Articolo da Comune-info
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Dobbiamo comprendere che la grave situazione in cui viviamo non è una parentesi. Niente funzionerà più come prima del 2008. È probabile che stiamo entrando in un sistema forse anche peggiore del capitalismo, una sorta di economia della rapina, più simile al modo in cui funzionano le mafie del narcotraffico che ai modelli imprenditoriali che abbiamo conosciuto nella maggior parte del XX secolo. La crisi è stata provocata da los de arriba, quelli che stanno in alto, per continuare a restarvi, a essere classe dominante. Vogliono farlo a spese dell’umanità intera e sono disposti a creare anche un’ecatombe demografica pur di togliere di mezzo o far scomparire tutto quel che limita i loro poteri e intralcia i loro piani. A noi non resta altra strada che organizzare il nostro mondo nei nostri spazi/territori.
La crisi continua a rivelare tutto quello che nei periodi di normalità rimaneva celato. Anche i progetti strategici della classe dominante, il suo modo di vedere il mondo, la scommessa principale che fa per continuare a essere classe dominante. È questo, a grandi linee, il suo obiettivo centrale, quello al quale subordina tutto il resto, comprese le forme capitaliste di riproduzione dell’economia.Si potrebbe pensare che la crisi sia appena una parentesi dopo la quale tutto continuerebbe, più o meno, come funzionava prima. Non è così. La crisi non è solo un rivelatore, ma il modo con il quale los de arriba, quelli che stanno in alto, stanno rimodellando il mondo. Perché la crisi è, in grande misura, provocata da loro per spostare o far scomparire ciò che limita i loro poteri. In sostanza, nel nostro continente (in senso generale l’América latina, ndt): i settori popolari, gli indigeni, i neri e i meticci.
D’altro canto, una crisi di questa portata (si tratta di un insieme di crisi che comprendono crisi/caos climatico, ambientale, sanitario e, quel che investe tutto, una crisi della civilizzazione occidentale) significa mutazioni più o meno profonde delle società, dei rapporti di forza e dei poli di potere nel mondo, in ogni regione e in ogni paese. Sembra necessario affrontare tre aspetti. Non esauriscono tutte le novità che presenta la crisi ma sono, a mio modo di vedere, quelli che possono maggiormente influenzare le strategie dei movimenti antisistemici.
In primo luogo, ciò che chiamiamo economia ha sofferto cambiamenti di fondo. Un quadro elaborato dall’economista Pavlina Tcherneva, sulla base degli studi sulla disuguaglianza di Thomas Piketty, rivela come sta funzionando il sistema dagli anni Settanta, la situazione si è aggravata con la crisi del 2008.
Il quadro abbraccia sessanta anni dell’economia statunitense, dal 1949 a oggi. Descrive poi di quale parte della crescita delle entrate si impadronisce il 10 per cento più ricco della popolazione, e quanto spetta al 90 per cento restante. Negli anni Cinquanta, per esempio, il 10 per cento ricco si appropriava di una quota tra il 20 e il 25 per cento delle nuove entrate annuali. Così funziona un’economia capitalista “normale”, con un’appropriazione maggiore del frutto del lavoro umano da parte degli imprenditori, quel che Marx chiamò plusvalore. È l’accumulazione di capitale per riproduzione allargata.
A partire dal 1970 si produce un importante cambiamento che diventa ben visibile negli anni Ottanta: il 10 per cento ricco della popolazione comincia a impadronirsi dell’80 per cento della ricchezza e il 90 per cento rimane appena con il 20 per cento di quello che si genera ogni anno. Questo periodo corrisponde all’egemonia del capitale finanziario, quello che David Harvey ha chiamato “accumulazione per espropriazione” o spoliazione.
Qualcosa di straordinario avviene però a partire dal 2001. I ricchi si tengono tutte le nuove entrate e, dal 2008, arraffano anche una parte di quello che aveva il 90 per cento in termini di risparmi o beni. Come chiamiamo questo modo di accumulazione? È un sistema che non è più capace di riprodurre le relazioni capitaliste perché consiste nella rapina. Il capitalismo estrae plusvalore e accumula ricchezza (anche per espropriazione), ma lo fa espandendo le relazioni capitaliste, per questo impiega lavoro salariato e non lavoro schiavistico (devo queste riflessioni a Gustavo Esteva, che le ha formulate nei giorni della scuoletta zapatista e in successivi scambi di opinioni).
È probabile che stiamo entrando in un sistema forse anche peggiore del capitalismo, una sorta di economia della rapina, più simile al modo in cui funzionano le mafie del narcotraffico che ai modelli imprenditoriali che abbiamo conosciuto nella maggior parte del XX secolo. È probabile, inoltre, che questo non sia stato pianificato dalla classe dominante, ma che sia il frutto della smisurata ricerca di profitti avvenuta nel periodo finanziario e dell’accumulazione per espropriazione, (un processo, ndt) che ha fatto nascere una generazione di avvoltoi/lupi incapaci di produrre niente altro che distruzione e morte intorno a sé.
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Fonte: la Jornada
Traduzione per Comune-info: m.c.
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Fonte: Comune-info
Autore: m.c. - traduzione a cura di
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Articolo tratto interamente da Comune-info
Caro Vincenzo, vedo che le prospettive dell'avvenire, sono catastrofiche, speriamo che si sbaglino, ciao e buona serata amico.
RispondiEliminaTomaso
La cosa più significativa che racchiude tutto il tuo interessante studio e le tue purtroppo veritiere riflessioni, è l'immagine principale del post in alto..
RispondiEliminaCosi' noi siamo ridotti!
Un abbraccio serale!
Questa ennesima sacrosanta dichiarazione di guerra la perenne che non si scordi della sorte degli Spartaco
RispondiEliminaNon credo ci saranno a breve sconvolgimenti tali da migliorare la situazione.
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