venerdì 8 maggio 2020

Coronavirus in Lombardia: alcuni dati che fanno riflettere


Articolo da Effimera

Sono un funzionario che lavora all’Ufficio Statistiche della Regione Lombardia. Per motivi legati alla mia professione preferisco mantenere l’anonimato. Scrivo a partire da ciò che conosco (i dati) della realtà lombarda, senza alcuna pretesa di esaustività. A seguito dell’emergenza Covid-19, le posizioni critiche sulla gestione dell’emergenza non sono certamente bene accolte. Da nessuna parte.

A quasi tre mesi dallo scoppio dell’epidemia, iniziano a essere disponibili alcuni dati più completi e i primi studi che consentono un’analisi più compita di ciò che è successo. Ad esempio, uno studio condotto da Enrico Bucci, Luca Leuzzi, Enzo Marinari, Giorgio Parisi, Federico Ricci Tersenghi “Verso una stima di morti dirette e indirette per Covid-19” analizza i dati Istat relativi al tasso di mortalità. Le principali conclusioni sono le seguenti:

  • la copertura dei dati dell’Istat è tale da non permettere stime significative in molte regioni italiane. Lo studio si limita, quindi, a analizzare quelle con copertura superiore al 50% della popolazione (Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna);
  • il numero dei decessi in eccesso rispetto ad un anno senza epidemia mostra un andamento temporale chiaramente legato all’epidemia, crescendo a partire dall’ultima settimana di febbraio e mostrando un picco intorno al 20 marzo;
  • il confronto con i dati riportati dalle Protezione Civile mostra che questi ultimi sono molto sottostimati nelle regioni maggiormente colpite dall’epidemia (circa 7000 decessi in meno in Lombardia e circa 1000 in Emilia-Romagna). Nelle province maggiormente colpite come Bergamo si stima che il numero reale dei decessi sia più del doppio di quelli riportati dalla Protezione Civile (come confermato dai dati Istat, recentemente pubblicati, ndr.)
  • il confronto dell’evoluzione temporale dei decessi stimati dai dati Istat e di quelli ufficiali forniti dalla Protezione Civile suggerisce che questi ultimi non solo siano sottostimati, ma presentino anche un probabile “ritardo temporale” che ne modifica sensibilmente l’andamento in funzione del tempo con importanti conseguenze sulla stima dei parametri dell’epidemia;
  • è ben noto che la patologia Covid-19 porti a morti ospedaliere più numerose negli uomini che nelle donne. Questo sbilanciamento di genere rispetto ai decessi normali, quelli che avvengono per tutte le altre cause, ci ha permesso di stimare, in vari scenari, possibili percentuali dei decessi avvenuti a causa dell’epidemia in modo indiretto, ossia non direttamente causati dal virus.

  • La seconda fonte ufficiale di dati è rappresentata dal dataset fornito dal Ministero della salute e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), con i dati aggiornati giorno dopo giorno:

    Secondo il report del 6 maggio, h. 18.00, il numero delle persone che risultano attualmente positive è pari a 91.528 (in costante calo da una settimana e più), i deceduti sono 29.684 e i guariti 93245. Su 214.457 casi registrati, il tasso di guarigione è stato del 43,5% e quello di mortalità del 13,8%, uno dei più alti al mondo. Dei 91.528 casi attualmente positivi, ben l’81,3% (74.426 casi) si trovano in isolamento domiciliare.

    Premesso che la mortalità di Covid-19 è comunque inferiore a quella della SARS e dell’influenza spagnola, occorre domandarsi come in Italia si sia verificato un tasso di mortalità così elevato. A tal fine, può essere utile fare un’analisi sui dati epidemiologici dei pazienti deceduti positivi a Covid-19. Lo stesso ISS fornisce alcune informazioni recuperabili da questo sito:

    Secondo il report del 29 aprile, l’età media dei deceduti è di 79 anni. L’età mediana è di 81 anni mentre l’età media di coloro che hanno contratto il virus è di 62 anni. Tra i deceduti, sono 260 (al 23 aprile, pari all’1,1%) coloro che hanno meno di 50. Evidentemente in un paese dove la vita media è più lunga, gli anziani sono risultati essere i soggetti più a rischio. In secondo luogo, i decessi colpiscono in misura maggiore gli uomini (63,3% contro il 36,7% delle donne).
    Proprio l’età media avanzata dei decessi è uno dei fattori che può spiegare l’elevata mortalità di soggetti già minati da altre patologie. È interessante notare, infatti, che solo 1073 morti siano riconducibili al solo virus (3,8%), 4.094 morti riguardano pazienti con una patologia (14,5%), 6.042 con due patologie (21,4%) e ben 17.026 con tre o più patologie (60,3%).

    Ciò significa, che se definiamo i decessi riconducibili al solo Covid-19 (comprendendo anche quelli con una sola patologia), il virus è stata la principale causa di morte per 5.167 casi (pari a un tasso di mortalità del 1,8%, in linea con il dato della Germania, che contabilizza solo i morti “per” Covid-19).

    Certo, è evidente che se non ci fosse stata l’epidemia, il numero delle morti, come abbiamo scritto, sarebbe stato decisamente inferiore. Ma tale numero è stato aggravato da alcune scelte irresponsabili che sono state prese dalle autorità politiche della Lombardia. È infatti del tutto anomalo che i morti in Lombardia rappresentino più di metà (il 53,8%) del totale dei decessi registrati in Italia: un territorio che ha una superficie pari allo 0,00046% della superficie della terra e una popolazione pari allo 0,0013% della popolazione mondiale ma con oltre il 6,5% del totale mondiale dei decessi per Covid-19.

