Privacy e cookie policy

mercoledì 7 maggio 2025

La lotta contro la violenza di genere



Articolo da L'Ordine Nuovo

Il fenomeno della violenza di genere è un tema all’ordine del giorno, tanto più a seguito di diversi casi brutali di femminicidio che hanno riempito le pagine di cronaca, scosso intere comunità studentesche e cittadine, provocato partecipate manifestazioni di rabbia nelle scorse settimane.

La narrazione sostenuta dai partiti di centro-destra e centro-sinistra si focalizza su aspetti esclusivamente repressivi e moralistici. Al contrario , è indispensabile riflettere su alcuni fenomeni che contraddistinguono la nostra società, nella quale le differenze di genere, in molti casi legate a pregiudizi e stereotipi, sono spesso fonte di discriminazione, effettuata anche dalle corti e dalle istituzioni.

Uno degli ultimi casi di violenza di genere, avvenuto lo scorso 7 aprile in Colombia, deve risvegliare le coscienze. Le immagini diffuse online mostrano esplicitamente una donna trans, Sara Millerey González Borja[1], brutalmente aggredita con diverse gravi fratture e gettata viva in un torrente, mentre vari individui si limitavano a fotografare la scena. La sofferenza di Sara e la malvagità degli aggressori e di chi guardava ma non reagiva dimostrano che le denunce  e le sentenze non sono sufficienti. È necessario agire con coraggio, lottando per affermare  la libertà di vivere senza costrizioni la propria sessualità ed esprimere amore liberamente. Dobbiamo affermare con forza che senza organizzazione non si va da nessuna parte, non è sufficiente la sensibilizzazione individuale: la conquista e la difesa dei diritti sono una questione sociale e per cambiare contesti di disagio, discriminazione e violenza  occorrono iniziative collettive coordinate.

Quando parliamo di violenza di genere non possiamo dimenticare le donne palestinesi, costrette a vivere sotto un regime genocida e fascista, dal quale subiscono violenze e forme di oppressione in maniera estrema e particolarmente dolorosa: ogni giorno diverse di loro vengono violentate ad ogni età e non vengono nemmeno considerate esseri umani  ma animali.

Un altro esempio, più vicino a noi, è il caso di Giulia Cecchettin, con sentenza della Corte di Assise di Venezia, 8 aprile 2025 (ud. 3 dicembre 2024), n. 2/2024 (Presidente dott. Manduzio, Estensore dott.ssa Zancan). Dopo oltre un anno di indagini, Filippo Turetta è stato riconosciuto colpevole del suo omicidio, confermato anche da lui in tribunale. Tuttavia, non sono state incluse le aggravanti per atti persecutori e crudeltà. Da un punto di vista giuridico, la sentenza mostra senza dubbio un passo avanti, con un riconoscimento dell’esistenza e della gravità di una serie di fenomeni che caratterizzano la violenza contro le donne[2]. Per quanto riguarda gli atti persecutori, è interessante notare una cosa: se leggiamo la sentenza vengono riportati dei fatti che motivano l’esclusione della relativa aggravante. Questi fatti sono le testimonianze dei familiari e amici e di Giulia stessa, che si fidava, a quanto pare, ed è morta proprio perché si è fidata. Il fatto che non sempre ci sono dei “segnali a cui stare attente”, come spesso viene ripetuto quasi a scaricare sulle donne stesse la responsabilità dell’accadimento di queste tragedie, smonta l’idea che la violenza di genere possa essere evitata con le sole “precauzioni” prese dalle donne stesse. Inoltre, un’altra cosa che si potrebbe commentare è il fatto che la sentenza mette in luce la “mente fredda” e la premeditazione di Turetta, al di là dello stereotipo del raptus. Il mancato riconoscimento dell’aggravante della crudeltà, invece, anche qualora fosse corretto secondo l’attuale impianto legislativo, come evidenziato anche da autorevoli fonti[3], mostra l’inadeguatezza di un modello che non è in grado di punire simili atti di crudeltà per come sono concepiti, ormai, dal senso comune.

Non possiamo più far passare il messaggio secondo cui una simile ferocia non è un atto di crudeltà, non considerare il peso di 75 coltellate inferte in più fasi dell’aggressione che, come dichiara la sentenza, è durata circa 20 minuti. Non possiamo, per diversi motivi, nasconderci dietro lo scudo delle definizioni giurisprudenziali[4]. C’è oggi, infatti, una contraddizione tra la concezione minimale e astratta di “crudeltà” che è riportata dalla Cassazione – «condotta che va oltre il processo causale che porta alla morte della vittima» – e la concezione comune. Una contraddizione che, ora, ha anche un’importanza sostanziale. In altre parole: se fossimo in un’epoca, come il Medioevo, nel quale l’assassinio era un atto utilizzato con frequenza per risolvere dispute e questioni personali, questa definizione sarebbe stata probabilmente più consona. Oggi, invece, non è sufficiente per riflettere tutti gli aspetti umani e sociali per cui un assassino può essere effettivamente crudele (freddezza, consapevolezza, durata prolungata dell’attacco e della sofferenza inferta, coscienza di tradire la fiducia di una persona, e così via).

Ci chiediamo se non sia il momento di fornire a ogni individuo la possibilità di comprendere come evolvono i rapporti e diffondere una cultura del rispetto e dell’eguaglianza tra i sessi e i generi nelle strade e nelle scuole. Dall’inizio del 2025 fino all’8 aprile si sono verificati 16 femminicidi, 2 suicidi di donne, 1 suicidio di un ragazzo trans, 1 suicidio di una persona non binaria, 4 casi in fase di accertamento[5].

Le vittime recenti di casi di violenza contro le donne includono Sara Campanello e Ilaria Sula, mentre centinaia di aggressioni domestiche denunciate non trovano riscontro effettivo e diversi casi di stalking, anche denunciati, non ricevono adeguate tutele, finendo addirittura in femminicidi che potevano e dovevano essere evitati[6]. Le misure di sicurezza nei confronti delle donne sono inefficaci e le istituzioni, più che tutelare i minori con la prevenzione del disagio familiare, tendono a compromettere le relazioni e favorire economicamente cooperative e associazioni assistenziali a cui vengono affidati i minori.

Continua la lettura su L'Ordine Nuovo

Fonte: L'Ordine Nuovo

Autore: 
Chiara Rapiti - Redazione

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia.

Articolo tratto interamente da 
L'Ordine Nuovo


Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono in moderazione e sono pubblicati prima possibile. Si prega di non inserire collegamenti attivi, altrimenti saranno eliminati. L'opinione dei lettori è l'anima dei blog e ringrazio tutti per la partecipazione. Vi ricordo, prima di lasciare qualche commento, di leggere attentamente la privacy policy. Ricordatevi che lasciando un commento nel modulo, il vostro username resterà inserito nella pagina web e sarà cliccabile, inoltre potrà portare al vostro profilo a seconda della impostazione che si è scelta.