Articolo da Salvatore Tamburro
Prendo spunto per questo post
guardando l'ultima intervista che fu fatta a Erich Fromm (1900-1980),
psicoanalista e sociologo tedesco, dieci giorni prima della sua
scomparsa.
E' vero, l'essere umano teme la libertà, ha bisogno di un leader in cui credere e sul quale riversare tutte le proprie aspettative. Poi quando le cose andranno male sarà colpa del leader, lo si boccia (se e quando è possibile farlo) e si è pronti a sostenere un altro, con la speranza che sia possibilmente meno peggio del precedente.
"Perchè l'uomo ha paura della libertà?"
"L'uomo
crede di volere la libertà, in realtà ne ha una grande paura, perchè la
libertà lo obbliga a prendere decisioni, e le decisioni comportano
rischi".
E' vero, l'essere umano teme la libertà, ha bisogno di un leader in cui credere e sul quale riversare tutte le proprie aspettative. Poi quando le cose andranno male sarà colpa del leader, lo si boccia (se e quando è possibile farlo) e si è pronti a sostenere un altro, con la speranza che sia possibilmente meno peggio del precedente.
Tutti
i giorni vengo a contatto con persone che mi dicono di essere
esasperate dalla crisi, che dobbiamo mandare questo governo a casa, che
non ce la fanno ad arrivare a fine mese, che ci vorrebbe "la rivoluzione
in piazza".
Eppure,
nonostante questi buoni propositi, salvo rare eccezioni, di tutte queste
persone non ne ho visto mai nessuna in piazza pronta a manifestare la
propria indignazione. La maggior parte degli individui restano incollati
ai salotti di casa propria, incapaci di staccarsi dal televisore che in
quel momento trasmette la partita di calcio, il film o il programma
preferito.
Però sono tutti pronti
a partecipare alla sagra della porchetta o del tartufo, disposti anche a
percorrere chilometri in viaggio, li vedi festosi elemosinare briciole
di felicità effimera; ma poi se si tratta di partecipare ad eventi seri,
in cui ci sia la possibilità di porre le basi per un dissenso
collettivo e costruttivo, disertano tutti.
Sarà
che l'uomo è sempre stato capace di conformarsi a qualsiasi tipo di
potere, perfino alla dittatura più estrema, chinando il capo in cambio
di miseri contentini: cibo, giochi, e il consumismo in generale.
Mai
come in questo periodo abbiamo raggiunto un livello di schiavitù
mentale di così vaste proporzioni, un controllo di massa attuato in
maniera così effimera e allo stesso tempo arguta, da impedire
all'individuo di essere libero di pensare.
La
società vuole che l'individuo si uniformi agli altri, abbia gli stessi
gusti e le stesse aspirazioni degli altri e solo in questo modo diventa
facile ingabbiarlo nel vortice del schiavitù: lavora, guadagna,
consuma.
E' inevitabile che
perseguendo questo stile di vita imposto dall'alto, si arrivi a fine
giornata senza il tempo e le risorse necessarie per "pensare".
L'obiettivo dell'oligarchia al potere è proprio questo: privarci del
tempo per pensare.
Con i
traguardi raggiunti dalla scienza e dalla tecnologia potremmo decidere
di lavorare giusto 3 ore al giorno, dedicando il resto delle ore
giornaliere alle nostre passioni, affetti o interessi, eppure invece
impieghiamo in casi estremi quasi i 2/3 della giornata tra lavoro,
traffico, parcheggio ed incombenze varie, finchè non ci resta 1/3 del
tempo per dormire. E il tempo per noi stessi dov'è? Non esiste.
Mi
domando spesso se questa forma di schiavitù sia dovuta alla bravura dei
governanti di lobotizzarci attraverso distrazioni di massa al punto
tale da impedirci qualsiasi atto di ribellione,o dall'incapacità di
molti individui che, per mancanza dei mezzi necessari, non comprendono
il reale funzionamento del sistema socio-economico di cui ne fanno
parte, o se si tratta della "paura della libertà" come la definiva Erich
Fromm, oppure ancora se sia semplicemente indifferenza ed alienazione a
tutto ciò che ci accade intorno. Probabilmente la risposta conduce ad
una miscela di tutte queste cose, come un veleno che scorre nelle vene
della maggior parte delle persone che le persuade ad accontentarsi di
ciò che hanno, pensando che magari potrebbe andar ancora peggio di così e
che tutto sommato non stanno poi così male. Questo veleno ha solo un
antidoto: la forza di volontà di ogni singola persona che la conduce
verso la conoscenza di sè e del sistema in cui è immersa, con il
conseguente desiderio di aspirare ad uno status di vita migliore
dell'attuale. Solo chi è capace di mettersi in gioco continuamente e di
rischiare di perdere tutto è allora in grado di percorrere la strada
verso una autentica libertà; a tutti gli altri non resta che chinare la
testa e uniformarsi alle regole del sistema, possibilmente senza
lamentarsi troppo.
Autore: Salvatore Tamburro
Licenza:
Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.
Articolo tratto interamente da Salvatore Tamburro
Bello e interessante!
RispondiEliminaBuona notte
Quoto in toto!!
RispondiEliminaHo sempre pensato che ognuno cerca un proprio orticello da coltivare (molti non metaforicamente) ed ognuno vi si rifugia credendo che quella sia la sua libertà. Alcune religioni giudicano ciò apprezzabile e caratteristico di una ammirabile semplicità d'animo. Altri giudicano ciò come un esasperato individualismo. Ma qual'è la verità? La libertà individuale cozza con quella generale? E si può essere davvero liberi, se si è indifferenti ai problemi della collettività?
RispondiEliminaNon ho mai creduto a centri di potere che determinano i comportamenti, credo invece che siamo tutti corresponsabili del tipo di società in cui viviamo, da Monti a Napolitano, per fare l'esempio italiano, ai frequentatori di sagre della porchetta, cui tu ti riferivi.
grazie per questa bella riflessione, Cavaliere
a presto