venerdì 13 settembre 2024

La storia di Manlio Gelsomini



Articolo da Sport popolare

“Questa città ribelle e mai domata, dalle rovine dai bombardamenti”: recita così una strofa del più importante canto partigiano legato al periodo della Resistenza romana al nazi-fascismo. Questo evento storico coprì un lasso di tempo che va dal 10 settembre 1943, poche ore dopo la firma dell’armistizio tra la monarchia italiana e gli anglo-americani, fino al 4 giugno 1944.

Martedì 4 giugno 2024, cadrà l’ottantesimo anniversario dalla fine di quei fatti. Un periodo che la Città Eterna ricorda con particolare commozione.

A cadere nelle mani degli occupanti tedeschi e dei loro collaborazionisti fascisti furono infatti persone di numerose etnie e appartenenti a differenti classi sociali. In quel periodo si verificò anche la più importante rappresaglia che le truppe tedesche commisero nei confronti della popolazione locale di una città occupata: l’Eccidio delle Fosse Ardeatine, datato 24 marzo 1944.

A tutto ciò i romani si opposero formando veri e propri gruppi di partigiani. I più famosi di tutti furono i cosiddetti GAP (Gruppi di Azione Partigiana) che si resero protagonisti di un altro evento cardine di quella fase storica: l’azione di via Rasella.

Oltre ai gruppi, ci furono anche diverse singole personalità che diedero il loro fondamentale contributo alla lotta di Resistenza all’ombra del Cupolone. Tra queste possiamo ricordare il giovane Ugo Forno, ultimo partigiano caduto durante la ritirata nazista nel giugno 1944, Raffaele Persichetti, la più giovane vittima della battaglia di Porta San Paolo svoltasi dall’8 al 10 settembre, ma anche Pilo Albertelli, uno dei 335 martiri delle Ardeatine a cui oggi è intitolato il liceo in cui insegnava nel rione Monti a pochi passi della stazione Termini.

Anche il mondo dello sport pagò un contributo, in termini di perdite umane, durante questi 9 mesi di occupazione. Una delle figure che, come Albertelli, trovò la morte in quel giorno di fine marzo del 1944 era Manlio Gelsomini.

Nato nel novembre del 1907 Gelsomini si avvicinò fin da giovanissimo al mondo della corsa. Fondamentale in questo suo percorso fu la figura della madre Sparta che lo educò a una educazione fisica testarda ma tenace.

Dopo essere stato ingaggiato come velocista nella sezione di atletica leggera della neonata polisportiva capitolina dell’AS Roma, mise in mostra le sue qualità nella disciplina tanto da entrare nel giro della nazionale italiana. Per poco non riuscì a qualificarsi alla decima edizione dei giochi olimpici in programma a Los Angeles nel 1932.

Assieme alla sua passione per la corsa, Manlio non rinunciò allo studio. Decise di intraprendere il corso di laurea in medicina alla università La Sapienza di Roma. Per farlo però fu costretto a iscriversi ai GUF (Gruppi Universitari Fascisti) per volere del regime salito al potere dopo la Marcia su Roma del 28 ottobre 1922.

Nel 1928 diventò campione italiano universitario nei 100 m. Nello stesso anno venne fondato il Gran Consiglio del Fascismo. Questa istituzione tentò, fin da subito, di usare il mondo dello sport, in particolare quello del cosiddetto sport giovanile, per meri fini propagandistici.

Manlio Gelsomini rappresentò da subito l’esempio di atleta perfetto per il fascismo visto che riusciva a portare avanti, con lo stesso entusiasmo, il suo percorso di laurea. E non è tutto.

Il velocista, infatti, con il passare degli anni si avvicinò anche a un’altra pratica sportiva: il rugby. In questo processo fu invece fondamentale la figura di Eric Liddell.

Anche nell’ambito della palla ovale Gelsomini diventò molto famoso nell’ambiente capitolino. Ricoprì infatti il ruolo di ala nell’altra rappresentanza sportiva della Città Eterna: la SS Lazio.

Man mano che il fascismo mostrava la sua vera natura totalitaria, Manlio iniziò a criticarlo. Decise di lasciare i GUF e di continuare comunque la sua avventura di studio che lo porterà alla laurea in medicina conseguita nel 1931.

Una volta ottenuto tale riconoscimento decise di diventare un medico “di tutti”. La zona in cui operò in maniera più continuativa fu quella di San Lorenzo, uno dei quartieri che ha maggiormente messo in atto una strenua ed efficace resistenza al fascismo.

Questa sua presa di posizione non fece che allontanarlo ulteriormente dal regime di Mussolini. Lo scoppio del secondo conflitto mondiale cambiò però la situazione.

In quel periodo la figura del medico era molto ricercata e vi erano pochi camici bianchi. Il fascismo fu costretto, nonostante le varie critiche ricevute, a farlo diventare un capitano medico.

Nel 1942 si consumò però la rottura definitiva. Il 5 dicembre di quell’anno il giovane medico e atleta venne infatti raggiunto da un provvedimento disciplinare nei suoi confronti e gli fu sospeso il titolo professionale.

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Fonte: 
Sport popolare


Autore: 
Roberto Consiglio 



Articolo tratto interamente da 
Sport popolare


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