giovedì 7 ottobre 2021

La storia di Matthew Shepard

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Articolo da Wikipink

Matthew Wayne Shepard (Casper, Wyoming, 1º dicembre 1976 – Fort Collins, Colorado, 12 ottobre 1998) è stato uno studente statunitense dell'Università del Wyoming che, a causa della propria omosessualità, fu vittima di uno dei più celebri crimini d'odio omofobici: egli venne infatti derubato e torturato da due ragazzi in una località vicino a Laramie, Wyoming, la notte tra il 6 ottobre e il 7 ottobre 1998, e morì cinque giorni dopo a causa delle ferite subite.

Durante il processo, i suoi aguzzini ammisero di averlo massacrato a causa del suo orientamento sessuale[1]; essi stanno attualmente scontando la loro pena in prigione.

Il suo caso, grazie anche alla famiglia che ha scelto di non mettere a tacere l'episodio ma di parlarne in pubblico, è diventato un simbolo contro la discriminazione in tutto il mondo[1], tanto che la risoluzione contro i crimini d'odio approvata dal Congresso degli Stati Uniti il 22 ottobre 2009 venne chiamata Matthew Shepard Act and James Byrd act[2] (il secondo nome è quello di un nero anch'egli aggredito e ucciso per motivi di odio per quel che era). 

Shepard nacque a Casper, primo figlio di Dennis Shepard e Judy Peck Shepard. Ebbe un fratello minore, Logan, nato nel 1981, con cui aveva un rapporto molto stretto[3]. Frequentò la "Crest Hill Grade School", "Dean Morgan Junior High", e i primi due anni delle scuole superiori al "Natrona County High School". Divenne anche membro della "St. Mark's Episcopal Church". Shepard, successivamente, frequentò alcuni anni la scuola americana in Svizzera, diplomandosi nel 1995. Venne descritto come un ragazzino gioviale nei confronti dei suoi compagni di classe, ma un po' preso di mira da quest'ultimi a causa della bassa statura e dello scarso atletismo[3].

Shepard frequentò anche il Catawba College e il Casper College prima di trasferirsi a Denver. Successivamente si iscrisse all'Università del Wyoming a Laramie, in cui frequentò la facoltà di Scienze Politiche. I suoi genitori vissero per un certo periodo a Dhahran in Arabia Saudita, dove suo padre lavorò per la compagnia petrolifera Aramco. Michele Josue, che era un suo amico, nel documentario Matt Shepard is a friend of mine, lo definì "una persona tenera e gentile"[4]. Sofferente di depressione, fece uso di droghe durante il periodo universitario[5] e più volte venne ricoverato in ospedale per aver tentato il suicidio[3]

Subito dopo la mezzanotte del 7 ottobre 1998 il ventunenne Matthew Shepard incontrò in un bar Aaron James McKinney (22 anni) e Russell Arthur Henderson (21). Secondo McKinney, Shepard chiese loro un passaggio a casa. Successivamente Shepard fu derubato, picchiato selvaggiamente, legato a una staccionata e lasciato lì a morire[6]. I due aggressori, una volta trovato il suo indirizzo, si recarono nel quartiere in cui era alloggiata la ittima per svaligiarlo, ma furono coinvolti in una rissa con una gang di strada che fece intervenire la polizia prima che riuscissero a farlo. Shepard fu trovato 18 ore dopo da un ciclista di passaggio, vivo e in stato d'incoscienza[6].

Shepard aveva una frattura dalla nuca fino oltre l'orecchio destro. Parte del cervello era stata danneggiata in modo tale da compromettere la capacità del corpo di regolare il battito cardiaco, la temperatura corporea e altre funzioni vitali. C'era inoltre circa una dozzina di piccole ferite sulla testa, sul collo e sulla faccia. I medici giudicarono le sue lesioni troppo gravi per poterlo operare.
Shepard non riprese più conoscenza e rimase sempre in rianimazione[6]. Morì alle 12:53 del 12 ottobre all'ospedale "Poudre Valley" a Fort Collins, in Colorado[7][8].

La polizia arrestò McKinney e Henderson poco dopo, trovando l'arma insanguinata, le scarpe della vittima e la carta di credito nel loro camion. I due carnefici cercarono inizialmente di procurarsi un alibi tramite una falsa testimonianza delle loro fidanzate Kristen Price e Chasity Pasley[9]

Durante le udienze entrambi i difensori usarono varie strategie per difendere le loro azioni. Quella più degna di nota fu la cosiddetta difesa da panico gay: i due sostennero di essere diventati temporaneamente incapaci di intendere e di volere per colpa delle avances sessuali che dichiararono di aver ricevuto dalla vittima.
In un altro momento i due sostennero invece che loro volevano solamente rapinare Shepard, e non avevano mai avuto intenzione di ucciderlo[5].

Henderson fu dichiarato colpevole il 5 aprile 1999 e accettò di testimoniare contro McKinney per evitare la pena di morte; ricevette due condanne a vita, senza possibilità di essere rilasciati anticipatamente per buona condotta[10]. Nel processo di McKinney la giuria lo dichiarò colpevole di omicidio volontario[10]. Quando si iniziò a considerare la pena di morte, i genitori di Shepard diedero il consenso al patteggiamento che permise anche a McKinney di evitare la pena di morte e di ottenere due ergastoli senza possibilità di essere rilasciato anticipatamente per buona condotta.

I genitori di Shepard dichiararono: «Stiamo offrendo la sua vita in memoria di uno che non vive più». Il clero della locale comunità cattolica ottenne una controversa pubblicità opponendosi alla pena di morte per questo specifico caso; in prigione McKinney ed Henderson avevano entrambi cercato di razionalizzare l'accaduto affermando che le loro azioni erano state dettate dalla Bibbia

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Fonte: 
Wikipink 


Autori: 
Francesco Bennardo - Giovanni Dall'Orto


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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale.


Articolo tratto interamente da 
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Photo credit Tony Webster, CC BY-SA 3.0, attraverso Wikimedia Commons


2 commenti:

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