giovedì 12 dicembre 2019

Cinquant'anni fa la strage di piazza Fontana



Articolo da Pressenza

La storia insegna che molto spesso quando un gruppo dominante vuole rendere legittimo il proprio avvento al potere si preoccupa anche di modificare radicalmente i riferimenti del passato.

Così come è ampiamente dimostrato che la memoria del passato viene influenzata dal presente, si trasforma in base al punto di vista da cui si racconta e in base al tipo di narrazione che se ne fa fino ad arrivare a modificare la memoria stessa del passato per strumentalizzarla e rivederla in
funzione delle necessità del momento, fino anche a farla scivolare nell’oblio. Allo stesso tempo per fortuna se è vero che esistono gruppi, e memorie dominanti, che esercitano un interesse preciso al fine di modificare dal presente la memoria del passato, è altrettanto vero che esistono gruppi di memoria alternativi a quelli di potere che hanno interesse invece a mantenere viva la memoria,
in special modo la memoria generazionale.

Questo tipo di memoria è basata sull’interazione sociale e copre un arco temporale non molto esteso, si basa sulla trasmissione che avviene da generazione in generazione, e può ambire a divenire memoria culturale, ma per farlo ha bisogno di consolidarsi ed essere rinnovata nel tempo senza dare mai per scontato che le nuove generazioni abbiano in loro la stessa memoria storica delle generazioni che le hanno precedute.

In tal senso c’è una memoria storica che in particolar modo in questo paese, è rimasta sempre in ombra, fatti e avvenimenti che hanno creato un solco, una spaccatura vera e propria nella storia contemporanea dell’Italia.

E’ la storia segnata dalle bombe e dalle stragi che sono rimaste praticamente tutte impunite e senza mandante.
Bombe che periodicamente hanno scandito un preciso tempo politico a suon di morti, e che hanno rappresentato non a caso la metodologia pratica della strategia della tensione.
Ad ogni moto di liberazione, ad ogni spinta in avanti che si è mossa dal basso con le rivendicazioni sociali e con la richiesta di avanzamento in termini di diritti, è sempre seguita una o più stragi perpetrate ai danni della popolazione. Per oltre 30 anni, le spinte e le istanze che provenivano da una larga fetta della popolazione che si esprimevano chiedendo allargamento dei diritti fondamentali, forme di redistribuzione della ricchezza, maggiore equità e giustizia sociale, sono state accompagnate da una precisa controreazione, come una specie di controstrategia volta a bloccare le spinte popolari, o più propriamente indirizzata a reprimere in modo violento e duro le rivendicazioni sociali che premevano dal basso.

E’ una storia molto italiana questa, una storia che in un qualche modo ha avuto un suo riconoscimento perché gli sono stati dedicati, libri, trasmissioni, e persino vie, eppure a distanza di mezzo secolo non c’è mai stata una verità giudiziaria su tali fatti. Come se i mandanti e gli esecutori nemmeno mai ci siano stati, e anche adesso che i fatti sono passati ad essere storia ancora non si riescono a trovare le parole pubbliche per affermare non tanto quel che è successo ma il perché di quelle stragi, da dove partissero e quale fosse il loro scopo. Nel tempo ci siamo come abituati a commemorare i nostri morti e quelle stragi come se non avessero dei colpevoli, o peggio ancora facendo scivolare la nostra memoria storica e culturale nell’oblio.
L’oblio in tal senso non è frutto di una semplice amnesia, ma è strumentale ad un processo conclamato e intenzionale che va in opposizione alla memoria storica, mirando a rimodellare il passato in rappresentazioni sociali diverse, fino che queste vengano accettate e riconosciute come legittime e istituzionalizzate.

Come affermò Le Goff in un suo saggio sulla memoria storica:

“Impadronirsi dell’oblio è una delle massime preoccupazioni delle classi, dei gruppi,
degli individui che hanno dominato e dominano le società storiche. Gli oblii, i
silenzi della storia sono rivelatori di questi meccanismi di manipolazione della
memoria collettiva”

E’ stato più volte affermato che è proprio con le stragi che si è creata una spaccatura verticale tra due Italie che non si è mai risanata, ma per trovare le radici di queste stragi bisogna raccontare e affrontare altri nodi che sono sempre stati sottaciuti. Bisogna capire e andare a indagare i fatti che segnarono la cosiddetta svolta democratica dell’Italia, dopo 20 anni di dittatura fascista. Una storia che subito dopo la promulgazione della Costituzione, ha visto l’affermarsi della vittoria elettorale dell’allora Democrazia Cristiana nel 18 aprile del 1948, e la collocazione definitiva della sinistra italiana all’opposizione. Un paese che fino a 5 anni prima contava oltre 20 milioni di fascisti in piazza, uno Stato retto per oltre 20 anni da un totalitarismo, che aveva insediato nelle più alte cariche istituzionali e dirigenziali a tutti i livelli (giuridici, amministrativi, militari, nell’istruzione pubblica, nella magistratura, negli apparati industriali e del commercio) i propri gerarchi fascisti, e che improvvisamente, subito dopo la guerra, si scopre essere tutto “antifascista”. I gerarchi fascisti, oltre alle folle acclamanti, come per incanto, erano spariti, nessun processo ebbe mai luogo, nessuno rispose mai per nessun crimine dei tanti che furono compiuti sotto il ventennio fascista.

