Articolo da UniTrentoMag
Come convincere le persone a portare a casa il cibo avanzato e ridurre lo spreco alimentare. Lo spiega uno studio di UniTrento
Ci sono paesi come la Francia o la Spagna dove la doggy bag è diventata obbligatoria per legge. In Italia sono stati fatti un paio di tentativi in questa direzione, ma finora senza successo. E i dati che arrivano dicono che nei ristoranti italiani solo il 15,5% della clientela la chiede. Secondo l'Osservatorio Waste Watcher, nel 2024 in Italia si sprecano circa 680 grammi di cibo a testa alla settimana, pari a oltre 35 kg all'anno. Eppure, l’abitudine del contenitore usa e getta in cui mettere gli avanzi del pasto che non è stato consumato in un locale per portarlo a casa consente di risparmiare importanti quantità di cibo. Quante? E soprattutto come vincere quella sorta di imbarazzo, forse tutto italiano, nel chiedere un recipiente per portare via ciò che è rimasto nel piatto? Lo spiega un recente studio appena pubblicato dal Journal of Environmental Psychology e che ha avuto la supervisione scientifica di Nicolao Bonini, responsabile del laboratorio di Neuroscienze del Consumatore (NCLab) del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento.
Il team di ricerca ha condotto due esperimenti sul campo,
coinvolgendo più di 1.300 clienti in due diversi ristoranti del Nord
Italia. L’obiettivo: capire se semplici messaggi posizionati
sui tavoli potessero incentivare l’uso della doggy bag, riducendo così
il cibo buttato. Durante lo studio sono stati analizzati due diversi
tipi di comunicazione. In alcuni tavoli era presente un messaggio
diretto e imperativo: "Chiedi la doggy bag al tuo cameriere". In altri
casi, si proponeva un invito più articolato, che faceva leva sul
comportamento degli altri: "Il 70% degli italiani chiede la doggy bag.
Fallo anche tu".
Nel primo caso quindi il messaggio era basato solo su un imperativo. Nel
secondo caso il testo era caratterizzato da una norma sociale (“Un
recente sondaggio Coldiretti mostra che una percentuale
significativamente crescente di italiani utilizza sacchetti per portare a
casa il cibo non consumato”) abbinata a un imperativo (“Chiedete al
cameriere un sacchetto per il cibo”).
Risultato? Entrambe le strategie si sono rivelate efficaci.
Ma si dimostra che interventi imperativi più semplici e meno dipendenti
dai dati possono ridurre efficacemente la quantità di cibo buttata via e
offrire una guida pratica per stimoli comportamentali scalabili.
In media, si è registrata una riduzione dello spreco di circa 20 grammi
di cibo a piatto, che – moltiplicati per centinaia di clienti ogni
giorno – possono fare una differenza significativa su scala più ampia.
«Non parliamo di obblighi né di incentivi economici – sottolinea Nicolao
Bonini – ma di piccoli “nudge”, cioè spinte gentili che orientano il comportamento senza imporre nulla. È un concetto introdotto dagli studi del premio Nobel Richard Thaler e che stiamo applicando anche in ambito ambientale».
Fonte: UniTrentoMag







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