mercoledì 11 luglio 2018

La passione di Camille Claudel


Articolo da BiblioMediaBlog

La vita intensa e sfortunata della scultrice francese Camille Claudel è l’oggetto della bella biografia scritta dalla studiosa Odile Ayral-Clause e pubblicata in traduzione italiana da Castelvecchi.

Questo eccellente lavoro rivela i segreti della complessa arte della scultura e pone l’accento su quanto fosse complicato, per una donna, dedicarsi a tale attività nell’Ottocento.


Sfidare il buon senso – scrive l’autrice – è nella natura stessa della scultura: è un’arte faticosa, sporca e costosa. Per le donne era incomparabilmente più dura, a cominciare da particolari banali quali i capi di abbigliamento consentiti: le artiste che, per ragioni di comodità, avessero voluto vestirsi da uomo dovevano ricevere il permesso dal prefetto della Polizia. Le scultrici si trovavano quindi a portare materiali pesanti e ad arrampicarsi sulle scale con i lunghi abiti che strisciavano sul pavimento e s’impigliavano ovunque.

Camille divideva un atelier a Parigi con altre donne. Il suo talento fu notato dal grande scultore Auguste Rodin, che nel 1885 propose alla ventenne Camille di unirsi al suo atelier. Senza alcuna esitazione, né riguardo per la “decenza” della morale borghese del tempo, la giovane artista entrò così a far parte di un atelier che fino ad allora non aveva avuto che collaboratori maschi. In particolare, Rodin aveva affidato a Camille il compito di modellare con cura le mani e i piedi di molti dei suoi personaggi.

Due i tratti essenziali del carattere di Camille: la fermezza e la determinazione. Non accettava che le si mancasse di rispetto perché era giovane, né che si provasse ad intimidirla perché era donna. Non lasciava che gli altri decidessero per lei e non cambiava idea sotto pressione.

Camille divenne presto l’assistente più stimata da Rodin. Un biografo dell’epoca scrisse: “La consulta su tutto. Qualsiasi decisione debba prendere, la discute prima con lei ed è solo dopo che hanno raggiunto un accordo che lui assume una posizione definitiva”.


Il giornalista Morhardt, che ebbe spesso occasione di ammirare la passione ei Camille al lavoro, ne traccia un ritratto affascinante:

“Resta seduta sulla sua sediolina in silenzio, con aria diligente. Le interminabili chiacchiere degli oziosi la sfiorano appena. Concentrata esclusivamente sul suo compito, impasta l’argilla e modella il piede o la mano di una statuetta che ha davanti. Ogni tanto solleva la testa. Guarda il visitatore con i suoi grandi occhi chiari, accesi di curiosità e, oserei dire, di ostinazione. Poi riprende subito il lavoro che ha interrotto”.

Si è molto parlato del cosiddetto sfruttamento, da parte di Rodin, del lavoro di Camille, dal momento che, mentre lei era al suo servizio, lui terminò e firmò parecchie sue opere. Ma l’apprendistato in un atelier del XIX secolo era basato su una serie di reciproche concessioni: l’assistente imparava sotto la direzione del maestro e lavorava per lui. Tutto quello che realizzava nell’atelier apparteneva al maestro. Per questo a volte è difficile stabilire chi sia il vero autore di un’opera. Nel caso di Camille, la relazione amorosa che i due allacciarono e l’influenza che cominciarono presto a esercitare l’uno sull’altra complicarono ulteriormente la situazione. La famiglia di Camille, che temeva lo scandalo, non perdonò mai Camille per la sua relazione con Rodin. Il loro rapporto fu comunque burrascoso.

Con il passare del tempo la creatività esuberante di Camille dovette scontrarsi con i pregiudizi dell’epoca. Camille desiderava ardentemente realizzare sculture in marmo di grandi dimensioni, ma ogni volta che si rivolgeva allo Stato per ottenere una commissione riceveva risposta negativa. Quando cercò di ottenere una commessa per una versione in marmo del gruppo La Valse, una scultura di grande sensualità che rappresentava una coppia che ballava il valzer completamente nuda, l’imbarazzo fu grande. Scegliendo di rappresentare simbolicamente l’ebbrezza sessuale, Camille varcò una soglia proibita alle donne e la sua scultura fu considerata inaccettabile. La commissione promessa non si concretizzò e la versione in marmo non fu mai realizzata.

Rodin presentò Camille a tutti quelli che avrebbero potuto aiutarla nella sua carriera.


I critici la guardavano come una sorgente continua di meraviglia: “La signorina Camille Claudel ci consegna delle opere che superano, per la capacità inventiva e la potenza dell’esecuzione, tutto quello che ci si può aspettare da una donna”. E ancora, un altro critico definì Camille “il solo genio femminile nella sua arte”.

Alla lunga, Camille cominciò ad essere stanca di sentirsi dire che era una donna, che era l’allieva di Rodin e che le sue sculture avevano lo stile di Rodin. Mentre la fama di Rodin spiccava il volo, la sua restava ancorata al nome del grande scultore. Camille comprese che per essere trattata da artista a tutto tondo doveva allontanarsi da Rodin. Eppure Rodin non condivideva i pregiudizi sessisti del tempo e l’aveva costantemente appoggiata.

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