sabato 12 marzo 2022

L'eterna vita degli Scorpions

Scorpions - 01


Articolo da OndaRock

La carriera degli Scorpions, iniziata a Hannover ben prima che l'uomo sbarcasse sulla Luna, ha attraversato indenne un insieme di epoche e li ha fatti assurgere nel tempo al ruolo di icone globali della scena rock mondiale.

Idolatrati dall'America all'Estremo Oriente, possono vantare ancora oggi il numero maggiore di dischi venduti nella storia fra le rock band continentali europee. I maestri teutonici hanno intercettato i gusti del pubblico, passando con disinvoltura da pezzi di pura potenza a brani di atmosfera, da schitarrate selvagge a linee melodiche indimenticabili. Non c'è praticamente alcun gruppo o artista hard-rock sviluppatosi negli anni Ottanta che non indichi in loro un riferimento importante. La loro influenza riuscì a travalicare confini ritenuti fino ad allora invalicabili, come quando furono fra i primi gruppi rock occidentali a essere ammessi a suonare in Russia ai tempi del blocco sovietico esibendosi nell'allora Leningrado per cinque giorni di fila, in spettacoli che andarono subito sold-out all'apertura del botteghino.

Tanto affabili e tranquilli nella vita di tutti i giorni quanto straripanti e scatenati sul palco, gli Scorpions hanno incarnato al meglio le follie, gli eccessi e l'energia di un intero movimento musicale. Durante l'apice della loro carriera, riuscivano a smuovere nei loro tour folle di milioni di spettatori che rispondevano entusiasti alla chiamata alle armi (a Parigi la foga dei fan spostò il palco di oltre due metri!).
Fanno girare la testa i numeri dietro la logistica dei loro spettacoli. Solo per il tour di "Love At First Sting" negli anni 80, dovettero trasportare in giro per il mondo cinquanta tonnellate di strumentazione. Incluse non meno di diecimila corde di chitarra, letteralmente fatte a pezzi durante i concerti dalla veemenza con la quale i musicisti tedeschi frantumavano i loro strumenti.

La loro fondazione avvenne nel lontano 1965 per opera di Rudolph Schenker, giovanotto di belle speranze appassionato di musica rock, che aveva sempre vissuto in una cittadina della Bassa Sassonia nei pressi di Hildesheim. Tale località, famosa per la sua amena piazza del mercato, non si distingueva certo per vivacità culturale e divertimenti notturni. Cosicché fu alla terra di Albione che Schenker rivolgeva più volentieri le sue attenzioni. Inizialmente fu catturato dai ritmi della beat music ma non ancora ventenne rimase folgorato dal blues-rock di band come gli Yardbirds di Jeff Beck e Jimmy Page, i Pretty Things e i Cream, che proprio in quegli anni si stavano prepotentemente diffondendo dall'Inghilterra in tutto il mondo.
 
Prima degli Scorpions aveva già fondato un gruppo, i Copernicus, che proponeva cover di canzoni rock e blues. In famiglia avevano all'epoca una sola chitarra elettrica a disposizione e se la doveva dividere con il fratello minore Michael, che aveva fondato un altro gruppo, The Enervates, alla veneranda età di undici anni. Era stato proprio Rudolph a instillargli la passione per la sei corde, ma ben presto lo superò in maestria diventando un vero e proprio enfant prodige della chitarra. I rapporti fra loro non saranno sempre felicissimi, ma ci fu un periodo in cui entrambi condivisero il palco con gli Scorpions prima che Michael intraprendesse una folgorante carriera per conto proprio.

Nella formazione originaria degli Scorpions, Schenker si occupava di voce e chitarra ma la lineup fu più volte rivoluzionata. Nel solo tempo intercorso fra la creazione della band e la pubblicazione del suo primo album, sette anni più tardi, ben dieci persone presero parte al progetto e solo il batterista Wolfgang Dziony venne confermato al suo posto. Nel 1969 vennero arruolati anche Michael, Lothar Heimberg al basso e Klause Meine alla voce. Quest'ultimo accompagnerà il fondatore per tutti i successivi album della band e può essere considerato, al pari di costui, la memoria storica del gruppo.

L'album di debutto Lonesome Crow fu pubblicato nel 1972 e ottenne un buon riscontro, almeno da parte della critica, che ne lodò la compattezza del suono e la qualità strumentale incredibilmente matura per un gruppo di esordienti.
 
Le sonorità che gli Scorpions scelsero per questa loro prima fatica erano profondamente influenzate dalla musica psichedelica di fine anni 60. La title track è una lunghissima traccia di tredici minuti che inizia in modo lento e poi progredisce fra assoli di chitarra e basso verso una dimensione mistica, accentuata anche da un testo criptico e misterioso.
 
In tutte le tracce il basso e le chitarre hanno un ruolo preponderante rispetto alla voce, che spesso è presente sotto forma di urla o con tonalità inquietanti. Anche quando Meine mostra le sue abilità canore con una interessante melodia in "In Search Of The Peace Of Mind", una linea di basso minacciosa la sovrasta e fa tracimare il suono verso ritmi frenetici e deliranti.
 
In altre tracce come “I Am Going Mad” anche le percussioni contribuiscono a creare un’atmosfera molto intensa. Sicuramente il materiale proposto si distingue nettamente da tutto quello che produrranno nei successivi album e rende Lonesome Crow più gradito ai fan di gruppi come i Thin Lizzy, i primi Black Sabbath o i Doors piuttosto che a quelli degli Scorpions stessi. Ad ogni modo, fu sufficiente per convincere la band inglese U.F.O.a chieder loro di fare da gruppo spalla nel loro tour. Durante questa esperienza, il leader Phil Mogg rimase impressionato dall’incredibile talento di Michael e gli propose di unirsi a loro. Il giovane Schenker non se lo fece ripetere due volte e chiese al suo amico Uli Jon Roth di completare il tour al posto suo.

Al termine di questa esperienza, gli Scorpions sembravano ormai destinati a sciogliersi, cosicché Rudolph e Klaus decisero di unirsi ai Dawn Road's, piccolo gruppo capitanato dallo stesso Roth per continuare a suonare insieme. Curiosamente  decisero di convertire il nome della band nuovamente in “Scorpions” per sfruttare la piccola notorietà acquisita con il primo album.

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Fonte: OndaRock 


Autore: 
Fabio Ferrara



Articolo tratto interamente da 
OndaRock



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