giovedì 4 luglio 2019

L’Italia è disseminata di aree contaminate


Articolo da Internazionale

Cosa vuol dire convivere con l’inquinamento? La prima risposta è sotto gli occhi di tutti: vuol dire fare i conti con le polveri di ferro e carbone che si levano dalle acciaierie di Taranto nei giorni di vento, e che costringono i bambini a non andare a scuola. O con il divieto di mangiare i formaggi prodotti vicino alle fabbriche di Portovesme in Sardegna: contengono varie sostanze velenose. E i cartelli “non calpestare” affissi in alcuni giardinetti di Brescia: il terreno è impregnato di diossine e pcb, altre sostanze tossiche. Gli esempi sono infiniti, l’Italia è disseminata di aree contaminate da sostanze chimiche pericolose: è l’eredità di decenni di attività industriali. Questo inquinamento diffuso lascia un segno profondo sulla salute collettiva.

La seconda risposta va cercata nello studio appena pubblicato dall’Istituto superiore di sanità (Iss), che analizza lo stato di salute della popolazione residente in 45 luoghi contaminati, tra quelli che il ministero dell’ambiente considera “di interesse” per le bonifiche: si tratta di 5,9 milioni di abitanti in 319 comuni. È il quinto rapporto Sentieri, il sistema di controllo epidemiologico nazionale condotto nei territori a rischio.

Per compilarlo, decine di ricercatori hanno raccolto e analizzato i dati delle fonti accreditate su mortalità, ricoveri ospedalieri, incidenza di tumori e anomalie congenite nel periodo tra il 2006 e il 2013. Poi hanno osservato quanto quei dati si discostano dalla media regionale, cioè quanti casi sono “in eccesso”. Hanno cercato in particolare le patologie e i tumori per cui esiste un “rischio specifico”, cioè quelle che la letteratura scientifica ha già collegato con ragionevole certezza alle sostanze tossiche presenti in quei siti.

Il risultato è una mappa delle conseguenze a lungo termine dell’inquinamento sulla salute. È significativa non solo per i dati globali, che pure sono pesanti: in quell’arco di tempo in quei 45 siti le morti in “eccesso” sono state 5.267 tra gli uomini e 6.725 tra le donne; le morti per tumori maligni sono state 3.375 tra gli uomini e 1.910 tra le donne. Ma è soprattutto dall’analisi dettagliata che emerge un quadro inquietante.

Chimica, siderurgia, aree portuali

Il primo dato è che a diverse fonti di rischio corrispondono precise malattie. “Abbiamo a che fare con impianti chimici, siti petrolchimici e raffinerie, aree portuali, impianti siderurgici, amianto: ogni tipologia industriale rimanda a certe sostanze contaminanti e determinate conseguenze sanitarie”, spiega Pietro Comba, direttore del dipartimento di epidemiologia ambientale e sociale dell’Iss e coordinatore del progetto Sentieri.

Risulta, per esempio, che i più frequenti casi “in eccesso” sono i mesoteliomi (correlati all’amianto), i tumori maligni del polmone, le malattie respiratorie e il tumore del colon retto, tutti mali che rimandano all’esposizione ambientale tipica della chimica, la petrolchimica, e di aree con grandi quantità di amianto come le zone portuali.


In alcuni siti l’eccesso di mesoteliomi riguarda sia uomini sia donne, come a Taranto e a Priolo in Sicilia: questo fa pensare a un’esposizione ambientale, e non solo sul luogo di lavoro. Lo stesso vale per il tumore al polmone, a Porto Torres, a Taranto e a Priolo. Nei comuni intorno a Colleferro, nel Lazio, nella valle del Sacco inquinata dalle industrie chimiche, resta alta la concentrazione di una certa sostanza clorurata (il beta-esaclorocicloesano) nel sangue degli abitanti, e le indagini confermano un danno biologico per la popolazione esposta. Le malattie respiratorie sono in eccesso in tutte le aree portuali, e in quelle dove ci sono industrie chimiche, centrali elettriche, petrolchimici, impianti siderurgici – cioè gran parte dei territori studiati. 

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Fonte: Internazionale


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Articolo tratto interamente da Internazionale  



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