giovedì 18 aprile 2024

Pesticidi, inquinamento e i danni a livello neurologico



Articolo da CRS - Centro per la Riforma dello Stato

I pesticidi sono prodotti dalle grandi compagnie di idrocarburi e contribuiscono a loro volta al cambiamento climatico e all’inquinamento ambientale. Un circolo vizioso che ha come ulteriore conseguenza il forte aggravio di malattie come il Parkinson e l'Alzheimer. 

Le immagini hanno fatto il giro del mondo: centinaia di trattori in tutta Europa in marcia verso le grandi città per difendere la categoria degli agricoltori, minacciata – a suo dire – dalla burocrazia e dai regolamenti recentemente adottati dall’UE, ritenuti rischiosi per la sopravvivenza di questo settore produttivo. A ben vedere, il bersaglio principale della rivolta era il pacchetto di norme ambientali approvate da Bruxelles (il c.d. Green Deal europeo) pensate per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050: taglio dell’uso dei pesticidi del 50% entro il 2030, riduzione dell’uso dei fertilizzanti del 20%, aumento dei terreni da lasciare a riposo e raddoppio della produzione biologica.

Di fronte al dilagare della protesta, ancora una volta le istituzioni si sono piegate, tanto è vero che la presidente Ursula von der Leyen ha promesso una serie di concessioni sulla riduzione delle emissioni di gas serra diversi da CO2 e, con effetto immediato, ha deciso di abrogare il regolamento messo a punto nel 2023, noto con l’acronimo di SUR (Sustainable Use Regulation of Plant Protection Products), che prevedeva appunto il dimezzamento dell’uso di pesticidi entro il 2030.

Un grave errore, frutto ancora una volta della miopia di una politica che di fronte a rivendicazioni di chiara matrice corporativa non esita a chiudere gli occhi su un grave problema di salute pubblica: vi sono infatti prove inconfutabili del fatto che i pesticidi chimici siano una delle fonti di inquinamento principali dell’acqua e del suolo, nonché responsabili di svariate malattie croniche nell’uomo, dai tumori1 alla malattia di Parkinson (MP)2.

Pesticidi e cambiamento climatico

Esiste un circolo vizioso tra l’uso indiscriminato di pesticidi e i cambiamenti climatici. Secondo un documento di Pesticide Action Network (PAN), una rete mondiale di oltre 600 fra istituzioni, organizzazioni non governative e singoli individui che si occupa di tutela ambientale in 60 Paesi, i pesticidi sono un fonte rilevante di gas serra3. Questo perché la quasi totalità dei prodotti chimici di sintesi, compresi i pesticidi, deriva da combustibili fossili e diverse grandi compagnie petrolifere sono coinvolte nella loro produzione. Analogamente, imballaggio, trasporto e smaltimento di sostanze chimiche producono emissioni di gas serra e aggravano il degrado ambientale e il riscaldamento globale. Ma c’è di più: il contributo dei pesticidi all’aumento della temperatura terrestre genera a sua volta un aumento dei parassiti nell’ambiente e una parallela riduzione della resilienza delle colture, innescando un circolo vizioso che richiederà quantità sempre maggiori di composti chimici. Senza dimenticare che l’uso indiscriminato di questi prodotti, come accade fra antibiotici e batteri, induce il fenomeno della resistenza di insetti ed erbe infestanti ad erbicidi e insetticidi, con la necessità di sintetizzare nuovi composti ancora più potenti.

Si noti fra l’altro che, stando al rapporto del WWF “Pesticidi: una pandemia silenziosa”, l’Italia risulta il sesto Paese al mondo per il loro utilizzo, con quasi 400 diverse sostanze per un totale di 114.000 tonnellate all’anno4.

Pesticidi e neuropatologia

Il glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo, ha un’impronta di carbonio (cioè, la stima della quantità di carbonio emessa nell’atmosfera per una determinata attività) pari a 31,3 kg di CO2 per ogni chilogrammo prodotto. Secondo il PAN britannico, dal 2016 al 2020 l’uso del glifosato è aumentato del 16 per cento nel solo Regno Unito, generando 81.000 tonnellate di CO2, equivalenti a oltre 75.000 voli da Londra a Sydney.