    Quando si sono manifestati i primi focolai nel Nord (Codogno in Lombardia e Vò in Veneto), nonostante l’immediata instaurazione della zona rossa (limitata ai due comuni), la diffusione dell’epidemia ha preso strade diverse. Il Veneto piange “solo” il 5,7% dei morti, una quota inferiore di 10 volte a quella lombarda. Come è possibile?

    Per rispondere, credo sia necessario partire 20 anni fa. Occorre infatti conoscere la storia della sanità lombarda negli ultimi decenni. Partendo da un dato: dal primo caso di Covid-19 accertato a Codogno (Lodi)  la sera del 21 febbraio, e fino al 2 marzo, in Lombardia “le uniche strutture di ricovero e cura in prima linea nell’emergenza coronavirus sono state tutte pubbliche”, come ha affermato Maria Elisa Sartor, esperta in questo campo, professoressa a contratto nel Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università degli Studi di Milano. Perché nessuna delle strutture private convenzionate col Sistema sociosanitario lombardo (SSL), pagate con soldi pubblici, è stata da subito in prima linea, nonostante oggi rappresentino più del 50% degli ospedali in Lombardia (erano una netta minoranza fino al 1997)?


    Continua la lettura su Effimera

    Fonte: Effimera


    Autore: anonimo


    Licenza: Copyleft 

    Articolo tratto interamente da 
    Effimera 


    15 commenti:

    1. Caro Vincenzo, credo che dovremo aspettare e dico parecchio prima di sapere tutta la verità, e temo che sarà sconvolgente!
      Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
      Tomaso

      RispondiElimina
    2. Bisognerebbe riflettere attentamente su quelle che sono le conclusioni di questo articolo. Se anche le strutture private si fossero prestate subito all'emergenza, non avremmo questi dati e, ancora oggi, la mia regione è quella che registra il maggior numero di decessi !! Saluti.

      RispondiElimina
      Risposte
      1. Questo ci fa capire che i soldi pubblici non vanno regalati a chi fa profitti sulla salute.

        Elimina
    3. Credo che a prescindere dai dati, siano morte tante persone perché inizialmente non si sapeva come affrontare la medicina. In pratica le persone rimanevano a casa e poi dovevano passare da sole il "test dei 5-7 giorni": in caso di miglioramento ok, in caso di peggioramento ospedale a sfidare la morte in faccia.
      Adesso la situazione pare migliorata grazie all'utilizzo di alcune terapie fondamentali per contrastare gli effetti collaterali del virus.
      Speriamo bene Cav!

      RispondiElimina
      Risposte
      1. Sicuramente con alcune terapie la situazione è migliorata, ma ci sono serie responsabilità in Lombardia, dove ci sono varie inchieste aperte.

        Elimina
    4. E' inutile piangere sul latte versato. Ora i nuovi contagi scendono percentualmente. L'indice è 0,8
      La Lombardia ha subito il primo impatto degli ammalati quando non ancora la Cina aveva dichiarato la presenza del Covid-19
      Il commercio tra Lombardia e Cina era altissimo e la gente viaggiava continuamente. Quando è esplosa la realtà tremenda del virus si sono intasati gli ospedali pubblici e le strutture private erano del tutto inadeguate. Berlusconi e Formigoni avevano smantellato la Sanità pubblica.



      RispondiElimina
      Risposte
      1. Negli anni ci sono stati sempre più tagli e meno risorse.

        Elimina
      2. Sì. I reparti di terapia intensiva erano inesistenti. I medici hanno considerato Covid-19 come una normale influenza e i pazienti ammalati rimandati nelle loro abitazioni. Il personale sanitario morto in Lombardia ha numeri impressionanti.

        Elimina
    5. Ci sono cose che non possono essere gestite dai privati come la sanità e l'istruzione. Il privato ha un solo scopo: il profitto.
      Quello che è successo in Lombardia è scandaloso!!

      RispondiElimina
    6. Nessuno aveva previsto una pandemia del genere o forse si pensava che sarebbe stata relegata in Paesi lontani da noi.
      Col senno di poi tanti errori-tagli-leggerezze li avremmo evitati. C’è da sperare che da tutto questo, tutti quanti abbiamo a imparare.
      La mia Lombardia ha visto troppa sofferenza e proprio noi che per primi abbiamo fatto i conti con questo invisibile nemico, abbiamo passato giorni davvero spaventosi, con un’infinità di morti che se ne sono andati soli e spaventati e con la paura di fare la loro triste fine.
      sinforosa

      RispondiElimina
    7. Bisognerebbe fare un processo ai politici che negli ultimi ann (dagli anni '80), hanno spinto per la privatizzazione. E fatto questo, anzi insieme, statalizzare tutto, a partire dalla sanità.👊

      RispondiElimina

    I commenti sono in moderazione e sono pubblicati prima possibile. Si prega di non inserire collegamenti attivi, altrimenti saranno eliminati. L'opinione dei lettori è l'anima dei blog e ringrazio tutti per la partecipazione. Vi ricordo, prima di lasciare qualche commento, di leggere attentamente la privacy policy. Ricordatevi che lasciando un commento nel modulo, il vostro username resterà inserito nella pagina web e sarà cliccabile, inoltre potrà portare al vostro profilo a seconda della impostazione che si è scelta.