova. È una catena morale di dignità operaia
che attraversa il Mediterraneo e squarcia la cappa dell’indifferenza.
È la geopolitica dei giusti, quella che non si studia nei vertici NATO
ma nasce nei calli delle mani e nel sangue dei popoli oppressi.
IL PORTO NON È UNA BASE: IL LAVORO NON È COMPLICITÀ
Il
porto del Pireo, come quelli di Genova, Marsiglia, Catania, Palermo o
Taranto, non è una base militare. Non può e non deve diventare il
retrobottega logistico di una guerra coloniale.
E i portuali greci lo dicono chiaro:
“Il porto del Pireo non è un avamposto degli Stati Uniti, della NATO, dell’Unione Europea o dei profittatori della guerra.”
Una frase che pesa come un macigno, che disegna con lucidità la catena gerarchica della complicità occidentale:
• gli Stati Uniti come architetti delle guerre,
• la NATO come braccio armato della ridefinizione imperiale del mondo,
• l’Unione Europea come garante servile dell’ordine atlantico,
• e infine Israele, il gendarme coloniale che stermina il popolo
palestinese in nome di una “sicurezza” fondata sull’annientamento
dell’altro.
DAI PORTI ALLE PIAZZE: LA RESISTENZA PASSA DAL LAVORO
Quello che i portuali del Pireo stanno facendo non è solo un gesto di solidarietà.
È un atto di insubordinazione civile e politica.
È la rottura di una catena invisibile che lega la classe lavoratrice
europea agli interessi sporchi dell’imperialismo internazionale.
È la riaffermazione di un principio: il lavoro non è neutro.
Scaricare acciaio per armi significa partecipare a una carneficina.
Rifiutarsi di farlo significa restare umani, prima ancora che lavoratori.
Non è un caso che questa resistenza venga proprio dai porti: perché i porti sono ponti e crocevia, confini vivi, luoghi dove le merci parlano la lingua della guerra, ma dove gli uomini possono ancora scegliere di parlare la lingua della pace.
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Fonte: ComeDonChisciotte
Autore: Mirko Stelfio
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Articolo tratto interamente da ComeDonChisciotte







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