mercoledì 9 marzo 2022

Le conseguenze economiche della guerra in Ucraina



Articolo da Sbilanciamoci.info 

Nel reticolo di interessi dato dalla globalizzazione non è semplice definire chi è destinato a guadagnare e chi a perdere dalla guerra. Alcuni elementi però iniziano a delinearsi: l’Europa ha da perderci più di chiunque altro. E la Russia viene costretta a una alleanza più stretta con la Cina.

Questo articolo non vuole coprire tutte le tematiche economico-finanziarie legate alla guerra in Ucraina e alle sanzioni occidentali, ma guardare soltanto ad alcuni dei temi relativi, con particolare riferimento al ruolo della Cina nella crisi e, in misura minore, alle possibili conseguenze del tutto per il quadro europeo. Parte delle note che seguono, vista anche la situazione di grande confusione in atto e l’urgenza di informare, saranno dunque soggette a imprecisioni ed incertezze. 

E’ ben noto che con le guerre c’è sempre chi ci guadagna, anche molto e nel nostro caso faranno certamente salti di gioia i produttori di armi (anche noi ne abbiamo qualcuno; così, mentre la Borsa italiana crollava, il titolo Leonardo guadagnava il 15%). Macron ha già dichiarato che i 50 miliardi di euro stanziati in bilancio dalla Francia per il 2022 non bastano più, mentre, il cancelliere Scholz ha annunciato la creazione di un fondo di 100 miliardi di euro per il settore della difesa; attendiamo con impazienza un qualche annuncio italiano in proposito. Intanto partono dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti grandi carichi militari per l’Ucraina. Non mancheranno certo di arricchirsi anche i trader di prodotti energetici e agricoli, nonché di qualche minerale, oltre che, come sempre, gli speculatori di Borsa.

Un difficile equilibrio

Anche se le opinioni in merito divergono molto, la Cina per alcuni aspetti potrebbe essere danneggiata dagli avvenimenti, mentre per altri forse risulterà avvantaggiata. Il bilanciamento tra i due punti dipenderà molto da come si metteranno le cose in futuro.     

Il paese asiatico si trova in una situazione molto complessa e delicata. E’ noto come Pechino sia molto amica di Mosca, mentre meno noto è che essa intrattiene rapporti cordiali anche con l’Ucraina, essendo, tra l’altro, il primo paese importatore ed esportatore del paese europeo ora invaso, che ha anche aderito al progetto di nuova Via della Seta. Sullo sfondo c’è anche il rapporto con gli Stati Uniti, che minacciano sanzioni se la Cina aiuterà la Russia.

Il governo cinese ha dichiarato a più riprese di essere favorevole ad un meccanismo di sicurezza europeo “equilibrato”, sottolineando come appaia necessario rispettare le legittime preoccupazioni in materia di sicurezza di tutti i paesi (compresa quindi, è sottinteso, la Russia), ma nello stesso tempo ha sottolineato come bisogna anche rispettare l’integrità territoriale di tutti i paesi (compresa quindi l’Ucraina). Ricordiamo che la Cina non si intromette in generale negli affari interni di altri paesi, accusando invece i paesi occidentali di farlo continuamente. 

Quindi la Cina cerca di sostenere un ruolo di moderatore, è per una soluzione negoziale del conflitto (la stessa Ucraina le ha chiesto di provare ad aiutare il processo) e cercherà di spingere i due contendenti a trovare un’intesa, mentre ancora non è chiaro quale sia alla fine il suo reale potere negoziale. In ogni caso Pechino si trova, come al solito e ormai da tempo, al centro della scena suo malgrado e lo sarà presumibilmente ancora di più in un prossimo futuro.

 Russia-Cina: un matrimonio di convenienza e le analogie con il caso iraniano

Le apparentemente dure sanzioni Usa ed europee spingono necessariamente la Russia, come è già stato scritto, nelle braccia della Cina, anche se non è assolutamente chiaro, viste anche le minacce statunitensi e i tentativi di equilibrismo dello stesso paese asiatico, dove tale alleanza potrà arrivare operativamente e quanto la Cina vorrà e potrà fare.

Intanto le sanzioni incideranno certamente sul livello del Pil del paese. L’Iran, sottoposto a suo tempo alle sanzioni di Trump, in un primo tempo – nel 2018 e 2019 – ha visto il suo Pil pro-capite scendere del 15%, il che non è poco per un paese non sviluppatissimo, mentre l’inflazione è andata alle stelle. Poi l’economia non è collassata e si è stabilizzata ad un nuovo livello. Teheran ha continuato, tra l’altro, a esportare ogni giorno 1 milione di barili di petrolio grazie alla Cina e ad altri paesi. Un destino in qualche modo simile si potrebbe configurare per il caso russo. Qualcuno prevede per quest’anno e per la Russia una caduta del Pil in qualche modo inferiore a quella dell’Iran e che si dovrebbe aggirare intorno al 7-9%, mentre il livello di inflazione potrebbe raggiungere, secondo alcune agenzie economiche, il 17%. 

Quello tra la Russia e la Cina appare in ogni caso un matrimonio di convenienza (i due paesi non si amavano troppo, tradizionalmente), un legame nel quale i rapporti di forza sono comunque tutti a favore del secondo attore citato, che possiede una forza economica dieci volte più grande di quella russa e un livello tecnologico e finanziario almeno altrettanto superiore, anche se in alcuni settori le tecnologie russe non sono certo trascurabili. Per altro verso si tratta però di due economie complementari.

La situazione nei vari comparti    

Sul piano finanziario l’esclusione sia pure parziale dalla rete swift, considerata “l’arma nucleare” dal punto di vista finanziario, non può che portare la Russia a inserirsi nella rete autonoma cinese, la Cips, che stentava a decollare e che potrebbe ora trovare nuova linfa. La crisi potrebbe anche contribuire ad aumentare gli sforzi cinesi di rendersi sempre più autonomi dal dollaro, attivando tra l’altro ancora più velocemente il renmimbi virtuale. Ma si tratta di uno sforzo di lunga lena, che necessita tempo per essere portato a compimento. Intanto la moneta cinese continua in questi giorni a rivalutarsi contro tutte le aspettative, mentre ovviamente aumenta il suo ruolo.

Ricordiamo che l’UE è il principale partner commerciale della Russia, con quest’ultima che esporta quasi tre volte tanto verso la UE che verso la Cina, anche se gli accordi tra i due paesi mirano a portare presto l’interscambio a 250 miliardi di dollari all’anno contro i 147 miliardi del 2021. 

L’Ue è oggi il principale acquirente del gas russo, anche se proprio in queste settimane Cina e Russia si sono messe d’accordo per la costruzione di un nuovo gasdotto che porterà il gas in Cina dagli stessi giacimenti da cui esso parte oggi per l’Europa.  

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Articolo tratto interamente da Sbilanciamoci.info 

2 commenti:

  1. Propio oggi (un riportato) Draghi ha annunciato che l'Italia è alla porta della recessione.
    Ma non è difficile che sia vera la notizia.

    RispondiElimina

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