Articolo da DinamoPress
Sono state invase di nuovo le piazze da Messina a Roma per esprimere rabbia e dolore per i femminicidi di due giovani donne: Sara Campanella e Ilaria Sula. L’Osservatorio di Non una di meno ha monitorato 16 femminicidi, 3 suicidi indotti, di cui due di persone trans. La politica repressiva del governo in alcun modo è in grado di far fronte alla violenza patriarcale
Questa settimana è iniziata con il femminicidio di Sara Campanella, una giovane donna accoltellata in pieno giorno a Messina. Due giorni dopo è stato ritrovato il corpo di Ilaria Sula costretto dentro una valigia e buttata da un dirupo. Due giovani studenti universitarie uccise da loro coetanei. Due giovani donne uccise da giovani uomini.
Il dolore e la rabbia sono esplose prima nei corridoi universitari di Messina, e si è espansa tra le strade della città universitaria di Roma La Sapienza e San Lorenzo. Dopo il ritrovamento del corpo di Ilaria, l’università La Sapienza ha convocato una commemorazione istituzionale dove ha parlato la Rettrice e altre figure istituzionali dell’università, per omaggiare la studente con un momento di silenzio. Alle 21.00 Non una di Meno e diversi collettivi studenteschi hanno convocato un corteo separato per le strade di San Lorenzo “per fare rumore”. In migliaia hanno invaso le strade del quartiere fino a piazzale Aldo Moro dove il giorno seguente si è convocato un altro momento di ricordo e lotta.
Tante ragazze e giovani donne hanno urlato la propria rabbia e dolore. «Ilaria forse l’abbiamo vista per i corridoi o nelle classi: sarei potuta essere io!» Ha risuonato negli interventi al megafono. «Non ci sentiamo sicure, oggi siamo vive ma ognuna di noi porta una storia di violenza addosso, la matrice è sempre la stessa si chiama patriarcato. Non raptus, non situazioni, un uomo si è sentito più potente di noi: è una questione di potere».
Educazione sessuo-affettiva incentrata sul consenso, centri antiviolenza femministi e transfemministi, consultori aperti e finanziati senza gruppi antiscelta: le richieste chiare che vengono dalla piazza. Viene attaccata ripetutamente la cronaca dei giornali «dove le donne vengono uccise due volte» con narrazioni colpevolizzanti, e una vera e propria pornografia del dolore che pubblica vecchie foto e ricerca particolari intimi della relazione tra il femminicida e la vittima.
Il presidio diventa un corteo che entra nella città universitaria, scavalca le transenne dei lavori e invade tutta l’area del rettorato, si fanno delle scritte, tra cui una sotto la statua della Minerva «Ci vogliamo vivə». L’università La Sapienza ha pubblicato due post sui suoi profili social per commentare l’accaduto in cui La Rettrice si chiede «Perché la Minerva e tutta la Sapienza devono subire ulteriori violenze?». E se una scritta su un muro – per quanto appena ritinteggiato – diventa violenza, si confondono le parole e si rischia una grande confusione, e questo è molto rischioso soprattutto di fronte a una violenza efferata come il femminicidio.
Le mobilitazioni si sono moltiplicate in tutte le città d’Italia: Palermo, Napoli, Firenze, Pisa, Torino, Milano… e molte altre città, dove in tantissimə si ritrovano in piazza, ancora una volta, dopo il femminicidio di Giulia Cechettin, a piangere per due ragazze uccise poco più che ventenni. Ma come scrive Non una di meno Roma: «i loro femminicidi orrendi e crudeli sono arrivati – per fortuna – su tutti i media. Ma sono tanti i femminicidi, transcidi e suicidi indotti dalla violenza patriarcale che non hanno questa risonanza, ma che continuano ad accadere».
I casi monitorati dall’Osservatorio di Non una di meno nel 2025 sono 23: 16 femminicidi, 3 suicidi indotti (di cui due di persone trans), 4 casi in corso di accertamento. Eppure sui giornali c’è una grande confusione sui numeri dei femminicidi perché come spiega Siviero sui Il Post: «In Italia non esiste una banca dati istituzionale, pubblica e completa sui femminicidi. I dati considerati ufficiali sono contenuti nei report dell’Istat e in quelli del ministero dell’Interno: sono aggiornati con tempistiche diverse e non seguono gli stessi criteri». Ed è notizia di questi giorni che i dati del Ministero verrano pubblicati ogni tre mesi. Questa confusione sui dati sui femminicidi che si raccolgono seguendo metodologie e definizioni diverse alimenta la disinformazione sul web, dove basta cercare “quanti sono i numeri reali dei femminicidi in Italia” per imbattersi in pagine che negano la violenza sulle donne, attaccano il movimento femminista e transfemminista, Non una di meno e il suo Osservatorio.
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Fonte: DinamoPress

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