martedì 8 ottobre 2013

Vajont - La diga del disonore: recensione del film


Vajont - La diga del disonore è un film del 2001 diretto dal regista Renzo Martinelli.

Trama 

La storia inizia nel 1959. La Diga del Vajont, situata nell'omonima valle fra il Friuli e il Veneto, è ormai quasi completata. La SADE (Società Adriatica Di Elettricità) conta di fare del bacino del Vajont il più grande del mondo, costruendo un pezzo dell'Italia di domani. Gli ingegneri ideatori del progetto sono Carlo Semenza, Alberico Biadene e Mario Pancini. Alla diga lavora anche il geometra Olmo Montaner, originario di Erto, uno dei paesi che dominano la vallata; Olmo è convinto che la costruzione della diga, e il lago che ne seguirà, porteranno tanti soldi nella valle, ma nel paese non mancano le voci di protesta, alimentate dalla giornalista de l'Unità Tina Merlin, che da anni scrive contro la SADE, denunciandone i soprusi e le malefatte e definendola uno Stato nello Stato. Quando i lavori sono ormai quasi ultimati, cominciano i problemi. Già nell'aprile 1959, alla vicina Diga di Pontesei, 3 milioni di metri cubi di montagna si staccano dal costone, provocando un'onda di venti metri che travolge e uccide Arcangelo Tiziani, un operaio che faceva da guardiano. Alla SADE viene indetta una riunione straordinaria, in cui si decide di affidare la perizia geologica sulla Valle del Vajont a Edoardo Semenza, figlio dell'ingegner Semenza e discepolo di Giorgio Dal Piaz, considerato il massimo esperto al mondo delle Alpi Dolomitiche.
Nel frattempo, la vita trascorre nella valle del Vajont anche se con qualche difficoltà e timori. Durante la festa del Venerdì Santo a Erto, Olmo conosce e si innamora di Ancilla Teza, una ragazza di Longarone, il paese situato proprio sotto lo sbarramento creato dalla diga.
Poco tempo dopo, anche nella valle cominciano ad apparire dei segnali d'allarme proprio come a Pontesei. Sul monte Toc, proprio sopra la diga artificiale appena costruita, si apre improvvisamente una grossa spaccatura nel terreno. Dal Piaz sostiene che si tratta di materiale franoso di superficie, niente di allarmante insomma, e i dubbi sollevati dall'ingegner Pancini vengono subito messi a tacere da Biadene.
Verso la fine di quell'anno, Edoardo Semenza consegna la sua relazione, ma i suoi allarmismi riguardo alla pericolosità del costruire la diga rimangono inascoltati. Edoardo Semenza rivela l'esistenza, sul Monte Toc, di una grossa paleofrana stimata sui 200 milioni di metri cubi di roccia, che rischia di franare nel lago se i processi d'invaso andranno a bagnarle i piedi. Ancora una volta, però, la sua relazione resta inascoltata e al Ministero viene fatta pervenire una vecchia relazione di Dal Piaz, assai più ottimistica. Quando la diga entra ufficialmente in funzione la zona bassa di Erto viene sommersa dal bacino artificiale. Fra coloro che sono costretti a lasciare le proprie case c'è anche Olmo, che nel frattempo ha consolidato la sua relazione con Ancilla.
Assieme all'acqua, però, arrivano anche nuovi imprevisti. Il 4 novembre dello stesso anno, una grossa frana stimata di 1 milione di metri cubi di roccia si stacca dal Monte Toc e frana nel lago, suscitando paure e timori fra gli abitanti. Edoardo Semenza tenta ancora una volta di convincere suo padre e gli altri ingegneri ad abbandonare il progetto, inutilmente. Viene anche organizzata alla centrale di Nove a Vittorio Veneto una simulazione di frana di 50 milioni di metri cubi, utilizzando un modello in scala 1:200, da cui si evince che con il bacino alla massima portata il lago potrebbe tracimare, con conseguenze catastrofiche anche per Longarone. La quota considerata di sicurezza viene stimata ottimisticamente dal professor Ghetti, responsabile degli esperimenti su modellino, intorno ai 700 metri sul livello del mare.
