giovedì 2 dicembre 2021

La valutazione degli insegnanti



Articolo da Roars

Da qualche tempo rimbalza sui principali canali d’informazione la notizia relativa all’atto di indirizzo del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, a proposito dell’opportunità di introdurre meccanismi sistematici per la valutazione del lavoro nelle singole istituzioni scolastiche. I più maliziosi potrebbero essere indotti ad associare la diffusione di tale annuncio alla contestuale trattativa per l’adeguamento contrattuale del personale docente, alludendo a un deterrente ministeriale finalizzato a trattenere verso il basso le concessioni salariali, o a una velata proposta di introdurre differenziazioni stipendiali in base al “merito”. Ma il problema è più complesso.

Quello che si legge nell’atto di indirizzo del Ministro, in realtà, è questo: «Occorre promuovere e potenziare l’attività di valutazione delle scuole, dei dirigenti scolastici e del personale docente, valorizzandone gli esiti, anche a supporto del processo di sviluppo dell’autonomia scolastica. A tal fine, è importante dare avvio ad un processo di revisione e rafforzamento del Sistema nazionale di valutazione, quale strumento di accompagnamento delle istituzioni scolastiche, nell’ottica di un impegno costantemente orientato al miglioramento della qualità della propria offerta formativa. Tale obiettivo verrà raggiunto anche attraverso il potenziamento del contingente del corpo ispettivo». Per completezza d’informazione, occorre precisare che l’Atto di indirizzo non è stato pubblicato adesso, ma è disponibile sul sito web del ministero dal 16 settembre scorso.

Al di là di ogni supposizione, non necessaria quando non supportata da dichiarazioni esplicite, è interessante fare almeno due brevi osservazioni per chiosare l’annuncio, ancora generico, relativo all’intenzione di sottoporre a valutazione il lavoro del personale docente.

In primo luogo suggerirei di associare, a suddette intenzioni, la proposta di bando per l’immissione in ruolo di nuovi insegnanti, sia per il primo che per il secondo grado di istruzione. La selezione in ingresso (udite-udite, oh cultori della meritocrazia!)  sarà determinata da un test a risposta chiusa (“a crocette”, come si sul dire) e un colloquio di ben 30 minuti (sic!). Ecco: questo è il criterio selettivo individuato dall’attuale esecutivo. Si tenga conto, inoltre, che da anni simili prove concorsuali registrano enormi difficoltà nella costituzione delle commissioni d’esame, a causa dell’esiguo compenso previsto per i membri destinati a gestire la selezione. Adesso proviamo ad accostare questo meccanismo di reclutamento alla dichiarata intenzione di migliorare il sistema formativo con un processo di valutazione e valorizzazione del personale docente. Qualcosa stride, evidentemente.

In secondo luogo, occorrerebbe interrogarsi più in profondità sul senso di un processo valutativo rivolto al personale scolastico. Non stiamo parlando di un espediente retorico interno a una dinamica contrattuale, ma ci troviamo di fronte a una proposta molto seria, che richiede – come è giusto in un sistema democratico – quanto meno un esercizio critico nella valutazione della stessa. In altri settori della pubblica amministrazione, e in certa misura anche nell’università, questo processo è già stato avviato. Anche nella scuola, non è affatto una novità, è un’istanza che riaffiora ciclicamente.

Da quanto si legge nei diversi articoli di approfondimento (si fa per dire, ovviamente) apparsi online in questi giorni, le opzioni sul tappeto sarebbero tre: (1) aumentare il numero degli ispettori scolastici, (2) attivare delle procedure standardizzate con il supporto di INVALSI, (3) resuscitare il Comitato di valutazione “rafforzato” (uno degli elementi portanti dell’intera impalcatura della “Buona Scuola”).

Esiste in realtà anche una quarta opzione: la combinazione di due o tre dei succitati elementi. Da un punto di vista ermeneutico, oserei dire che la prima opzione è da escludere. Ha il sapore di scuola repubblicana, nuove assunzioni pubbliche (ci vorrebbe un numero di ispettori almeno venti volte superiore a quello attualmente in servizio), e potrebbero profilarsi come figure che intervengono nei singoli istituti con atteggiamento dialogico, con un approccio per lo più legato a un’indagine qualitativa. Dunque anti-economico secondo gli standard attuali, e poco compatibile con l’ideologia del New Public Management, che da anni spinge per trovare un compimento nella scuola italiana. Probabilmente ci sarà qualche assunzione in più nella funzione ispettiva, ma dubito che sarà questo il perno su cui costituire un sistema organizzato di misurazione del rendimento professionale. La seconda opzione è più pragmatica, tuttavia l’INVALSI gode nel Paese di simpatie contrastanti, e nell’immaginario di chi insegna è spesso associato a un superficiale conformismo valutativo, per cui tenderei ad escludere – per eccessiva impoliticità della scelta – l’opzione di un coinvolgimento diretto dell’ente esterno per la valutazione dei docenti. Più probabile, invece, una combinazione del secondo e del terzo elemento: l’INVALSI predisporrebbe delle griglie, confezionate con l’etichetta “strumento di misurazione oggettiva”, da mettere a disposizione dei Comitati di valutazione.

Consapevoli della propria forza persuasiva all’intero di tali comitati, i Dirigenti Scolastici, mediante alcuni portavoce di una nota associazione sindacale, hanno rivendicato un ruolo cruciale nel processo di valutazione degli insegnanti. Qualunque lettrice o lettore, soprattutto se lavora nella scuola, potrà intuitivamente comprendere cosa accadrebbe se eventuali scatti stipendiali, in futuro, saranno mai derivabili da una valutazione “guidata” dal capo d’Istituto. Al di là della buona fede di tanti ottimi Dirigenti, un simile dispositivo determinerebbe lo sgretolamento definitivo dell’autonomia dei docenti all’interno degli Organi Collegiali, e dunque il tramonto sostanziale della già agonizzante democrazia scolastica, compiendo definitivamente la trasformazione del modello di funzionamento della scuola pubblica in struttura aziendalizzata.

Continua la lettura su Roars

Fonte: Roars


Autore: Carlo Scognamiglio

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.


Articolo tratto interamente da Roars



4 commenti:

  1. Ne ho sentito parlare varie volte, quando ancora insegnavo, poi non se ne è mai fatto niente. Credo che non sia facile trovare dei criteri e non so neanche dire se sia una cosa giusta. Saluti.

    RispondiElimina
  2. Al di là del salario, sono fermamente convinta che i docenti di ogni ordine e grado dovrebbero essere costantemente valutati da un team di esperti, sia nella metodologia d'insegnamento che sotto il profilo psicologico.

    RispondiElimina

I commenti sono in moderazione e sono pubblicati prima possibile. Si prega di non inserire collegamenti attivi, altrimenti saranno eliminati. L'opinione dei lettori è l'anima dei blog e ringrazio tutti per la partecipazione. Vi ricordo, prima di lasciare qualche commento, di leggere attentamente la privacy policy. Ricordatevi che lasciando un commento nel modulo, il vostro username resterà inserito nella pagina web e sarà cliccabile, inoltre potrà portare al vostro profilo a seconda della impostazione che si è scelta.