domenica 3 marzo 2019
3 marzo 1944 – A Balvano si consuma la "Sciagura del treno 8017", la più grave sciagura ferroviaria italiana con oltre 500 morti
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Il disastro di Balvano ebbe luogo il 3 marzo 1944 nella galleria "Delle Armi" nei pressi della stazione di Balvano-Ricigliano, in provincia di Potenza. È anche conosciuto come "Sciagura del treno 8017" dal numero del convoglio coinvolto. La tragedia provocò 517 morti, benché le stime siano tuttora oggetto di discussione e il numero potrebbe essere maggiore, arrivando a oltre 600 vittime. Il disastro di Balvano è il più grave incidente ferroviario per numero di vittime accaduto in Italia e uno dei più gravi disastri ferroviari della storia.
Nel primo pomeriggio del 2 marzo 1944, il treno merci speciale 8017, creato per caricare legname da utilizzare nella ricostruzione dei ponti distrutti dalla guerra, partì da Napoli con destinazione Potenza.
Il treno era molto lungo, perciò venne dotato di una locomotiva elettrica del gruppo E.626 che, nella stazione di Salerno, fu sostituita da due locomotive a vapore poste in testa al treno, per poter percorrere il tratto dopo Battipaglia che, all'epoca e fino al 1994 non era elettrificato.
Il treno arrivò nella stazione di Battipaglia poco dopo le 6 del pomeriggio.
Alle 19:00, il treno 8017 partì dalla stazione di Battipaglia, in direzione di Potenza, trainato dalle due locomotive a vapore FS 476.058[2] e 480.016 assegnate al deposito di Salerno. Era composto da 47 carri merci[3] e aveva la ragguardevole massa di 520 t.
In origine non era prevista la seconda locomotiva, ma la necessità di spostare la 480 da Battipaglia a Potenza spinse ad aggiungerla in testa al treno per rendere più facile il duro valico tra Baragiano e Tito. Come tutte le locomotive delle Ferrovie dello Stato dell'epoca, entrambe le macchine avevano la cabina aperta e un equipaggio di due persone: un fuochista per spalare il carbone e un macchinista per la conduzione.
Sul treno salirono centinaia di viaggiatori clandestini provenienti soprattutto dai grossi centri del napoletano, stremati dalla guerra, che nei paesi di montagna lucani speravano di poter acquistare derrate alimentari in cambio di sigari e caffè distribuiti dagli statunitensi. Sul treno erano presenti anche alcuni ragazzi. Il carico di persone influiva notevolmente sul peso del treno, portandolo a superare le 600 tonnellate.[senza fonte]
Alla stazione di Eboli alcuni abusivi vennero fatti scendere, ma più numerosi ne salirono alle stazioni successive, fino ad arrivare a un numero di circa 600 passeggeri.
Il treno arrivò circa a mezzanotte alla stazione di Balvano-Ricigliano, dove registrò 37 minuti di ritardo per manutenzione alle locomotive. Da lì, alle 0:50 del 3 marzo, ripartì per un tratto in notevole pendenza con numerose gallerie molto strette e poco aerate. Sarebbe dovuto arrivare venti minuti dopo alla stazione successiva, Bella-Muro, ma alle 2:40 non era ancora stato segnalato.
Nella galleria "delle Armi", a causa dell'eccessiva umidità, le ruote cominciarono a slittare e la perdita dell'aderenza rallentò il treno fino a fermarlo all'interno della galleria. La galleria è situata tra le stazioni di Balvano e di Bella-Muro Lucano, e si estende per 1.968,26 metri con una pendenza media del 12,8‰ (0,73° di inclinazione) e punte del 13‰. Il treno si fermò a 800 metri dall'ingresso, con i soli due ultimi vagoni fuori.
La galleria, dotata di scarsa aerazione, presentava già una significativa concentrazione di gas monossido di carbonio a causa del passaggio poco prima di un'altra locomotiva. Gli sforzi delle locomotive per riprendere la marcia svilupparono a loro volta grandi quantità di monossido di carbonio, facendo presto perdere i sensi al personale di macchina. In poco tempo anche la maggioranza dei passeggeri, che in quel momento stava dormendo, venne asfissiata dai gas tossici che, in assenza di vento, potevano uscire dalla strettissima galleria solo tramite il piccolo condotto di aerazione.
L'unico fuochista che sopravvisse, Luigi Ronga, dichiarò che il macchinista suo compagno - Espedito Senatore - che guidava la locomotiva di testa tipo Gr.480 prima di svenire tentò di dare potenza per superare lo stallo e cercare di uscire dalla galleria. Invece le condizioni della seconda macchina 476.058 indicano che il suo personale, il macchinista Matteo Gigliano e il fuochista Rosario Barbaro, tentarono di invertire la marcia per retrocedere. In questo modo nel momento critico i due macchinisti agirono in modo opposto, il primo per cercare di avanzare e il secondo per cercare di tornare indietro. In realtà la potenza erogata dalla locomotiva 476.058 e l'inclinazione avrebbero forse permesso di sopravanzare la macchina tipo Gr.480, ma il macchinista perse i sensi prima di aprire completamente la valvola di regolazione, particolarmente dura su quelle macchine. La posizione dei treni e dei comandi confermò in seguito questo racconto. Inoltre, essendo le locomotive Gr. 476 di costruzione austriaca, previste per circolare su linee con segnali a destra e con i comandi di guida su quel lato (diversamente dalle locomotive italiane) i due uomini non poterono incrociare gli sguardi né comunicare rapidamente durante i minuti critici e prima di essere sopraffatti dai gas.
Inoltre a complicare la situazione e a rendere del tutto inamovibile il treno, accadde che il frenatore del carro di coda Giuseppe De Venuto, che insieme al penultimo carro erano gli unici rimasti fuori dalla galleria, e il manovratore dell'ultimo vagone, rimasto fuori dalla galleria, quando constatò che il treno stava iniziando a retrocedere nella salita applicò doverosamente il regolamento che gli imponeva di manovrare il freno manuale per bloccare la marcia. Egli si salvò, insieme al fuochista della locomotiva di testa, e riuscì, camminando lungo i binari, ad avvisare alle ore 5:10 il capostazione di Balvano che nella galleria era presente un treno con numerosi cadaveri a bordo.
Il capostazione di Balvano, alle 5:25, fece sganciare la locomotiva del treno 8025, giunto in stazione e in attesa della via libera, e dispose una ricognizione alla galleria indicata.
Ai soccorsi arrivati sul posto la situazione apparve subito molto grave, al punto da non poter rimuovere il convoglio a causa dei corpi abbandonati anche sulla banchina. Furono loro a soccorrere una novantina di superstiti nelle vetture più arretrate, tutti recanti forti sintomi di intossicazione da monossido di carbonio. Con l'arrivo di una seconda squadra di soccorso, alle ore 8:40 venne liberata la linea e il treno finalmente recuperato.
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4 commenti:
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Disastro finito nel calderone dei tragici avvenimenti di quel periodo. Non ne vedo traccia altrove, eppure meriterebbe un minuto di silenzio in memoria di vittime che cercavano un po' di sostentamento in luoghi lontani. Chi legge questo ricordo, si fermi un attimo, dedichi a questi poveretti quel minuto di silenzio che altri non daranno. Se poi in quel minuto dovesse scapparci anche una preghiera, elevata a chiunque si creda, non sarebbe sicuramente sprecata.
RispondiEliminaUn disastro dimenticato!
EliminaAhimè non ne ho mai sentito parlare.
RispondiEliminaHai fatto benissimo a scriverne!
Molte tragedie spesso sono dimenticate.
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