Intanto, Tina Merlin, sotto processo a Milano, viene assolta da tutti i capi d'accusa, grazie anche alla testimonianza dei contadini del Vajont. Nella primavera del 1961, Olmo e Ancilla si sposano e vanno a vivere a Longarone. Poco tempo dopo Carlo Semenza muore di morte naturale. La guida delle operazioni viene assunta da Alberico Biadene, che non esita a mandare al diavolo le perizie geologiche e a portare il bacino artificiale a quota 715 metri per poter effettuare il collaudo e vendere la diga allo Stato.
Il 2 settembre 1963, un terremoto di inaudita violenza scuote l'intera valle, mentre i paletti di sorveglianza installati sul Toc rivelano che la frana si muove sempre più velocemente. In preda al panico, Biadene ordina di togliere quanta più acqua possibile per arrivare a quota 700, ma così facendo provoca solamente l'acceleramento della velocità di caduta. Si decide quindi di evacuare quante più persone possibile dalla zona, ma le operazioni sono rese difficili dalle frane che hanno distrutto la strada di collegamento fra i due versanti della valle.
Il 9 ottobre 1963, mentre Olmo attende con impazienza e preoccupazione la fine del turno di lavoro, viene fermato alla diga da Biadene che lo incarica di rimanere per tutta la notte a monitorare la situazione sul Toc col collega Bortolo Filippin. Olmo è così costretto a rimandare al giorno dopo la progettata intenzione, con sua moglie, nel frattempo in attesa di un figlio, di trasferirsi temporaneamente in via cautelativa dalla zia di Ancilla a Belluno.
Quella sera, a Longarone, molte persone del paese si radunano nei bar e in altri luoghi di ritrovo per assistere alla partita di Coppa campioni fra Real Madrid e Rangers Glasgow. Nello stesso momento Filippin nota che il Toc si muove distintamente e Olmo telefona a Biadene per manifestare il proprio allarmismo, ma dato che ormai la quota lago è di 700 metri, l'ingegnere crede che il peggio sia passato e lo rassicura.
Alle ore 22:39, però, la natura si scatena. 260 milioni di metri cubi di roccia si staccano dal Monte Toc e precipitano nel lago, sollevando una massa d'acqua di 200 metri di altezza e di 50 milioni di metri cubi; 25 milioni di metri cubi d'acqua si abbattono sui paesi di Erto, Casso, sulle frazioni di San Martino, Pineda, Spesse, Patata, il Cristo, Frasein: 160 morti. L'altra metà scavalca la diga (sfasciando il coronamento) e precipitano verso la piana del Piave. Vengono spazzate via dalla faccia della terra: Longarone, le frazioni di Pirago, Villanova, Faè, il paese di Castellavazzo con la frazione di Codissago e la borgata di Vajont: 2.000 morti. Il giorno seguente Olmo Montaner, distrutto dal dolore e ricoperto di fango, si aggira sulla piana desolata, dove prima sorgeva Longarone, alla vana ricerca della moglie. L'unica cosa che trova, inaspettatamente, è quello che resta della sedia a dondolo regalata ad Ancilla da Pancini il giorno delle nozze. Nella scena finale Olmo anziano torna regolarmente sulla tomba di Ancilla e Libero, suo figlio mai nato: sa che sotto non c'è niente, ma parla lo stesso con loro, con la vita che gli è stata sottratta, nel rimpianto di un dolore senza fine. Nonostante fosse convinto che la diga del Vajont portasse soldi nella valle, non potrà mai perdonare gli uomini che hanno consentito il disastro.

Curiosità sul film

La maggior parte delle comparse presenti nel film sono abitanti delle zone colpite dal disastro, ovvero: Longarone, Vajont e Erto e Casso.

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1 commento:

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