Articolo da Nurse24
L’8° Rapporto GIMBE fotografa un SSN in affanno strutturale. Dopo anni di pandemia e inflazione, il finanziamento pubblico non tiene il passo dei bisogni, cresce la spesa privata, si allargano i divari territoriali e il personale sanitario è allo stremo. Dietro i numeri, una domanda: riuscirà l’Italia a garantire cure pubbliche, eque e universali?
Il Fondo sanitario nazionale è insufficiente
Negli ultimi tre anni, il Fondo sanitario nazionale (FSN) è cresciuto nominalmente, da 125,4 miliardi nel 2023 a 136,5 nel 2025, ma il valore reale si è eroso sotto la spinta di inflazione e rincari energetici.
In rapporto al PIL, il finanziamento pubblico scende dal 6,3% del 2022 al 6,1% del 2025. Tradotto: meno risorse effettive per un sistema con bisogni crescenti.
Le proiezioni della manovra economica non lasciano margini di ottimismo. Entro il 2028, il rapporto FSN/PIL potrebbe calare al 5,8%, mentre i fabbisogni sanitari tendenziali indicano uno scarto fino a 13 miliardi di euro.
Il risultato? Regioni costrette a scegliere fra due strade impopolari: aumentare le tasse locali o tagliare servizi ai cittadini.
Livelli essenziali di assistenza: la frattura Nord-Sud
Nonostante l’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2025, del Decreto Tariffe che rende finalmente esigibili le nuove prestazioni ambulatoriali e protesiche, l’aggiornamento dinamico dei LEA è ancora in stallo.
Il monitoraggio 2020–2023 del Nuovo Sistema di Garanzia mostra che solo 13 Regioni risultano adempienti nel 2023, con peggioramenti in otto territori. La geografia dell’assistenza resta diseguale: il Nord adempiente, il Sud in difficoltà cronica.
A peggiorare il quadro, la mobilità sanitaria: nel 2022 i cittadini hanno speso oltre 5 miliardi di euro per curarsi fuori regione, quasi un quarto dei quali in strutture private accreditate. È il segno di un SSN che non garantisce gli stessi diritti di salute da Milano a Palermo.
Una spesa costituzionalmente necessaria
Negli ultimi anni la giurisprudenza ha chiarito un principio fondamentale: i LEA sono spesa costituzionalmente necessaria. In altre parole, non possono essere compressi per esigenze di bilancio.
Una serie di sentenze della Corte costituzionale ha ribadito che la tutela della salute non è un diritto “finanziariamente condizionato”. Le Regioni e lo Stato devono garantire i LEA anche in presenza di vincoli economici, tagliando altre spese se necessario.
Questo orientamento ha un impatto concreto: spinge Governo e Regioni a riconsiderare le priorità di bilancio e a garantire prima i diritti essenziali, poi tutto il resto. Ma serve anche un sistema di monitoraggio trasparente e continuo, che oggi manca.
Il riconoscimento dei LEA come spesa prioritaria implica anche la tutela del personale necessario a garantirli. Ogni livello essenziale, infatti, ha un corrispettivo organizzativo: per assicurarlo servono organici e competenze. La carenza di infermieri mette a rischio non solo i servizi, ma la stessa applicazione del principio costituzionale.
Autore: Silvia Fabbri

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Articolo tratto interamente da Nurse24







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