giovedì 9 gennaio 2025

Emergenza idrica in Basilicata



Articolo da Rivoluzione

Da mesi in Basilicata siamo di fronte ad una crisi idrica senza precedenti, con il razionamento dell’acqua ai cittadini a ore alterne del giorno. Il paradosso è che la Basilicata è la regione con più fonti d’acqua del meridione, basti pensare che costituisce un quarto di tutto il bacino idrico meridionale, fornendo acqua anche alle altre regioni del Sud.

Abbiamo intervistato Lidia Ronzano, portavoce del Coordinamento Regionale Acqua Pubblica di Basilicata.


 

Quali sono le cause di questa crisi idrica?

Di sicuro il cambiamento climatico ha influito in tutto questo, ma non è il solo responsabile. C’è stato un serio problema di gestione della questione idrica negli ultimi cinquant’anni, che ha portato alla situazione odierna. Serve fare una breve storia della gestione dell’acqua in Basilicata per capire la malagestione e i motivi della crisi. La Basilicata è una regione molto ricca di acqua e negli ultimi cinquant’anni si è deciso di costruire dighe di accumulo. La struttura che ha gestito per tutti questi anni la captazione delle acque, fino al suo commissariamento il 31 dicembre 2023, era l’EIPLI (Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia).

In Basilicata sono stati costruiti 7 invasi, ma negli anni la gestione è stata penosa e non è stata fatta una seria manutenzione. La crisi che si è generata in provincia di Potenza è dovuta alla crisi della diga del Camastra, che riforniva di acqua potabile oltre al capoluogo anche altri 28 comuni, per un bacino di circa 140 mila abitanti. Nella diga del Camastra non sono stati rimossi i fanghi depositatisi nel corso degli anni, al punto che da 30 milioni nominali di metri cubi di invaso di acqua, si è arrivati a solo 9 milioni, con un accumulo, sul fondo, di circa 10-12 milioni di metri cubi di fanghi. Se a questo uniamo la siccità, capiamo cosa ha comportato la crisi degli ultimi mesi, con il razionamento per fasce orarie del servizio di erogazione. Va poi aggiunto il fatto che nessuna delle dighe è stata collaudata staticamente e per la sicurezza sismica e questo, in una delle regioni più sismiche d’Italia, ha contribuito alla situazione di emergenza: la Direzione Nazionale Dighe ha infatti imposto la riduzione delle acque invasate per questioni di sicurezza.

Che cosa si è fatto per risolvere l’emergenza?

La sospensione dell’acqua è arrivata fino a dodici ore al giorno nell’ultimo periodo, anche se nelle ultime settimane la situazione è un pochino migliorata per le piogge che hanno dato respiro ai bacini. Almeno nelle vacanze natalizie hanno garantito qualche ora in più di erogazione. Ad ottobre il governo ha dichiarato lo stato di emergenza e tramite un’ordinanza della Protezione Civile è stato nominato come commissario all’emergenza il presidente della Regione Vito Bardi. L’ordinanza stabiliva dei compiti urgenti tra cui cercare altre fonti e pozzi per la captazione dell’acqua, per far fronte alla crisi dell’invaso del Camastra. Ma questo non è stato fatto. Alla fine non si è cercato nulla e in fretta e furia si è deciso di ricorrere alla captazione dell’acqua del fiume Basento.

In pratica hanno garantito come acqua potabile l’acqua di un fiume, senza fare un serio studio?

Sì, esatto, ma c’è di più. Bisogna innanzitutto capire il contesto del fiume Basento, soprattutto a monte del punto di captazione. Questo fiume attraversa la zona industriale di Tito Scalo, dove è presente un SIN (sito di interessa nazionale) che da anni è in attesa di bonifica. Stiamo parlando del sito della ex Daramic, uno dei siti più inquinati d’Italia, per il quale è stata aperta un’inchiesta per disastro ambientale. Presso questo sito è stata trovata trielina con limiti superiori alla norma di 270mila volte. Nello stesso sito industriale c’è poi la ex Liquichimica, che ha tuttora delle vasche di fosfogessi, nelle quali sono presenti materiali radioattivi come il plutonio e il radio 226.

Dopo la zona industriale di Tito Scalo, il Basento passa nella zona industriale di Potenza, dove c’è la Italsider e ci sono stati sversamenti. Il Basento accoglie anche le acque del depuratore di Potenza e solo dopo c’è il punto di captazione stabilito da Bardi. Ovviamente continuano a rassicurarci che è tutto a norma, ma non è stato rispettato il minimo criterio imposto dalla legge per l’individuazione di acque a fini potabili.

Cosa avrebbero dovuto fare?

La legge prevede per i bacini superiori ai 30mila utenti campionamenti per dodici mesi consecutivi, con un campionamento al mese. Questo non è stato fatto. Nel giro di qualche settimana la potabilità è stata dichiarata con poche analisi e per assurdo le analisi sono state fatte in coincidenza con l’inizio dei lavori.

Per scegliere una fonte di acqua per usi potabili, bisogna conoscere lo stato di salute della fonte o del fiume e questo deve essere studiato nel Piano Regionale di tutela delle Acque, che in teoria doveva essere redatto entro il 2008 e revisionato ogni sei anni. Nulla di tutto questo è mai stato fatto.

Come l’hanno presa i cittadini?

I cittadini sono incazzati neri, stanno nascendo comitati in ogni comune coinvolto. Nonostante le rassicurazioni, nessuno si beve l’acqua del Basento, che viene usata solo per gli sciacquoni e la lavatrice. C’è molto fermento, al punto che ora si stanno cercando nuovi punti di captazione di acqua alternativi al Basento ed è stato scelto di individuare la zona di Marsico Nuovo in val d’Agri.


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Fonte: 
Rivoluzione


Autore: 
Enrico Duranti


Articolo tratto interamente da 
Rivoluzione.red


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