Articolo da Valori
Dal punk al folk, una selezione di canzoni per il 25 aprile che raccontano la Liberazione oltre Bella ciao. Con testi, contesto e memoria
Ogni 25 aprile, oltre a un’attenta pianificazione per seguire celebrazioni sempre più frammentate, richiede una notevole pazienza. Perché ogni anno, puntuali, arrivano le polemiche: sui giornali, sui social (#iononfesteggio), a volte anche istituzionali. Quest’anno col guizzo della richiesta di “sobrietà”, ma da sempre la ricorrenza del 25 aprile, la Festa della Liberazione, è «divisiva». Sarebbe innanzitutto utile, dunque, capire perché.
Il 25 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclamò l’insurrezione generale «contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine». La scelta, per i tedeschi che ancora occupavano il Nord Italia, era semplice: «Arrendersi o perire». Il 25 aprile, infatti, la guerra era ancora in corso: gli Alleati avevano finalmente sfondato la Linea Gotica solo il 21, liberando Bologna e attraversando finalmente il Po; Genova era insorta il 23, Milano e Torino appunto il 25; Venezia viene liberata solo il 30. I tedeschi sono in ritirata, non in rotta, e si dirigono verso la Germania in assetto di combattimento. La guerra in Italia si chiuderà solo il 2 maggio, con la resa incondizionata delle forze di occupazione.
La Festa della Liberazione, tuttavia, è il 25 aprile. Non il 2 maggio, giorno dell’armistizio (come era stato, nella guerra precedente, il 4 novembre). La ricorrenza è celebrata fin dal primo anniversario, indetta da un decreto luogotenenziale di Umberto di Savoia (non ancora “re di maggio”) che cancellava le ricorrenze fasciste e le sostituiva con quelle di una ritrovata libertà: accanto al 25 aprile, anche l’anniversario della vittoria Alleata in Europa (8 maggio). Nel calendario definitivo di un’Italia finalmente repubblicana, però, rimane il 25 aprile. Perché?
Una risposta possibile si trova nel corsivo che Pietro Nenni pubblica sull’Avanti! il 25 aprile 1946:
«Se l’Italia ha ripreso coscienza di sé, se il popolo non è accasciato sotto il peso del passato, se in Europa e nel mondo aumenta ogni giorno il numero di coloro che avvertono l’importanza del fattore italiano nella ripresa democratica europea, se non siamo una mera espressione geografica è all’insurrezione di aprile che lo dobbiamo. Essa ha dato all’Italia il senso di un avvenimento che la Nazione non ha passivamente subito ma al quale ha coscientemente e valorosamente collaborato».
L’Italia del 25 aprile non è l’Italia attendista (che pure fu maggioritaria), ma quella insorta; l’Italia che si liberava, e non che veniva liberata. Questo, naturalmente, senza sminuire l’impegno dei membri del Corpo Italiano di Liberazione – il cosiddetto “esercito del Sud” – né tantomeno il decisivo contributo degli Alleati, senza i quali, probabilmente, di Liberazione non si sarebbe parlato; ma l’Italia, appunto, insorse, a differenza di quanto fecero Giappone e Germania.
L’Italia del 25 aprile, in breve, era un’Italia nuova, diversa da quella che era stata per oltre vent’anni. Che vinse – vale la pena ripeterlo – a beneficio di tutti, perfino di quelli che quel giorno ancora combattevano contro. Ed è la sua grandezza, oggi, che celebriamo. Tutt’altro che sobriamente, mi viene da dire.
Per farlo al meglio, da diversi anni propongo a chiunque mi capiti a tiro in questi giorni una playlist ragionata. Una top 10, più qualche fuori classifica.
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Fonte: Valori
Autore: Matteo Marchetti
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Articolo tratto interamente da Valori
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