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mercoledì 16 aprile 2025

Gli impatti ambientali degli allevamenti avicoli nelle Marche

Campagna di Monte Roberto

Articolo da ECOR.Network

Sono passati quarant’anni dallo spot televisivo di uno dei pionieri marchigiani dell’allevamento avicolo, Bruno Garbini, in cui i polli ruspanti, i cosiddetti ‘marchigianelli’, scorrazzavano nell’aia del casolare di campagna (ma anche allora in realtà i polli stavano nei capannoni…). All’inizio del secolo, Garbini ha ceduto l’attività al gruppo Arena, il cui stabilimento di Castelplanio (AN) con 500 dipendenti è stato poi acquisito nel 2011 da Fileni. In questi decenni, specie nella provincia di Ancona, il famoso distretto manifatturiero ‘del bianco’ (termosanitari ed elettrodomestici), travolto dalla crisi mondiale del 2008 e da passaggi generazionali non all’altezza dei ‘padri’, è stato progressivamente sostituito dal distretto degli allevamenti intensivi. Dal jingle degli allevamenti Garbini, che divenne un vero e proprio tormentone, “polli freschi sani e genuini polli Garbini”, ora nel territorio regionale gli stabilimenti del gruppo Fileni, che insistono tra le province di Ancona, Pesaro Urbino e Macerata, riportati nello studio ISDE presentato a Jesi (AN) il 26 marzo scorso, sono 14, di cui 11 in provincia di Ancona. Se poi i Comuni di Maiolo 1, San Leo, Talamello e Novafeltria, in Valmarecchia, nel 2009 non avessero fatto la secessione dalle Marche a seguito del referendum locale del 2006, passando dalla provincia di Pesaro-Urbino a quella di Rimini in Emilia-Romagna, sarebbe quasi pronto un altro mega allevamento intensivo del gruppo Fileni. Da qualche anno, entrambi i patron dei polli della Vallesina, Bruno Garbini e Giovanni Fileni, insieme ad un altro importante imprenditore marchigiano,Enrico Loccioni, hanno dato vita al progetto ARCA, “che vuole rivoluzionare il modo attuale di fare agricoltura, per certi versi distruttivo, promuovendo un modello rigenerativo, che apporti sostanza organica e ripristini la biodiversità del suolo per ottenere un cibo più sano”. Tra i diversi progetti finanziati da ARCA, c’è quello del “pollo biorigenerativo delle Marche. Il greenwashing, in situazioni industriali come queste, caratterizza la comunicazione digitale. 

Il gruppo Fileni, oggetto in questi anni di inchieste di Report, condanne per emissioni odorigene, multe commisurate dall’Antitrust, indagini per abusivismo edilizio, è dal 2023 Official Partner e fornitore delle nazionali italiane di calcio, oltre che attivo nel territorio in attività filantropiche come il restauro del teatro di Monteroberto (nel cui territorio sorge uno degli impianti), nel welfare aziendale, in progetti assieme a Legambiente di cui è partner, alla collaborazione da anni con le università marchigiane. Il gruppo industriale si distinse anche nel marzo 2020, quando per incentivare i dipendenti a recarsi comunque al lavoro durante il primo mese di lockdown totale pandemico, offrì ‘buoni spesa’ da consumare nei negozi di generi alimentari (che avevano orari e accessi fortemente regimentati). Nel dicembre scorso Fileni è stato premiato dal Codacons come “amico del consumatore 2024’; la stessa associazione, nel gennaio 2024 aveva stigmatizzato Fileni per le multe ricevute dall’Antitrust, che “accogliendo un esposto presentato dal Codacons, ha elevato una sanzione da 100mila euro per pratica commerciale scorretta nei confronti della società Fileni Alimentare". Quella di Jesi, a fine marzo, è stata una conferenza stampa anomala, organizzata dal Comitato per la Vallesina, (che da anni si batte contro gli impatti sanitari e ambientali degli allevamenti), e dall’ISDE, considerato che vi ha preso parte solo una piccola testata online locale; disertata anche da qualsiasi esponente politico e rappresentante delle istituzioni, che eppure erano stati invitati dai promotori. Eppure l’ISDE (Associazione Italiana Medici per l’Ambiente) è affiliata all’International Society of Doctors for the Environment, analoga associazione internazionale, unica al mondo nel suo genere e riconosciuta dalle Nazioni Unite e dall’OMS. Ma è questa ‘l’aria che tira’ in Vallesina, quando si affronta il tema della proliferazione nel territorio della provincia di Ancona degli allevamenti intensivi; le cui gravi ricadute per la salute e l’ambiente di quest’ultimi, non mobilitano la città e il territorio quanto altre questioni ambientali. Scarsa sensibilità della popolazione, che sottovaluta i problemi che creano i 1641 animali d’allevamento presenti per ogni km quadro della provincia di Ancona, o conseguenza dell’azione di lobbyng industriale che scoraggia società civile e politica? 

E’ stata Giulia Innocenzi, giornalista di Report (autrice dei servizi sugli impianti della Vallesina), e co-autrice del film “Food for profit”, ad aprire l’incontro pubblico con la stampa, intervenendo online. “La Vallesina si è oramai guadagnata il poco lusinghiero soprannome di ‘valle dei polli’- ha detto la giornalista - ma in generale tutte le Marche stanno incrementando la presenza degli allevamenti intensivi. Io mi auguro che questa splendida regione non diventi una seconda Pianura Padana ma che anzi torni a puntare sulle tradizioni e sulla genuinità delle sue produzioni alimentari; sono convinta che grazie a queste scelte strategiche si possa aumentare il benessere della popolazione sia sotto l’aspetto sanitario che economico, visto che ad esempio il flusso turistico viene completamente annullato dalla presenza dei grandi allevamenti intensivi”. Nell’ambito delle proprie competenze e mission, lo studio ISDE valuta dal punto di vista zootecnico la specificità della provincia di Ancona, in relazione agli aspetti critici che generano gli insediamenti zootecnici a livello generale per l’equilibrio sanitario e ambientale.

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Fonte: 
ECOR.Network

Autore: 
Nelson


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Articolo tratto interamente da 
ECOR.Network

Photo credit JollyPR, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons


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