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L'eccidio di Cibeno fu una strage compiuta dalle SS il 12 luglio 1944 presso il poligono di tiro di Cibeno, una frazione – oggi quartiere – di Carpi, in cui morirono 67 persone già recluse nel Campo di Fossoli.
È stato definito come «l'atto più efferato commesso nell'Italia occupata dalle SS su persone internate in un campo di concentramento».
La versione ufficiale delle SS è che l'esecuzione dei prigionieri fosse una rappresaglia per l'uccisione di sette militari tedeschi a Genova avvenuta il precedente 25 giugno. Tale versione è stata spesso messa in discussione poiché le rappresaglie avvenivano, solitamente, più in prossimità (tanto geografica quanto temporale) rispetto alla causa scatenante[3]. Le ipotesi alternative ritengono l'evento di Genova un pretesto ripreso a posteriori, dopo che i comandi di Verona e Fossoli avevano individuato una lista di prigionieri ritenuti, per diversi motivi, particolarmente pericolosi.
Altri elementi anomali della versione ufficiale sono: il manifesto apparso il 6 luglio, solo a Genova, in cui si annunciava la già avvenuta fucilazione di 70 prigioneri come rappresaglia per l'attentato del 25 giugno e il fatto che la lista inizialmente contenesse 71 nomi e venne ridotta all'ultimo a settanta presumibilmente per meglio simulare il concetto di rappresaglia (scampò all'eccidio Bernardo Carenini).
La pianificazione del massacro proseguì con l'interdizione all'accesso al poligono di tiro per le truppe repubblichine e con lo scavo di una fossa a opera di prigioneri ebrei.
Alle persone destinate alla fucilazione venne detto l'11 luglio che sarebbero state trasferite in una diversa baracca del campo, per permetterne la mattina successiva la tradotta verso i campi di lavoro in Germania. Il trasporto venne organizzato con tre viaggi in camion – diretti al poligono di Carpi, e non alla stazione ferroviaria come era stato comunicato ai prigionieri – che avrebbero dovuto essere di 20 persone il primo e 25 i successivi. Dell'ultimo gruppo riuscì a salvarsi Teresio Olivelli che si nascose nelle baracche dei materiali, dove per settimane ricevette la copertura da altri prigionieri fidati. Egli rimase nascosto fino all'inizio di agosto quando l'intero campo venne svuotato e i prigionieri trasferiti a Bolzano: morì a Hersbruck il 12 gennaio 1945.
Delle 69 persone trasferite al poligono, due del secondo gruppo riuscirono a sfuggire alla morte. Giunti al poligono, mentre venivano allineati sul bordo della fossa, i due assalirono i soldati tedeschi avvicinatisi per sparare loro alla nuca e balzarono in un pertugio del recinto di filo spinato dileguandosi poi, sebben feriti, nei campi. A seguito della rivolta anche i tedeschi riportarono danni testimoniati dalle vistose fasciature con cui gli altri prigionieri li videro tornare al campo per il terzo trasferimento. Per quest'ultimo trasferimento i tedeschi ammanettarono preventivamente i prigionieri.
Il conteggio ufficiale delle vittime fu per lungo tempo incerto. L'episodio di Olivelli rimase a lungo sconosciuto, tanto che Mario Fasoli e Eugenio Jemina, i due fuggitivi, riunitisi alle truppe partigiane e ignari della sorte di Olivelli, alimentarono in buona fede la notizia di essere gli unici due sopravvissuti.
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Non si deve dimenticare!A presto Cavaliere...
RispondiEliminaConcordo.
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