lunedì 7 marzo 2022

La storia di Aleksandra Kollontaj



Articolo da Enciclopedia delle donne

Aleksandra Michajlovna Kollontaj, nata Domontovič, è stata una rivoluzionaria marxista e la prima donna al mondo a diventare ministro di governo; la sua riscoperta si deve agli studi di ispirazione femminista, che hanno riconosciuto nel suo itinerario tutto politico, la centralità di una riflessione sulla specifica liberazione femminile come occasione di una nuova esperienza delle relazioni, e di una rinnovata e rivoluzionaria possibilità dell’amore.

La centralità politica,  insomma, della liberazione delle donne.
Aleksandra nacque a San Pietroburgo il 31 marzo del 1872 in una famiglia benestante. Il padre era un generale di Stato Maggiore zarista, proprietario terriero di antico e nobile lignaggio, la madre era figlia di un facoltoso commerciante di legname.
L’infanzia e l’adolescenza di Sura, come la chiamavano in famiglia, furono simili a quelle di tutte le ragazze dell’alta società russa. Studiò privatamente con un’istitutrice, Marija Strachova, legata segretamente ai circoli rivoluzionari, e si diplomò a sedici anni. Aveva ricevuto un’ottima istruzione e parlava diverse lingue straniere.

Contrariamente ad altre protagoniste del movimento rivoluzionario russo non abbracciò in gioventù le teorie rivoluzionarie. Nel suo diario scrisse: “La vita comoda mi piacque fin dall’infanzia, ma sapere che altri soffrivano la fame mentre io stavo bene mi addolorava terribilmente”. 

Rifiutò un matrimonio di convenienza con un alto ufficiale attendente dello zar e nel 1893, contro la volontà dei genitori, sposò un lontano cugino, l’ingegnere Vladimir Kollontaj, dal quale ebbe un figlio Michail, separandosi di fatto dopo 3 anni perché considerava soffocante una vita esclusiva di moglie e di madre. Nella sua autobiografia pubblicata nel 1926 in Germania, la Kollontaj sostiene che: “Ebbi un bimbo, ma, nonostante mi sia dedicata a lui con molta cura, la  maternità non è mai stata il perno della mia esistenza. Un figlio non avrebbe mai potuto rendere indissolubili i legami di un matrimonio…”

Nell’agosto del 1898 si trasferì a Zurigo per seguire all’Università le lezioni di economia politica di Heinrich Herkner, marxista. L’anno successivo andò in Inghilterra per studiare il movimento operaio dove incontrò i coniugi Sidney e Beatrice Weeb esponenti di spicco del partito Laburista.

I suoi orientamenti giovanili per il populismo rivoluzionario, maturarono verso un marxismo più ortodosso e si avvicinò alle posizioni di Lenin e di Rosa Luxemburg.

Ritornata in Russia nel 1903 si separò definitivamente dal marito e cominciò a fare politica nella socialdemocrazia pietroburghese. 

Il 9 gennaio 1905 la Kollontaj era tra gli operai che marciarono verso il Palazzo d’Inverno e prese parte alle giornate che seguirono dove si distinse come brillante oratrice. Fu allora che conobbe Lenin. Anche negli anni che seguirono, contraddistinti dalla feroce repressione zarista, svolse un intensa attività tra le operaie di Pietroburgo. Restò fuori dalla divisione del partito Socialdemocratico in menscevichi e bolscevichi, anche se nel 1906 collaborò più intensamente con i menscevichi, criticando l’opposizione dei bolscevichi alla Prima Duma, considerata da questi uno pseudoparlamento convocato dallo Zar allo scopo di calmare le acque. La Kollontai scriverà:” Insieme con i menscevichi sostenevo l’idea che anche un parlamento formale poteva e doveva essere sfruttato come tribuna per il nostro partito e le elezioni della Duma dovevano essere usate come strumento di coagulazione della classe operaia: tuttavia dissentivo dai menscevichi per quanto riguardava il coordinamento  delle forze operaie con i liberali che, secondo i menscevichi avrebbe potuto accelerare la caduta dell’assolutismo. Su questo punto infatti mi trovavo su posizioni di estrema sinistra, tanto che mi fu affibbiata l’etichetta di «sindacalista» dai miei stessi compagni di partito”. 

Nello stesso periodo inizia ad approfondire il proprio impegno sulla questione della emancipazione e liberazione della donna pubblicando Gli elementi sociali della questione femminile. Nel 1905, a Mannheim, partecipò alla IV Conferenza femminile della Socialdemocrazia tedesca e due anni dopo a Stoccarda, alla Conferenza femminile dell’Internazionale socialista, con l’amica Clara Zetkin sostenendo il diritto al voto delle donne. Nel 1908 al Primo congresso femminile pan-russo organizzò un gruppo di lavoratrici con un proprio programma che si distingueva dal movimento femminista europeo:  Alessandra si definiva, paradossalmente,  “antifemminista” e chiamava le femministe “le nostre nemiche” perché in Russia e in gran parte del mondo socialista il femminismo era considerato una istanza borghese.

