mercoledì 12 maggio 2021

Israele continua a bombardare Gaza


Articolo da Altrenotizie

Le violenze delle forze di sicurezza di Israele contro i palestinesi e le proteste di questi ultimi, che stanno caratterizzando il mese del Ramadan, hanno fatto segnare un’impennata nel fine settimana in concomitanza con l’aggravarsi delle tensioni provocate dal tentativo di cacciare dalle proprie abitazioni decine di famiglie palestinesi in un quartiere di Gerusalemme Est. La vicenda ha mostrato ancora una volta come lo stato ebraico metta in atto regolarmente politiche di apartheid, in questo caso implementando un disegno ben preciso per espellere la popolazione palestinese dai territori occupati. Un’ulteriore preoccupante escalation c’è stata lunedì con un pesante bombardamento israeliano in risposta al lancio di alcuni missili da Gaza.

Dalla metà di aprile sono in corso scontri causati dalle restrizioni imposte dalla polizia israeliana all’accesso serale dei palestinesi ai luoghi di preghiera della città vecchia. Il culmine delle violenze si era avuto nella nottata di venerdì scorso con l’irruzione delle forze di sicurezza di Israele nella moschea di al-Aqsa, giustificata ufficialmente con un precedente lancio di pietre contro gli agenti. Il bilancio è stato alla fine di oltre 200 palestinesi feriti e decine di arresti.

Il giorno precedente c’era stata anche una marcia provocatoria di gruppi israeliani di estrema destra, venuti in contatto con i palestinesi. Ulteriori scontri si sono registrati lunedì in seguito a un’altra manifestazione, autorizzata dalle autorità israeliane, per celebrare l’occupazione di Gerusalemme Est durante la guerra del 1967 e che prevede, come ogni anno una sfilata attraverso i quartieri arabi. Dopo le proteste palestinesi nella mattinata nella Spianata delle Moschee, con il nuovo intervento della polizia israeliana e più di 300 feriti, le autorità hanno deciso una variazione del percorso della marcia degli ultra-nazionalisti israeliani per evitare ulteriori scontri.

La resistenza dei palestinesi contro le discriminazioni attuate da Israele riguardo l’accesso ai luoghi religiosi di Gerusalemme si è saldata con le proteste esplose nel quartiere di Sheikh Jarrah, dove, come accennato all’inizio, numerose famiglie sono a rischio di sfratto. Nel 1956, una trentina di famiglie palestinesi espulse dalle loro terre dopo la guerra del 1948 si stabilirono in questa località allora amministrata dal regno di Giordania.Qualche anno più tardi siglarono un accordo col governo giordano, secondo il quale le famiglie palestinesi avrebbero ottenuto la proprietà delle terre e delle abitazioni loro assegnate in cambio della rinuncia allo status di rifugiati. L’accordo non venne tuttavia finalizzato a causa della guerra del 1967 che privò la Giordania del controllo su Gerusalemme Est.

Dai primi anni Settanta iniziarono le cause legali per scacciare le famiglie palestinesi, con il pretesto che le terre di Sheikh Jarrah erano appartenute a ebrei che vi risiedevano dalla fine del XIX secolo sotto l’impero Ottomano. Malgrado i tribunali israeliani non abbiano giurisdizione nei territori occupati illegalmente, gli ordini di sfratto sono stati molteplici negli ultimi due decenni e sulle famiglie palestinesi che restano a Sheikh Jarrah pendono ora ordinanze simili.

38 famiglie dovrebbero lasciare le loro abitazioni con effetto immediato, mentre altre tre entro il primo di agosto. Per altri ancora sono in corso procedimenti legali intentati dai coloni israeliani. Con le tensioni alle stelle, la Corte Suprema israeliana ha posticipato di un mese l’udienza programmata inizialmente lunedì sugli sfratti. In precedenza, con l’ordine di sfratto era stato emesso anche un invito al “compromesso” per risolvere la questione, ovvero si chiedeva alle famiglie palestinesi di trovare un “accordo” con i coloni che intendono sottrarre loro terre e abitazioni.

Il rinvio serve comunque a prendere tempo in attesa di un allentamento delle tensioni, ma non cambia di una virgola le intenzioni israeliane di cancellare la presenza palestinese a Gerusalemme Est, in teoria destinata a fungere da capitale di un futuro stato indipendente. Le colossali discriminazioni israeliane sono testimoniate anche dal fatto che ai coloni è consentito presentare istanze per rivendicare proprietà presumibilmente detenute nei territori occupati prima del 1948, mentre questo diritto è negato ai palestinesi.

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Fonte: Altrenotizie

Autore: 
Mario Lombardo
Licenza: Creative Commons (non specificata la versione

Articolo tratto interamente da Altrenotizie.org 


16 commenti:

  1. Ma è terribile, ho letto che ci sono state molte vittime tra cui diversi bambini...dopo la pandemia cos'altro si deve abbattere su povere creature indifese?!

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  2. 30 e rotti anni fa (ai tempi della mia militanza anche a sinistra del PCI) andavo in giro con la spilletta di Al Fatah

    oggi sto con Israele, unica democrazia del medio Oriente, senza se e senza ma

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    1. Rispetto la tua opinione, ma siamo sicuri che Israele sia una vera democrazia? Chi spara sui civili e i bambini, non si può definire tale.

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  3. Ero al corrente della situazione critica in cui versano i palestinesi che hanno avuto gli sfratti.
    Ancora una volta stiamo a guardare gli sviluppi di una guerra che si affaccerà ben presto sull'orizzonte internazionale. E, ancora una volta, il silenzio del resto del mondo, riguardo l'aggressione israeliana, sarà assoluto. In Europa si sentirà solo parlare dei razzi di Hamas e della "ovvia" difesa dei "propri" territori messa in atto da Israele per difendersi...

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    1. In Italia si fa troppa disinformazione, in rete girano tanti filmati, che mostrano la realtà dei fatti.

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    2. Quanti vanno a cercare i filmati e la verità? Pochissimi purtroppo. È più comodo dire che Israele è uno stato democratico...

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  4. Veramente un luogo senza pace da sempre

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  5. Una cosa vegognosa. Restiamo Umani! Dovremmo gridarlo tutti in questo momento.

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  6. Israele è stato creato e credo sia stato in pace circa sette giorni. Non di più..

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  7. Nel medio oriente esiste uno stato di guerra infinito. Non si quando quelle terre potranno conoscere finalmente la pace. È una situazione che rattrista anche chi, come noi,la vede da lontano.

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    1. Una zona calda, dove ci sono troppe guerre e vittime innocenti.

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