Articolo da Pressenza
L’11 marzo del 2011 la costa
orientale del Giappone fu colpita da un violento terremoto.
Nell’epicentro, situato a 129 Km dalla costa, il sisma fu classificato
di grado 9, mentre sulla costa fu di grado 7, ma più che sufficiente per
mettere fuori servizio la sottostazione elettrica dell’impianto di
Fukushima dai-chi e provocare lo scram delle unità 1, 2 e 3 che
erano in funzione. Nonostante l’avvio dei diesel di emergenza, l’unità 1
(la più vecchia) registrò la completa fusione del nocciolo mentre nelle
unità 2 e 3 si giunse ad una parziale fusione del nocciolo solo un’ora
dopo, quando l’onda dello tsunami sommerse letteralmente i diesel di
emergenza, inopinatamente collocati sotto il piano strada.
Anche la
piscina del combustibile dell’unità 4 (fuori servizio) fu gravemente
danneggiata. Successivamente le esplosioni provocate dall’accumulo di
idrogeno (per la fusione e ossidazione delle guaine di zirconio delle
barre di combustibile) nelle unità 1, 3 e 4 diffusero all’esterno la
contaminazione radioattiva, gran parte della quale rimase contenuta
entro i confini dell’impianto. In una sola volta si verificarono 4
incidenti in 4 diversi reattori, fra i più gravi nella tormentata storia
dei programmi nucleari cosiddetti civili iniziata negli anni Cinquanta.
A distanza di 8 anni dall’incidente
non si vede nessuna prospettiva di soluzione. La rimozione del
combustibile presente nelle piscine dei reattori danneggiati (per un
totale di 1393 elementi) è stata completata solo per l’unità 4, mentre
per l’unità 3 dovrebbe iniziare entro quest’anno e solo nel 2023 per le
unità 1 e 2. La rimozione dei noccioli fusi è ancora nella fase di
studio ed è concentrata sulla localizzazione dei detriti del
combustibile all’interno dei reattori per mezzo di robot a controllo
remoto, che però forniscono immagini limitate. Si tratta di robot “a
perdere” dato che una volta inseriti nel reattore diventano, oltre che
fortemente radioattivi, inservibili a causa dell’elevato irraggiamento
dei componenti elettronici e dunque vengono lasciati all’interno dei
reattori. Valutazioni ottimistiche stimano in 30-40 anni il tempo
necessario a rimuovere tutti i noccioli fusi.
La contaminazione
I reattori danneggiati continuano
tuttora ad essere raffreddati pompando acqua al loro interno, anche se
in quantità sensibilmente minore e comunque dell’ordine di 130 t/giorno.
Dal 2013 è in funzione un impianto di decontaminazione dell’acqua che
fuoriesce dai reattori e che poi viene immagazzinata in serbatoi posti
all’interno dell’impianto: a tutt’oggi sono state trattate più di un
milione di tonnellate di acqua contaminata, immagazzinata in oltre 1000
serbatoi che aumentano al ritmo di uno a settimana. Circa mille
tonnellate di acqua contaminata sono finite in mare dopo che un tifone
colpì l’impianto. Per impedire che un nuovo tsunami investa la centrale
di Fukushima è stato costruito un muro alto 13 metri lato mare, mentre
un’altra barriera (costruita “ghiacciando” il sottosuolo intorno ai
reattori) dovrebbe impedire alle acque reflue contaminate di finire in
mare: è paradossale che nell’era della robotica si fabbrichino muri di
ghiaccio come nelle più fantasiose leggende!
Sempre all’interno del sito
dell’impianto si stanno accumulando milioni di tonnellate di detriti
cementizi e di terreno contaminato proveniente dall’esterno per una
stima, a lavoro ultimato, di 14 milioni di tonnellate di cui non si sa
che cosa fare e come trattare. Non mancano proposte temerarie che
vorrebbero impiegarle in opere pubbliche (strade, etc) ma la vigilanza
della popolazione lo ha finora impedito.
Con un colpo di mano il governo ha
innalzato la soglia di esposizione per la popolazione da 1 mSv a 20 mSv a
partire dal 2017. Ciò ha permesso di reinsediare molti sfollati nelle
loro case facendogli però perdere ogni indennità per il reinserimento.
Nonostante ciò ci sono ancora 55.000 persone che non possono tornare nei
luoghi di origine, molte delle quali vivono in container prefabbricati.
Nel cantiere lavorano una media di
5500 persone con punte fino ad 7500. E’ una immensa bolgia tecnologica
costellata di gru, serbatoi, camion in movimento e popolata da una
strana razza che, quando non ha il volto coperto da una maschera, si
distingue dal colore degli elmetti.
Autore: Angelo Baracca
Licenza:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale.
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Caro Vincenzo, 8 anni sono passati,, credo che nessuno dimenticherà mai quella tragedia, ma purtroppo non è chiaro ancora come fare per evitare.
RispondiEliminaCiao e buona settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Anche in Europa, molte centrali sono a rischio.
EliminaDa ricordare bee, grazie Cavaliere.
RispondiEliminaE grazie anche per il link a nuova stampa interessante online.
Un modo, anche per conoscere nuovi siti e blog.
EliminaQuella di Fukushima è stata ed è proprio una triste storia . . . molti sono morti, probabilmente anche per una errore di valutazione e tutt'ora quei poveri giapponesi che vivevano in zona sono messi in maniera davvero inaccettabile. Una volta ho visto un documentario, fatto dopo diversi anni dal momento dell'incidente. E' davvero tremendo vivere in quel modo. Un saluto e buona nuova settimana
RispondiEliminaSecondo il mio parere e non solo, il peggio deve ancora arrivare.
EliminaUna tristezza in effetti, ma anche rabbia...
RispondiEliminaTante centrali nel mondo sono a rischio.
EliminaDesolante.
RispondiEliminaUn quadro non proprio bello.
EliminaGrazie per aver proposto questo ottimo articolo. Per non dimenticare!
RispondiEliminaMai dimenticare!
EliminaÈ terribile!!
RispondiEliminaSituazione non facile.
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