sabato 5 ottobre 2013
Lettera aperta da Terzigno
Articolo da Reset Italia
Non solo è il cuore a piangere, ma di lacrime non ne ho quasi più. Non ce la faccio più nemmeno ad urlare. Non è da oggi, tutti sapevano, e lo Stato, soprattutto lo Stato, a tutti i livelli, ha contribuito largamente.
Oggi non mi va. Sembra che tutti si sveglino improvvisamente (ma poi chi? La maggior parte dei media complici continua a tacere abbastanza, almeno delle cose di cui è meglio che non si parli). Non mi va che si usi genericamente la parola “camorra” come se fosse un’entità criminale astratta utilizzata per scaricare responsabilità. Dove erano ieri? Dove erano nel 2007? E nel 2010? E ancora prima? Qui “camorra” non solo è gli affari dei clan locali. Sono gli amministratori locali conniventi e i potenti collusi, sono gli imprenditori criminali con la loro logica spietata del profitto, è il silenzio omertoso di chi ha da sempre scelto di tacere.
Qui ci hanno tolto la nostra terra, la salute, la vita, e anche i diritti civili primari.
Qui a Terzigno hanno caricato, preso a manganellate, lanciato gas lacrimogeni su donne, anziani e bambini inermi, quando si provava, in una terra già stuprata e che aveva pagato troppo in termini umani e ambientali, a dire NO all’ennesimo scempio “legalizzato”, ad alzare la voce mentre ci spacciavano per “fabbriche di confetti” maxi discariche in pieno parco nazionale del Vesuvio (la Sari e la Vitiello, per fortuna quest’ultima non realizzata, almeno ad oggi) che zampillavano percolato. Ci hanno fatto passare alle cronache per i facinorosi manovrati dalla “camorra” di cui invece si denunciava il sistema e gli sversamenti illeciti. Hanno finto di stanziare soldi per bonifiche che non sono mai arrivate mentre si manteneva uno stato perenne d’emergenza studiato ad arte per aprire a go-go discariche ed inceneritori di morte per arricchire i soliti noti.
Qui a Terzigno, intorno alla discarica Sari, accanto ai pregiati vitigni di Lacryma Christi, si proprio quelli lì, quelli d.o.c., la frutta cresce malformata, e come tra la frutta le malattie gravi dilagano tra la popolazione. La falda acquifera è assolutamente compromessa (c’è un rapporto di tredici pagine redatto dall’Arpac Campania che lo dice chiaro e tondo). Ma non è tutto. C’è Cava Ranieri, ancor più vicina al centro abitato, anzi diciamo nel centro, sarà forse circa un chilometro da casa mia; si tratta di un ex sito di stoccaggio di rifiuti ed ecoballe che avrebbe dovuto essere provvisorio, ma che come tutte le cose provvisorie qui, il tempo, il degrado e la non curanza hanno trasformato in un definitivo laghetto di percolato puzzolente, dove per di più sono state affossate nella monnezza alcune domus romane di inestimabile valore archeologico, rinvenute in loco nel ‘92. Ebbene, nelle strade limitrofe a questo suggestivo laghetto si muore in una casa si e in una casa anche: intere famiglie sterminate dallo stesso cancro, morti premature e malattie rare, leucemie fulminanti. Casi di meloblastoma, sarcoma, tumore alla pelle ed al colon. Tre volontarie, mie concittadine, hanno creato un aggiornatissimo registro delle vittime, con l’obiettivo di stimolare un’indagine epidemiologica e di avere un aggiornato registro dei tumori che ad oggi manca e che nessuno vuole avere, non sia mai che si accertasse che non è lo stile di vita a far venire il cancro! Ma non basta, perchè di discariche abusive ce ne sono tante, te le ritrovi qui e lì, a cielo aperto, nelle strade di periferia o addirittura nella pineta del parco nazionale: rifiuti tessili industriali, rifiuti ospedalieri, farmaci, eternit, amianto, pneumatici e quant’altro, lì ammassati pronti ad essere bruciati da “non si sa chi”. Ad ogni ora del giorno e della notte è un rogo tossico il cui odore acre penetra bronchi e polmoni. Si, perché la dose giornaliera di diossina non può mancare! Mica è roba per tutti?!
Inutili le denunce, le segnalazioni con foto e video incriminanti da parte dei cittadini più attivi. Nessuna risposta dalle istituzioni (ancora una volta a tutti i livelli), o se arriva, troppo flebile.
Mi sento una condannata a morte, anzi sono una condannata a morte, ad una morte lenta come diceva qualcuno. Non solo faccio parte di quella generazione condannata ad una vita di precariato e con scarse prospettive per il futuro, ma ho avuto la sfortuna di nascere in un luogo dove anche la salute è precaria, dove il cancro è sempre in agguato, e se non colpirà te o un tuo caro, hai paura che un giorno possa colpire un tuo eventuale figlio, in fondo qui ci hai vissuto 30 anni e quei veleni te li porti dentro.
Eppure dietro questo velo di orrori e squallore una volta c’era una terra fertile dalla bellezza disarmante. Solo per dirne qualcuna: quella che fu la Campania Felix in cui i ricchi romani sceglievano di far sorgere le loro ville, quella che Leopardi, alla ricerca di un luogo e di un’aria salubre che potesse mitigare la sofferenza dalla propria malattia, scelse per soggiornare nel suo ultimo periodo di vita e a cui dedicò quel meraviglioso canto che è “La Ginestra”…Ed è sufficiente alzare gli occhi verso il Vesuvio in una giornata dal cielo terso per rendersene conto; ti lascia senza fiato, nonostante tutto.
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Fonte: Reset Italia
Autore: Amelia Festa
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Articolo tratto interamente da Reset Italia
Video credit Oplontiamo Torre Annunziata caricato su YouTube - licenza: Creative Commons
1 commento:
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E' sconcertante quello che ogni giorno siamo costretti a vedere, leggere e subire...per interesse non si ha più rispetto di niente e chi ne prende la colpa direttamente o indirettamente..chi paga lo scempio è sempre il cittadino e il nostro bel paesaggio!!
RispondiEliminaBuon pomeriggio, Stefania