Il glifosato ha una elevata tossicità ambientale capace di alterare la funzionalità degli ecosistemi e ridurre drasticamente la biodiversità5: numerose evidenze scientifiche indicano che questo composto è in grado di innescare una reazione infiammatoria nei tessuti con i quali viene in contatto, favorendo lo sviluppo di patologie neoplastiche, cerebrovascolari6 e, soprattutto, di malattie neurodegenerative quali l’Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA). L’ultimo studio disponibile, appena pubblicato da ricercatori della Washington University School of Medicine, svela il meccanismo attraverso cui questo veleno, agendo primitivamente sulla flora batterica intestinale, favorirebbe il trasporto di sostanze tossiche al cervello in grado di innescare successivamente una reazione infiammatoria nelle cellule nervose7. Non a caso, in un comunicato emesso nel febbraio di quest’anno, la Società Italiana di Neurologia, in coerenza con l’adesione alla campagna sulla salute del cervello “One Brain, One Health”, ha auspicato che si faccia buon uso delle regole introdotte dal Green Deal, prime fra tutte quelle per un uso responsabile dei pesticidi, perché solo così si può garantire un normale sviluppo del sistema nervoso cerebrale nei bambini senza aumentare il rischio di malattie neurologiche negli adulti e negli anziani.

La MP, malattia cronica progressiva che affligge milioni di persone in tutto il mondo, è, ad oggi, la patologia maggiormente indiziata di possedere un rapporto di causalità con l’esposizione a pesticidi, ma anche, più in generale, ad insetticidi, solventi e metalli pesanti come arsenico, cadmio, mercurio, manganese e piombo. Diversi studi epidemiologici segnalano un aumento del rischio sia per le popolazioni che vivono in ambienti rurali8,9, sia per gli operatori direttamente impegnati nel settore agricolo10, tanto da portare alcuni ricercatori a considerare la MP come una malattia professionale specifica del settore11.

Ultima evidenza in ordine di tempo, fra le più esaustive e convincenti, è quella presentata al meeting annuale dell’American Academy of Neurology12, relativa ad uno studio condotto in una vasta area geografica estesa fra le Montagne rocciose e le Grandi pianure degli Stati Uniti, dove l’analisi delle cartelle cliniche di una popolazione di oltre 21 milioni di abitanti ha evidenziato che i residenti nelle contee con i più alti livelli di esposizione ai pesticidi hanno un rischio maggiore di sviluppare la MP rispetto a quelli delle aree a bassa esposizione. Nella fattispecie, i ricercatori hanno identificato 14 pesticidi ed erbicidi associati alla MP.

Grazie a uno studio dell’Università della California, conosciamo ora anche il meccanismo molecolare che porta alla degenerazione delle cellule cerebrali, che sarebbe mediato dal blocco dell’attività di un enzima presente nei neuroni, chiamato aldeide deidrogenasi, che aumenta la suscettibilità a sviluppare la malattia13.

Ma i danni provocati dai pesticidi in ambito neurologico non si fermano qui, poiché i loro impiego è stato ripetutamente correlato a un possibile aumento del rischio di sviluppare altre due patologie gravemente invalidanti quali la sclerosi multipla14 e la SLA, sulla quale vi sono anche studi effettuati in Italia15-17.

Infine, alcune osservazioni sono state condotte anche sul possibile ruolo eziologico dell’esposizione cronica ai pesticidi sullo sviluppo di demenza18, in particolare della malattia di Alzheimer19,per quanto in questo contesto le evidenze scientifiche siano al momento meno numerose e conclusive rispetto alle altre patologie neurodegenerative.


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Fonte: CRS - Centro per la Riforma dello Stato


Autore: 
Giancarlo Bausano

Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da CRS - Centro per la Riforma dello Stato



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