La metodologia dello Stato fascista era stata molto semplice e funzionale, reprimere con la violenza ogni forma di dissenso, se necessario far sparire ed eliminare gli oppositori politici ed operare brutale repressione a suon di manganello, oppure di bombe, stragi, e brutali assassinii di cui non si sapeva mai chi fossero gli esecutori e ancor meno i mandanti, ma di cui ben si sapeva che dietro c’era la longa manus del fascismo istituzionalizzato e divenuto Stato, che non poteva o non voleva apertamente risultare mandante di tali crimini, strumentali alla conservazione del potere acquisito.

In questa storia nera e di sangue, la prima strage che si ricordi dell’Italia repubblicana post-fascista avvenne nel 1947 a Portella della Ginestra in Sicilia, quando la banda di Salvatore Giuliano aprì il fuoco su contadini e operai intenti a seguire il comizio del primo maggio, durante la Festa dei Lavoratori.
Secondo molti documenti ritrovati anche negli archivi statunitensi, furono implicati a vario titolo in questa strage i servizi segreti sia italiani che nord americani, ed anche uomini che erano appartenuti alla decima Mas.

L’elemento scatenante acclarato di tale strage furono le rivendicazioni sociali e sindacali dei lavoratori del Sud Italia alla quale seguì la repressione, con il coinvolgimento di servizi segreti, criminalità organizzata e ex appartenenti alla decima flottiglia, assaltatori e incursori della Regia Marina del periodo fascista.

La seconda strage dell’Italia Repubblicana si ebbe nel 12 dicembre di 50 anni fa. Correva l’anno 1969 e l’Italia era attraversata da imponenti spinte di rivendicazioni sociali che muovevano dalla classe dei lavoratori e dagli studenti.  Il 12 dicembre 1969 a Milano era giorno di mercato e in Piazza Fontana, si svolgeva tradizionalmente la contrattazione delle merci agricole, sempre in quella sede si trovava la Banca dell’agricoltura aperta e particolarmente frequentata nel pomeriggio.

Quel giorno alle 16 e 37 una potente esplosione di una bomba provocò 16 morti, il grave ferimento di 84 persone e l’avvio di quello che storicamente viene ricordato come periodo stragista e/o periodo della strategia della tensione.

Questa la cronaca riportata agli atti dai giudici del tribunale di Catanzaro durante il primo processo:


“Erano le 16,30 circa di venerdì 12 dicembre 1969. Nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano si stavano svolgendo per antica consuetudine le contrattazioni dei fittavoli, dei coltivatori diretti e dei vari imprenditori agricoli ivi convenuti dalla provincia per discutere i loro affari commerciali e attendere al compimento delle operazioni bancarie presso gli sportelli, allorché vi echeggiava il fragore dell’esplosione di un ordigno di elevata potenza. Ai primi accorsi da Piazza Fontana l’interno della banca offriva subito dopo un raccapricciante spettacolo: sul pavimento del salone, che recava al centro un ampio squarcio, giacevano, fra i calcinacci e resti di suppellettili, vari corpi senza vita e orrendamente mutilati, mentre persone sanguinanti urlavano il loro terrore. […] Quattordici erano i morti (aumentati a sedici entro il 2 gennaio con il decesso di due persone morte per le gravi ferite riportate). Gravemente feriti restavano all’interno della sede bancaria altri 45 clienti. Vari feriti contavano anche il personale della banca: tredici elementi che lavoravano al pianterreno nel salone; quattordici al primo piano, cinque al secondo piano, uno al terzo. Gli effetti dell’esplosione riguardavano anche l’esterno dell’istituto. Riportavano infatti lesioni personali sette persone che si trovavano sul marciapiede di Piazza Fontana e due persone all’interno del ristorante L’Angelo sito dietro l’edificio bancario”

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Fonte: Pressenza


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Articolo tratto interamente da Pressenza


16 commenti:

  1. Ricordo con tristezza e con paura gli anni bui delle stragi in Italia, ero una ragazzina a quei tempi. Ce ne sono state diverse, credo che siano rimaste impunite quasi tutte, ricordo che ho avuto paura di prendere un treno per diversi anni. Saluti.

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  2. Caro Vincenzo, una data che ci fa capire che sarebbe ora di pace!!!
    Ciao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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  3. Una pagina tristissima della nostra storia, una strage che ha aperto la via a tante altre impunite stragi, in quegli anni di piombo.
    sinforosa

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  4. Una delle pagine più nere della storia. Fondamentale ricordare.

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  5. Mi trovi perfettamente d'accordo. Rileggerò con calma uesto interessante articolo. Grazie.

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  6. Una delle tantissime pagine tristi e buie della Storia del nostro Paese.

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  7. Fu strage fascista pensata, voluta e finanziata in sede internazionale, per fermare il processo democratico che avrebbe portato la sinistra al governo. Oggi come allora, la nostra è una democrazia sotto tutela; viviamo in un paese che paga ancora l'entrata nella seconda guerra mondiale al fianco della Germania nazista, come regime fascista. Oggi come ieri è necessario respingere il fascismo, in ogni sua forma, ricordandosi sempre che l'Italia di oggi è figlia della Resistenza. Bella ciao!

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  8. Fu un evento dirompente che colpi profondamente anche me che ero un bambino. Con gli anni compresi che, per questa è per le altre stragi fasciste che vennero, si cercò, in tutti i modi, di insabbiare e nascondere la verità. Giusto ricordare oggi, anche per chiuder la strada a chi, ancor oggi, vorrebbe ricacciare il paese indietro nel tempo. Buon fine settimana a te caro Cavaliere.

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