lunedì 15 luglio 2019

Ungheria ed Europa: torna lo spettro del fascismo



Articolo da ZNET Italy

Di Luke Cooper
13 luglio 2019

Giusto parallelamente all’edificio del parlamento ungherese, i visitatori di Budapest possono trovare Scarpe sulla Riva del Danubio. Costituito da 60 scarpe di fronte al fiume puntate a ovest, è un memoriale profondamente toccante degli ebrei di Budapest assassinati dal governo fascista della Croce Frecciata tra il 1944 e il 1945. Era stato loro ordinato di togliersi le scarpe prima di essere fucilati. I loro corpi caddero nel fiume.

Gli uccisi in questo modo furono solo una frazione delle vittime ungheresi dell’Olocausto. In 56 giorni, nella sola estate del 1944, le autorità ungheresi collaborarono con il regime nazista per deportare 437.402 ebrei, principalmente nei campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau. Trovandosi così prossimo al parlamento ungherese, il memoriale ricorda la fragilità della democrazia e le terribili atrocità commesse durante la Seconda guerra mondiale.

Forme nuove e vecchie

Naturalmente non c’è nulla di specificamente ungherese in queste esperienze. L’Europa ha una storia intensamente violenta e razzista. Nessun angolo del continente può dichiararsi innocente quando si tratta della storia e dell’eredità del fascismo.

L’orrore assoluto di questo passato può anche renderci a volte ciechi riguardo all’emergere del nazionalismo e del fascismo in forme nuove. Se non ci sono campi di sterminio dovremmo essere felici che l’estrema destra contemporanea si sia adattata alla democrazia e l’abbia accettata assieme ai diritti delle minoranze? Progressisti e democratici in molti paesi europei oggi affrontano esattamente questa domanda. Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Austria, Polonia, Olanda, Svezia e Spagna, per citare solo alcuni dei casi più evidenti, sono tutti paesi che hanno una presenza dell’estrema destra emergente o consolidata sulla loro scena politica.

Forse a causa della storia collegata alla terminologia del fascismo, molti osservatori sono riluttanti a descrivere questi sviluppi in tale linguaggio, preferendo invece chiamarli “populismo di estrema destra”. Il pericolo di questa svolta linguistica è che può contribuire alla normalizzazione di queste nuove forze di estrema destra come parte accettata del panorama politico europeo. Il fascismo del ventesimo secolo, dopotutto, non iniziò il suo percorso verso i campi di sterminio riconoscendoli come suo obiettivo.

Parte della forza di mobilitazione della nuova destra estrema in Europa sta nella “politica della memoria” di come si considera oggi il fascismo del ventesimo secolo. La nuova destra estrema rifiuta ogni concetto di responsabilità nazionale del fascismo. Afferma di non essere in continuità con questi movimenti storici, attingendo contemporaneamente a un’idea di vittimismo della maggioranza bianca che assomiglia ai classici discorsi fascisti: che una élite liberale sta sistematicamente svantaggiando le popolazione native bianche a vantaggio di minoranze etniche e religiose.

Democrazia illiberale

Oggi l’Ungheria è al centro di questi sviluppi. Dal 2010, sotto il primo ministro Viktor Orbàn e il suo governo del Fidesz, il paese è all’avanguardia di quella che chiamano “democrazia illiberale”. Per osservatori internazionali il linguaggio usato da Orbàn e dal suo partito è particolarmente impressionante proprio per il modo in cui rigetta esplicitamente norme liberali. Si oppone alla nozione che la società civile abbia diritti e libertà in rapporto con lo stato motivandolo con il fatto che si tratta di associazioni private, che non sono state elette dalla maggioranza. Usano questa sofisticheria “maggioritaria” per respingere l’idea che gruppi ed etnie di minoranza abbiano diritti umani.

Mentre i partiti di estrema destra sono solitamente ritenuti divenire più moderati nello spingersi in maggior prossimità al potere, Fidesk racconta una storia diversa. Il partito è venuto alla luce dopo la caduta del comunismo come partito giovane, liberale, persino idealista, ma nel tempo è diventato profondamente conservatore. Zsuzsanna Szelényi, un’ungherese dell’opposizione, ha lasciato il partito nel 1994. Lei ricava un parallelo tra la presa autocratica del partito da parte di Orbàn dal 1992 e il suo governo in carica.


“Fin dagli stessi inizi Viktor Orbàn… ha diretto il partito… con mano forte… L’intero processo decisionale, specialmente relativo alle finanze del partito, è diventato molto rapidamente opaco”, dice. Per la Szelényi è stata la brama di potere di Orbàn a motivarlo, piuttosto che una qualsiasi dedizione ideologica a valori nazionalisti.

Concentrazione del potere

Molti ungheresi dell’opposizione condividono questa prospettiva. Sostengono che i pronunciamenti spesso scioccanti del governo Fidesz su immigrazione e Islam sono usati cinicamente per conquistare supporto e delegittimare gli avversari.

Dàniel Bartha, il direttore di uno studio di esperti con sede a Budapest, sostiene che il maggior effetto concreto del regime di Orbàn è stato la “concentrazione del potere su vasta scala”. Fidesz ha creato una nuova élite leale negli affari, nelle istituzioni pubbliche, nelle università e nei media, giustificandolo con il linguaggio del nazionalismo e dello sviluppo economico ungherese.


Un effetto è stato l’abolizione di pari opportunità tra i partiti in competizione alle elezioni. Vasti importi di denaro dei contribuente sono stati spesi per “campagne d’informazione” governative, ad esempio, che hanno preso di mira George Soros e il presidente uscente dalla Commissione UE Jean-Claude Juncker quali figure rappresentanti una cospirazione filo-immigrazione, anticristiana del liberalismo globale contro l’Ungheria. Media indipendenti sono stati aggressivamente emarginati con il governo che ha prodigato entrate pubblicitarie a canali amici, boicottando contemporaneamente quelli critici. I suoi sostenitori economici hanno aderito, affamandoli di fondi. Anche emittenti del settore pubblico sono state trasformate in acritici sostenitori del governo.

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Fonte: ZNET Italy


Autore: 
redpepper.org - traduzione di Giuseppe Volpe


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Articolo tratto interamente da ZNET Italy



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