Articolo da UnifiMagazine
Uno studio pubblicato su The Lancet Planetary Health ha stimato come una maggiore presenza di piante nelle aree urbane avrebbe evitato oltre un milione di decessi in 20 anni
Più alberi in città, più vite salvate. Sarebbe bastato aumentare la vegetazione urbana del 30% nelle città europee per evitare in 20 anni quasi 400mila decessi dovuti alle temperature eccessive. Un numero ancora maggiore di vite sarebbe stato salvato in Asia. Basti pensare che tra il 2000 e il 2019 il caldo ha causato in media 500mila decessi all’anno, rappresentando lo 0,91% della mortalità globale sul pianeta.
A indicare “lo scudo verde” come salvifica difesa per limitare i decessi causati ogni anno dall’aumento delle temperature globali e dalle ondate di calore è lo studio pubblicato su The Lancet Planetary Health, intitolato titolo “Estimating the urban heat-related mortality burden due to greenness: a global modelling study”.
Francesco Sera, docente Unifi di Statistica matematica presso il Dipartimento di Statistica, Informatica, Applicazioni ‘G. Parenti’ (DiSIA), ha partecipato allo studio coordinato dalla Monash University, supervisionando la gestione dei dati e i metodi statistici utilizzati nell’indagine. I ricercatori hanno utilizzato i dati del Multi-Country Multi-City (MCC) Collaborative Research Network, valutando come l’aumento della vegetazione urbana possa influire sulla mortalità legata al calore. Questi risultati sono stati utilizzati per predire, in oltre 11.500 aree urbane del pianeta, gli effetti di incrementi delle aree verdi in ambito urbano,
“Questo è il primo studio a stimare gli effetti del verde urbano sia per quanto riguarda il raffreddamento che la variazione della relazione tra temperatura e mortalità – spiega Sera –. Attraverso un modello di simulazione avanzato, abbiamo stimato che incrementare la copertura verde urbana del 30% avrebbe potuto salvare nei due decenni considerati fino a 1,16 milioni di vite in tutto il mondo. Una riduzione della mortalità dovuta al caldo di oltre il 36%. Nello specifico – aggiunge – si sarebbero registrati 396.955 decessi in meno in Europa (di cui 37.616 in Italia), 527.989 in Asia, 123.085 in America Latina e Caraibi, 69.306 in Nord America, 35.853 in Africa e 2.733 in Oceania”.
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Fonte: UnifiMagazine
Autore: Giovanni Gaeta
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Articolo tratto interamente da UnifiMagazine







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