Nel 1908 venne processata per ben due volte con le accuse di aver svolto attività antigovernativa tra le operaie tessili e di aver fatto appello alla rivolta nel suo opuscolo “La Finlandia e il socialismo”. Fu quindi costretta a scappare dalla Russia ed entrare in clandestinità.

Giunta in Germania milita nel Partito Socialdemocratico e scrive sulla Pravda di Trotsky. Lavora intensamente per il giornale la “Voce delle operaie”. Al Congresso internazionale Socialista di Basilea del 1912 la Kollontaj  realizzò un piano di assistenza alla maternità che fu in parte adottato in Russia nel 1918. Nello stesso periodo è redattrice di una proposta di legge sull’assistenza sociale della maternità da presentare alla Terza Duma. Allo scoppio della guerra mondiale la Kollontai, condividendo le posizioni antimperialiste di Lenin e si era unita ai bolscevichi.

Fra il 1915 e il 1916 viaggia attraverso l’America per perorare la causa socialista e per promuovere varie conferenze di pace. Nel febbraio del 1917, quando fu abbattuto il regime zarista, la Kollontaj fece subito ritorno dall’esilio.  Viene eletta – prima fra le donne – al Comitato esecutivo del Soviet di Pietrogrado e diventa immediatamente uno dei referenti di Lenin. Con la presa del potere da parte dei bolscevichi nell’ottobre del 1917 la Kollontaj entra a far parte del governo rivoluzionario, il Consiglio dei Commissari del Popolo, e nominata commissario del popolo per l’Assistenza sociale, prima donna al mondo ad essere ministro di governo. Durante il suo incarico, decreta la distribuzione ai contadini delle terre appartenenti ai monasteri, l’istituzione degli asili nido statali e l’assistenza alla maternità. La sua opposizione alla trattato di Brest-Litovsk le costa il posto al governo. Ricorderà con amarezza l’esperienza di governo costatando che la vecchia macchina statale non fosse mai stata veramente spezzata neppure dopo l’Ottobre 1917. Fu contraria all’introduzione, voluta da Lenin, della “nuova politica economica” (NEP) dopo il fallimento del “comunismo di guerra”. 

La Kollontaj pur essendo attirata dal suo pensiero e dalle sue opere considerava il padre della rivoluzione bolscevica un leader rispettabile, ma non un idolo né un vate.
Sostenne il libero amore, nella convinzione che il matrimonio tradizionale, in una società repressiva e fondata sulla ineguaglianza tra i sessi, fosse una ulteriore produzione di sfruttamento della donna. Riteneva che la liberazione sessuale fosse una premessa necessaria alla realizzazione di una libera società socialista, e scrisse su questo tema molto come nel discorso alla gioventù Largo all’Eros alato, del 1923.
Nel 1918 Kollontaj fu tra le organizzatrici del Primo Congresso delle donne lavoratrici russe dal quale nacque lo Żenotdel, organismo per la promozione della partecipazione delle donne alla vita pubblica, per le iniziative sociali e la lotta all’analfabetismo. Grazie al suo impegno, le donne ottennero il diritto di voto e quello di essere elette, l’accesso all’istruzione, all’assistenza durante la maternità, la parità salariale; nel 1920 il divorzio  e il diritto all’aborto. Nel 1918 la Kollontaj sposa il capo dei marinai bolscevichi della flotta del Baltico, Pavel Dybenko secondo la nuova legge matrimoniale da lei stessa proposta. 

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Fonte: Enciclopedia delle donne

Autore: 
Maria Elena Dalla Gassa 


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Articolo tratto interamente da Enciclopedia delle donne 



10 commenti:

  1. La cecità nei confronti del lavoro domestico e di cura permea l’intera opera marxiana. Nell’esame scrupoloso che Marx compie delle trasformazioni dell’industria dell’epoca egli si preoccupa di dimostrare la pervasività del capitalismo, ma non pone in luce lo sfruttamento che il capitale opera nei confronti delle donne, non solo in qualità di lavoratrici salariate ma di donne in quanto subordinate agli imperativi del lavoro domestico e di cura. Come avremo modo di vedere più compiutamente, a mancare, nell’analisi marxiana, sono proprio il lavoro riproduttivo e l’analisi del contesto domestico come luogo di oppressione e sfruttamento, non solo in relazione alla sfera del lavoro salariato ma anche alla sfera del lavoro riproduttivo, estraneo a qualsiasi forma di riconoscimento salariale.

    Tania Toffanin

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    1. Il capitalismo sfrutta tutti, in maggior parte sono proprio le donne le più colpite.

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  2. SAi molte Donne con capacità eccelse, non riescono a "sfondare" perchè impedite .... indovina da chi ...........
    Ma il tuo post mi dice anche nascendo nel 1872 in un paese dittatoriale anche le Donne avevano il suo spazio se riuscivano ad "imporsi"

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    1. Ci sono state tante donne che hanno perso la vita, per far valere i propri diritti.

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  3. Grande esempio di donna. Grazie Vincenzo.

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  4. Sicuramente. ma sono cadute nel dimenticatoio di tutti

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