Articolo da East Journal
È scoppiata la crisi diplomatica fra Israele e Svezia,
a causa del riconoscimento di quest’ultima della Palestina come Stato.
Una “crisi” tutt’altro che improvvisa. Già agli inizi di ottobre infatti
il neo primo ministro scandinavo Stefan Löfven, leader
socialdemocratico e a capo di una coalizione di governo con i Verdi,
aveva annunciato l’intenzione di dare uno “status” ufficiale alla
Palestina.
La decisione
La Svezia è il terzo Paese dell’Europa occidentale ad avere ufficialmente riconosciuto la Palestina dopo Malta e Cipro, ma è il primo che lo fa da membro dell’Unione Europea.
“Il nostro riconoscimento è un contributo a un futuro migliore per una regione che per troppo tempo è stata segnata da distruzione, frustrazione e negoziati interrotti”, ha detto il ministro degli Esteri svedese Margot Wallström dalle pagine del quotidiano Dagens Nyheter. “Il Governo crede che ci siano tutti i criteri internazionali per il riconoscimento: c’è un territorio, sebbene con confini non definiti; c’è un popolo; e c’è un governo con capacità di controllo interno ed esterno”.
“Il nostro riconoscimento è un contributo a un futuro migliore per una regione che per troppo tempo è stata segnata da distruzione, frustrazione e negoziati interrotti”, ha detto il ministro degli Esteri svedese Margot Wallström dalle pagine del quotidiano Dagens Nyheter. “Il Governo crede che ci siano tutti i criteri internazionali per il riconoscimento: c’è un territorio, sebbene con confini non definiti; c’è un popolo; e c’è un governo con capacità di controllo interno ed esterno”.
Ma quest’ultima è una mezza verità
e il ministro lo sa molto bene. “È vero che l’Autorità Palestinese non
ha il pieno controllo del territorio – spiega Wallström – ma la Svezia
ha già riconosciuto Stati in passato (la Croazia nel 1992 e il Kosovo nel 2008) anche se questi avevano parti del territorio che sfuggivano al loro pieno comando”.
“Il riconoscimento comporta anche grandi responsabilità. Faremo richieste molto chiare alla Palestina,
così come le facciamo ad Israele. Ciò comprende il combattere la
corruzione, il rispetto dei diritti civili e politici, aumentare
l’influenza delle donne [nella società]”.
E per concludere, il ministro degli
Esteri Wallström lancia una stoccata agli alleati americani, che già un
mese fa dopo le prime dichiarazioni di Löfven avevano parlato di
“annuncio prematuro”: “Ci saranno quelli che polemizzeranno dicendo che
la decisione di oggi sia prematura. Tutt’altro: io temo che sia tardiva”.
Le reazioni
Com’era prevedibile, la decisione svedese ha riscosso grande consenso da parte delle autorità palestinesi. “È un passo storico e coraggioso”, ha detto il presidente palestinese Abu Mazen.
Anche la Lega Araba ha elogiato il governo Löfven, affermando di aver
compiuto un gesto importante verso il riconoscimento dei “diritti
legittimi del popolo palestinese”. Ancora più esplicito Saeb Erekat
capo negoziatore dell’Olp – Organizzazione per la Liberazione della
Palestina. La Svezia, a suo giudizio, “ha mandato a dire agli israeliani
che la politica di colonizzazione è vana” e che essi non possono
vietare “il diritto inalienabile dei palestinesi alla libertà” e
all’autodeterminazione.
Dall’altro lato del “confine”, se già dopo la prima dichiarazione d’intenti da parte del governo di Stoccolma Avigdor Lieberman,
ministro degli Esteri israeliano, aveva convocato l’ambasciatore
svedese Carl Magnus Nesser per protestare, stavolta si è stati molto più
decisi. L’ambasciatore israeliano in Svezia Yitzhak Bachman, infatti, è stato richiamato con urgenza
in patria “per consultazioni” e vi rimarrà fino a nuovo ordine. Ma non è
tutto: Lieberman, leader del partito di destra Israel Beytenu e
considerato uno dei falchi del governo Netanyahu, starebbe meditando di
rimuovere l’ambasciatore dal paese scandinavo in modo definitivo. Una
decisione che ridurrebbe ai minimi termini i rapporti tra i due stati.
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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
Articolo tratto interamente da East Journal
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