Articolo da Peacelink
Andrés Manuel López Obrador è il nuovo presidente del Messico: troppo ampio il vantaggio sugli altri due candidati espressione del sistema, il priista Meade e il panista Anaya, perché fossero possibili i temuti brogli che in altre circostanze hanno tolto Los Pinos ad Amlo.
Inutile dire che per il Messico si
tratta di un risultato storico. Per la prima volta la sinistra ha
conquistato la presidenza di un paese occupato ininterrottamente dal
partito dinosauro Partido Revolucionario Institucional (Pri) e dal
Partido Acción Nacional (Pan). La chiusura della campagna elettorale di
Amlo, in uno stadio Azteca stracolmo, aveva rafforzato le speranze di
vittoria di una sinistra che torna ad alzare la testa nel continente,
dopo una lunga serie di sconfitte elettorali (ad eccezione del Venezuela
chavista) e colpi di stato. All’estabilishment non è bastato
negare lo Zócalo di Città del Messico al futuro presidente, mentre Anaya
e Meade erano costretti a terminare il loro tour elettorale in luoghi
chiusi, segno del forte distacco rispetto alla grande maggioranza dei
messicani e del ripudio della società civile verso quel Pacto por México
ratificato tra le elites imprenditoriali del Pri, del Pan e dell’altrettanto screditato Prd.
Il voto di punizione ai partiti
tradizionali, trasformatosi in un plebiscito per Morena (Movimiento
Regeneración Nacional), la creatura politica a cui ha dato impulso Amlo,
si è basato soprattutto sull’impegno di quest’ultimo a dare battaglia
alla corruzione, ormai diventata da anni pratica comune di panismo,
perredismo e priismo. Addirittura pare che Cambridge Analytica, nota per
aver utilizzato informazioni personali degli utenti di facebook per
influenzare il risultato delle elezioni negli Stati uniti a vantaggio di
Trump, abbia offerto oltre sette milioni di dollari al Partido
Revolucionario Institucional per creare le condizioni propizie per
favorire Meade e screditare in tutti i modi Amlo. Queste informazioni
provengono dal New York Times, che ha avuto accesso ad un documento riservato, e non da qualche organo di controinformazione o militante.
Obrador, che aveva sfiorato la presidenza nel 2006 (quando Fox si appropriò in maniera fraudolenta di Los Pinos) e nel 2012 (in quell’occasione Peña Nieto era diventato il nuovo mandatario del paese), in realtà è dovuto scendere ad alcuni patti per giungere alla guida del paese, come del resto era stato costretto a fare Lula in Brasile nel 2002, non a caso ha utilizzato per la sua campagna elettorale lo slogan Amor y Paz, lo stesso su cui era stata incentrata la vittoria dell’ex inquilino del Planalto in occasione del suo primo mandato. Ad esempio Valeriano Suárez, presidente della confindustriale Confederación Patronal, si è compiaciuto delle dichiarazioni anticorruzione di Amlo e lo stesso Financial Times ha scritto che il nuovo presidente non è così pericoloso come molti immaginano. Inoltre, il Partido Encuentro Social, di ispirazione evangelica, si è tranquillizzato per la contrarietà di Amlo all’aborto, così come ad una parte dell’oligarchia non è dispiaciuta la promessa di Obrador di non mettere in discussione la contestata Ley de Seguridad Nacional, approvata nel 2017 e volta a mantenere la presenza dei militari nelle strade aumentando i poteri e le prerogative in loro possesso.
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Fonte: Peacelink
Caro Vincenzo, chiaro e semplice questo tuo articolo, complimenti.
RispondiEliminaCiao e buona serata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Un abbraccio.
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