Articolo da Mundiario
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Le piogge torrenziali hanno distrutto migliaia di negozi e lasciato le famiglie senza un riparo sicuro in una Gaza devastata, dove la carenza di rifornimenti e il blocco degli aiuti stanno moltiplicando l'impatto della tempesta. Questa emergenza rivela un collasso umanitario duraturo.
La tempesta Byron ha devastato Gaza con una forza che, in qualsiasi altro luogo minimamente preparato, sarebbe stata dura ma gestibile. Lì, tuttavia, è stata letale. In sole 24 ore, otto persone sono morte, tra cui tre bambini, e oltre 27.000 tende sono state rese inagibili. Le autorità segnalano oltre 4.300 richieste di aiuto, un volume enorme per le squadre di soccorso che lavorano quasi esclusivamente a mano, perché l'ingresso dei macchinari pesanti rimane bloccato. Per capire perché una tempesta provochi una tragedia di questa portata, bisogna guardare oltre le nuvole: l'impatto è così devastante perché si abbatte su un territorio deliberatamente reso inabitabile.
Dopo oltre due anni di distruzione sistematica, oltre il 90% degli edifici nella Striscia di Gaza è danneggiato o demolito. Centinaia di migliaia di persone vivono tra queste rovine, affidandosi a teloni, strutture di legno improvvisate e strutture recuperate dalle macerie. Quando il vento si alza, le persone sostengono i pali a mani nude per impedire che le tende vengano abbattute. È un'immagine che raffigura molto più di una tempesta: è una metafora di una vita sostenuta dal puro sforzo umano di fronte a un ambiente in rovina.
Infrastrutture sotto assedio
Le morti per ipotermia – tra cui la piccola Hadil al-Masri di nove anni e il piccolo Taim al-Jawaja – non sono attribuibili esclusivamente al freddo, ma anche alla quasi totale assenza di beni di prima necessità. Le Nazioni Unite stimano che siano necessari oltre 300.000 rifugi dignitosi. Tuttavia, legname, pannelli di rinforzo, pompe idrauliche e attrezzature di soccorso rimangono bloccati. La motivazione ufficiale è quella di impedire che questi materiali cadano nelle mani delle milizie palestinesi. Il risultato pratico è che la popolazione civile paga con la propria vita la paralisi delle decisioni prese lontano dal fango e dal vento.
In città come Beit Lahiya, dove il crollo di una casa ha causato cinque morti, i video mostrano i residenti che scavano con pale e una semplice smerigliatrice angolare nel tentativo di raggiungere le persone intrappolate. È un esempio che riassume la situazione: non ci sono risorse per affrontare le emergenze prevedibili, e questo aggrava ogni tragedia, trasformandola in una catastrofe ancora più grande.
L’impatto sulla salute e la domanda che non possiamo evitare
Oltre alla distruzione e al freddo, c'è un crescente rischio per la salute. L'OMS avverte di un aumento di infezioni respiratorie, influenza, epatite e malattie diarroiche, causato dalla mancanza di acqua pulita e servizi igienici. È un circolo vizioso: la distruzione facilita le malattie; le malattie esacerbano la vulnerabilità; la vulnerabilità rende mortale persino la pioggia.
La domanda fondamentale è semplice ma impellente: quanta distruzione può assorbire una popolazione prima che il mondo riconosca che l'emergenza umanitaria richiede più di semplici dichiarazioni e visite diplomatiche? Le tempeste sono inevitabili; la negligenza no. Le soluzioni consistono nel consentire l'ingresso di materiali per la ricostruzione, garantire corridoi di aiuti sicuri e istituire meccanismi che diano priorità alla sopravvivenza della popolazione civile rispetto a considerazioni politiche o militari.
La tempesta Byron passerà, come tutte le tempeste. Ciò che non scomparirà da sola è il profondo deterioramento che ne moltiplica i danni. E finché la comunità internazionale non agirà con la stessa forza che pretende dagli altri, Gaza rimarrà un territorio in cui una semplice pioggia diventa un brutale promemoria di tutto ciò che non si sta facendo per prevenirla. @mundiario
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Fonte: Mundiario
Autore: Víctor García Marrero

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