lunedì 4 gennaio 2016

In Cina i lavoratori continuano a lottare



Articolo da China Files

Secondo l'ong China Labour Bulletin – di Hong Kong - gli scioperi e le proteste a livello nazionale sono quasi raddoppiate nei primi 11 mesi del 2015 a 2.354 da 1.207 nello stesso periodo del 2014. Il Ministero del Lavoro cinese dice che 1,56 milioni di casi di cause sul lavoro sono state accettate per mediazione nel 2014, rispetto agli 1,5 milioni nel 2013.


Nel silenzio generale, dunque, i lavoratori cinesi continuano quelle lotte che hanno caratterizzato gli anni scorsi, portando anche ad importanti risultati, sotto il punto di vista degli aumenti salariali e dei diritti sindacali.
La Cina rallenta, l'industria manifatturiera paga la crisi occidentale e la «nuova normalità» - una crescita più controllata – provoca scossoni sociali non da poco. Nessuno vuole perdere le posizioni acquisite, soprattutto le grandi aziende di stato, nessuno vuole retrocedere nello status sociale. I lavoratori, in compenso, hanno ancora molto da guadagnare, essendo stati il motore del miracolo cinese.

Il Wall Street Journal ha dedicato un ampio reportage alle ultime lotte dei lavoratori cinesi, sottolineando che «la Cina non rilascia statistiche sulle chiusure delle fabbriche. Il numero di fabbriche possedute da società dislocate ad Hong Kong, nella provincia meridionale del Guangdong, dove si trova Shenzhen, è sceso di un terzo a 32.000 nel 2013 da un picco del 2006, secondo un'analisi di Justina Yung del Politecnico di Hong Kong per la Federation of Hong Kong Industries, un gruppo commerciale».

Per i lavoratori come Li, dei quali il quotidiano raccontano la storia, «tali chiusure rappresentano una promessa fallita, lo sgretolamento di un patto sociale cinese, in base al quale i migranti hanno accettato il lavoro a turni estenuanti e condizioni di vita spartane lontano da casa, in cambio di prospettive di un futuro migliore».

Disillusione e necessità di riprendere in mano il filo delle proteste per aumentare la propria qualità della vita, per non rimanere indietro, per non perdersi la possibilità di fare parte del nuovo «sogno cinese» tanto caro a Xi Jinping.

Il livello di occupazione nelle fabbriche in Cina sta scendendo da 25 mesi, in base ad un indice rilasciato dalla rivista cinese Caixin.
Il Ministero del Lavoro della Cina ha sostenuto che ci si aspetta che i livelli di occupazione rimangano stabili a breve termine, ma che l'impatto del rallentamento della Cina e la ristrutturazione non possono essere ignorati.

I ricercatori cinesi e i dirigenti aziendali sostengono  che è sempre più probabile che il governo comunista debba affrontare i disordini sociali a lungo temuti. Si tratta di un vero incubo per la dirigenza cinese.
Le autorità  hanno recentemente arrestato e interrogato più di una dozzina di attivisti per il lavoro, soprattutto nel Guangdong.
Perché alle lotte degli operai, in questa fase, il governo risponde con la repressione.


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Fonte: China Files

Autore: 
Simone Pieranni 

Licenza: Licenza Creative Commons

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Articolo tratto interamente da China Files 



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