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Il rastrellamento del Quadraro, nome in codice operazione Balena (in tedesco Unternehmen Walfisch), fu un'operazione militare tedesca, effettuata il 17 aprile 1944, ai danni della popolazione del quartiere, situato alla periferia sud di Roma, durante la seconda guerra mondiale.
Il quartiere popolare del Quadraro era noto come covo di partigiani, di renitenti alla leva, di sabotatori e di oppositori al regime. Le truppe tedesche dapprima assediarono il quartiere e, dopo un rastrellamento in cui vennero arrestate circa duemila persone, ne deportarono nei campi di concentramento in Germania almeno 683, come risulta dall'unico elenco attendibile dei deportati, all'epoca compilato dal parroco Don Gioacchino Rey[1].
I tedeschi progettarono inizialmente l'eliminazione dei prigionieri, ripiegando successivamente sulla loro deportazione in Germania. Questi prigionieri, trasformati in “lavoratori volontari”, furono ricordati successivamente come "gli schiavi di Hitler"[2].
L'episodio, a Roma, in quanto a dimensioni, è paragonabile al rastrellamento del Ghetto del 16 ottobre 1943, che comprese 1.259 arrestati[3], di cui 1.023 appartenenti alla comunità ebraica[4].
Ciò che fece crescere la tensione nel rapporto tra la popolazione romana e gli occupanti fu, oltre che all'inasprimento dei metodi repressivi da parte delle truppe tedesche, la sempre più forte paura di una escalation della guerra con l'imminente arrivo degli alleati e la carenza di viveri, visto che i bombardamenti degli alleati avevano obbligato i tedeschi ad usare principalmente il trasporto su gomma per il trasporto della merce.
Il 31 marzo fu presa una misura drastica per indebolire tutte le frange ribelli disseminate nelle periferie romane. Il comando tedesco anticipava l'ora del coprifuoco alle 16,00 agli abitanti dei quartieri Quadraro, Torpignattara, Centocelle e Quarticciolo[5]. In effetti proprio in quel periodo il susseguirsi di sommosse e ribellioni da parte della popolazione romana, esasperata dalla propria condizione di vita, era quasi all'ordine del giorno.
Ma molto probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso fu un clamoroso episodio avvenuto il 10 aprile in una trattoria di Cinecittà (la trattoria di Gigetto in via Calpurnio Fiamma). Nel pomeriggio del lunedì di Pasqua Giuseppe Albano, detto il "gobbo del Quarticciolo" assalì con la sua banda alcuni soldati tedeschi. Tre di questi vennero freddati a bruciapelo, provocando l'ira del comando tedesco a Roma[6].
Kappler, deciso nel voler dare un'altra lezione al popolo romano, dopo quella delle fosse Ardeatine del 24 marzo, organizza, in tutta segretezza il piano Unternehmen Walfisch (in italiano Operazione Balena): un piano che prevedeva il rastrellamento, che verrà eseguito la mattina del 17 aprile, e la deportazione in Germania della popolazione del Quadraro, quartiere alle porte di Roma[7].
Per portare a compimento l'operazione, Kappler impiegò un imponente schieramento di uomini e mezzi. Questo fu dovuto al fatto che le strade del Quadraro erano fino ad allora apparse sicure per i suoi abitanti, al punto che vi si poteva circolare liberamente senza il timore di incontrare dei soldati tedeschi o qualche fascista: nessuno degli occupanti poteva essere così sprovveduto da addentrarsi da solo per quelle vie, che ad ogni angolo potevano nascondere un partigiano.
Il 17 aprile, verso le 4 del mattino, le truppe tedesche circondarono l'intero quartiere, bloccando ogni via di accesso e di uscita[8]. Successivamente i soldati, guidati da Kappler, coadiuvati dalla Gestapo, dalle SS e dalla Banda Koch, iniziarono le perquisizioni, passando al setaccio il quartiere casa per casa.
Le circa 2000 persone rastrellate durante la mattinata[6] (tutti uomini tra i diciannove e i cinquanta anni) furono portate al cinema Quadraro per essere schedati. Dopo ore di attesa, ammassati e trattati come bestie, vennero caricati su dei camion e portati a Cinecittà[8], per la selezione. Alcuni riuscirono a fuggire e molti tra gli scartati vennero arrestati.
Il giorno stesso del rastrellamento i tedeschi resero pubblico il seguente comunicato intimidatorio:
«Avvertimento alla cittadinanza romana. La dura risposta germanica che, pur troppo, ha dovuto far seguito al delitto consumato in via Rasella,
ha trovato evidentemente in alcuni ambienti poca comprensione. Nel
lunedì di Pasqua, nuovamente, parecchi soldati germanici sono caduti
alla periferia di Roma, vittime di assassini politici. Gli attentatori
riuscivano a rifugiarsi, senza essere riconosciuti, nei loro nascondigli
in un certo quartiere di Roma dove loro trovavano protezione verso i
loro compagni comunisti.
Il Comando superiore germanico è stato perciò costretto ad arrestare nel detto quartiere tutti i comunisti...
La
popolazione di Roma comprenderà queste misure. Essa potrà evitarle in
avvenire partecipando attivamente alla lotta contro la delinquenza
politica e informando il Comando superiore germanico...
Chi si sottrae a questo obbligo si rende complice...[9].»
Secondo Claudio Fracassi, questo comunicato «rivelava nello stesso tempo l'impotenza e la rabbia degli occupanti, ormai isolati da una città che, come era nei propositi dei ribelli, stava rendendo loro la vita impossibile»[10].
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