Égalité/In Italia la diseguaglianza tra i redditi è salita dal 31,7 al 32,1%. Peggio di noi solo Gran Bretagna e Spagna. Ma il problema è strutturale
In Italia la disuguaglianza nei redditi è alta. Lo è nel confronto con la maggioranza dei paesi occidentali, in particolare europei, e lo è in base a vari indicatori di disuguaglianza. Anche la disuguaglianza nella ricchezza accumulata – ovunque molto più accentuata di quella dei redditi – è alta sebbene in questo caso il confronto internazionale sia per noi meno sfavorevole.
Questo stato di cose, contrariamente a quanto spesso si afferma, non è l’esito della crisi in atto. La disuguaglianza alta e persistente esiste, da noi, da più di un ventennio e ha resistito agli alti (pochi) e ai bassi che la nostra economia ha conosciuto in questo periodo. Essa è, dunque, un nostro problema strutturale (tra vari altri) che si iscrive nella tendenza all’aggravamento delle disuguaglianze nel lungo periodo che non è certo esclusiva del nostro paese, come ben documenta Piketty nel suo fortunato Il capitale nel XXI secolo.
È, però, interessante chiedersi quale sia stato l’andamento della disuguaglianza (sia nei redditi, sia nella ricchezza) negli anni della crisi. Purtroppo, soprattutto per i redditi, non disponiamo di dati recenti, confrontabili a livello internazionale. Quelli raccolti dall’OCSE si fermano per quasi tutti i paesi al 2011; a essi faremo riferimento, comparandoli con quelli del 2007. Per la ricchezza, invece, possiamo disporre di dati più recenti; va, comunque, ricordato che i dati relativi alla ricchezza presentano seri problemi di rilevazione e perciò risultano meno attendibili.
In base all’indice della disuguaglianza più utilizzato, il coefficiente di Gini, in Italia la disuguaglianza nei redditi disponibili (cioè al netto delle imposte e inclusivi dei trasferimenti monetari da parte dello stato) tra il 2007 e il 2011 è cresciuta dal 31,7 al 32,1%. Si tratta, dunque, di un peggioramento lieve (0,4 punti percentuali) inferiore a quello di altri paesi e soprattutto – riferendoci ai maggiori tra gli europei – di Spagna (2,9 punti percentuali), Francia (1,6), Svezia (1,4), Danimarca (1,1) e Germania (0,6). Anche negli Stati Uniti il peggioramento è stato più marcato (1,1).
Malgrado ciò l’Italia continua ad occupare una posizione poco gloriosa nella triste graduatoria dei paesi con la più alta disuguaglianza. Infatti nel 2011 tra i maggiori paesi europei hanno fatto peggio di noi solo la Gran Bretagna (e si tratta di un fatto storico) e la Spagna (qui, invece, la responsabilità è del tremendo impatto della crisi).
Il generalizzato aggravamento della disuguaglianza nei redditi disponibili sarebbe stato maggiore se il welfare state non avesse rafforzato, in quasi tutti i paesi, la sua capacità redistributiva (almeno in base ai dati di cui disponiamo) limitando l’impatto del peggioramento nella disuguaglianza dei redditi percepiti nei vari mercati (incluso quello del lavoro) sulla disuguaglianza dei redditi disponibili. Ciò indica che il perverso motore della disuguaglianza è collocato più all’interno dei mercati che non nella macchina del welfare, malgrado i suoi molti difetti.
Ad esempio, in Italia l’indice di Gini applicato ai redditi di mercato – prima di tassazione e redistribuzione –è cresciuto di 1,1 punti, quindi quasi il triplo di quello nei redditi disponibili. Anche per effetto di questo aumento, esso ha raggiunto il 50,2%, un valore davvero ragguardevole, assai vicino a quello degli Stati Uniti (50,6%). Anche in questo caso molti paesi europei hanno fatto peggio di noi, in particolare la Spagna dove l’indice è cresciuto, in modo drammatico, di ben 6,1 punti.
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Fonte: Sbilanciamoci.info
Autore: Maurizio Franzini
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Articolo tratto interamente da Sbilanciamoci.info
Sono allergica ai dati economici e alle statistiche...d'altra parte quelle di questo tipo non aggiungono nulla a quello che è ben visibile ai nostri occhi (purtroppo).
RispondiEliminaUn caro saluto Vincenzo ;-)
Pare sia oramai una missione creare uno "stato" di pezzenti (non solo economicamente)
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