Articolo da Vanilla Magazine
Per una sola brevissima settimana, un giovane uomo sinti, Johann Wilhelm Trollmann, riesce ad averla vinta sul valore fondante del nazismo, il razzismo.
Quel bel ragazzo bruno, dall’aspetto non certamente ariano, nasce in Germania il 27 dicembre 1907, ed è quindi a tutti gli effetti tedesco, come tutta la sua numerosa famiglia (è il sesto di nove fratelli). Prima che la Germania precipiti nell’orrore, fa in tempo a diventare una promessa della boxe nazionale e a vincere il titolo di Campione della Germania del Nord.
Già nel 1928 (anche durante l’Impero e la Repubblica di Weimar le popolazioni romaní erano discriminate) però incontra il primo ostacolo: viene escluso, per decisione del Comitato Tecnico, dalla squadra tedesca che avrebbe partecipato alle Olimpiadi di Amsterdam. D’altronde, come poteva uno zingaro dai riccioli neri e dalla carnagione olivastra rappresentare la Germania (non ancora nazista) in una competizione internazionale tanto prestigiosa?
Il pretesto, perché questo era, è lo stile stravagante e personalissimo di Trollmann: fino ad allora non si era mai visto un pugile che sul ring sembrava danzare al ritmo di una musica immaginaria, anziché mostrare muscoli e potenza alla moda tedesca. Quanto fosse avanti Trollmann nel suo modo di boxare lo dice il fatto che il suo stile sarà poi paragonato a quello del fuoriclasse assoluto, Muhammad Ali.
Comunque lui non si lascia intimorire, nonostante la stampa, con l’avvento del regime nazista, lo chiami spregiativamente Gipsy, zingaro. Soprannome che lui poi ostenterà, modificato in Gibsy, sui pantaloncini indossati durante gli incontri.
Per la sua gente invece, come per i tanti ammiratori che lo sostengono, lui è Rukeli, “albero” in lingua sinti, per via del suo corpo muscoloso e di quei riccioli neri che fanno impazzire molte donne.
Trollmann dunque non si arrende, e nel 1929 riesce a diventare pugile professionista nelle categorie dei pesi medi e mediomassimi.
Il 1930 è l’anno dei trionfi, con tredici incontri consecutivi vinti in Germania; Rukeli sembra inarrestabile: nel 1932 colleziona quattordici vittorie su diciannove incontri, ma ormai il mondo della boxe è inesorabilmente occupato dall’ideologia nazista. Lo sport cambia nome e diventa Deutscher Faustkampf, pugilato tedesco, mentre gli atleti non “ariani” vengono presto emarginati.
Qualcuno consiglia a Trollmann di emigrare negli Stati Uniti, dove è pronto ad accoglierlo una leggenda della boxe tedesca, Max Schmeling, andato oltreoceano nel 1928.
Lui però non si fa intimorire da quei funesti segnali, e non si rassegna a lasciare la Germania: la sua vita è ad Hannover, con la famiglia, e lo trattengono anche il dolce sorriso e gli occhi luminosi della giovane Olga Frieda Bilda, l’unica tra tante pretendenti che gli ha rapito il cuore.
Una scelta diversa la fa il campione tedesco dei pesi medi (nel 1931) e mediomassimi (nel 1933), Erich Seelig, che è ebreo, e per questo privato dei suoi titoli. Non solo: gli piovono addosso insulti e minacce di morte se avesse osato salire nuovamente sul ring. Seelig decide quindi di lasciare la Germania per la più accogliente Francia, poi si sposta a Londra e infine approda negli Stati Uniti, dove continua la sua carriera di pugile tra il 1935 e il 1940. Cucita ai pantaloncini ostenta una stella di David.
Il titolo dei mediomassimi deve dunque essere assegnato: l’incontro è fissato per il 9 giugno del 1933, in una storica birreria di Berlino chiamata Bock Brewery. A contendersi la cintura di campione ci sono Trollmann, lo zingaro, e l’arianissimo Adolf Witt.
A tifare per Witt ci sono decine di gerarchi nazisti, tra i quali spicca Georg Radamm, presidente della federazione di pugilato. D’altronde la boxe è lo sport preferito dallo stesso Hitler, che nel suo Mein Kampf scrive:
“Se la nostra classe intellettuale non avesse ricevuto un’educazione così raffinata, e avesse imparato la boxe, si sarebbe impedito ai lenoni, ai disertori e a una tale gentaglia di fare una rivoluzione in Germania.”
La vittoria di Witt sembra scontata (i giudici di gara sono di fede nazista): il biondo pugile è una roccia, che non si sposta dal centro del ring e scarica raffiche di pugni su Trollmann, che inizialmente sembra in difficoltà. Poi, tutta la classe, la leggerezza e lo stile da “ballerino” dello zingaro hanno la meglio sulla forza di Witt.
Quel combattimento, dove Witt sta via via avendo la peggio, non è certo una prova di Deutscher Faustkampf, di pugilato tedesco, così Radamm, che non può accettare una sconfitta dell’ariano per mano dello zingaro, induce i giudici ad emettere un verdetto di “nessuna decisione”.
Inaspettatamente però, tutti i veri amanti della boxe che assistono all’incontro non tollerano quella palese ingiustizia. Si scatena il caos: in un’aria densa dell’acre odore di birra e sudore, la folla di spettatori reclama per Trollmann il meritato titolo.
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Fonte: Vanilla Magazine
Autore: Annalisa Lo Monaco
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Articolo tratto interamente da Vanilla Magazine
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